Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33180 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. I, 16/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23136/2018 proposto da:

O.E.D., rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO

MARIA DE GIORGI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO e COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO

PROTEZIONE INTERNAZIONALE LECCE, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento del 6.6.2018, notificato il 7.6.2018, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Lecce respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria od umanitaria. Con il decreto oggi impugnato il Tribunale di Lecce respingeva il ricorso interposto dall’ O., ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, avverso il predetto provvedimento di rigetto.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto l’ O. affidandosi a sei motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,7 e 19, della L. n. 722 del 1954, art. 1, art. 3 Cost. e del D.L. n. 13 del 2017, art. 6 e la nullità del provvedimento impugnato perchè il Tribunale avrebbe omesso di applicare alla fattispecie il principio dell’onere probatorio attenuato valido in materia di riconoscimento della protezione internazionale.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 4, in quanto il giudice di merito non avrebbe considerato che la Nigeria, ed in particolare il Delta State, dal quale il richiedente proviene, è caratterizzata da una crescente instabilità legata ai conflitti locali per il controllo dei giacimenti petroliferi, da un susseguirsi di gravi fatti di sangue, dalla diffusione di riti wodoo, da crescenti tensioni tra gli appartenenti alle diverse confessioni religiose e dall’estrema corruzione delle forze dell’ordine.

Con il terzo e quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 19, perchè il Tribunale di Lecce ha omesso di considerare, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato invocato dal richiedente, che costui aveva riferito di essere soggetto al rischio di persecuzione per motivi religiosi e di aver subito violenze psicologiche e fisiche tali da mettere a repentaglio la sua stessa vita.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, perchè il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che, in considerazione della peculiare condizione del Paese di origine del richiedente, quest’ultimo sarebbe stato esposto, in caso di rimpatrio, a pericolo per la sua stessa vita, a cagione da un lato del suo orientamento religioso, e dall’altro del fatto che, avendo denunciato l’uccisione del padre da parte della setta degli (OMISSIS), avrebbe manifestato la sua ribellione al potere locale.

Con il sesto motivo, infine, il ricorrente lamenta la contrarietà del D.L. n. 13 del 2017, art. 6, con l’art. 3 Cost., perchè detta norma, prevedendo espressamente la non appellabilità della decisione del giudice di prime cure in materia di riconoscimento della protezione internazionale, avrebbe irragionevolmente compresso il diritto del richiedente al doppio grado di giurisdizione.

Per ragioni logiche va preliminarmente esaminata tale ultima censura, che tuttavia appare manifestamente infondata in quanto la previsione del doppio grado di giurisdizione non è assistita, al di fuori dell’ambito della giustizia amministrativa, da garanzia derivante da norme di rango costituzionale. Peraltro la questione posta dal ricorrente potrebbe al massimo avere una sua rilevanza sotto il profilo della violazione dell’art. 24 Cost., se ed in quanto si assumesse che l’articolazione del giudizio di merito in unico grado fosse idonea a limitare la piena esplicazione del diritto alla difesa in giudizio, ma di certo non rispetto al paradigma dell’eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.. Nessuna disparità irragionevole di trattamento è infatti configurabile, in termini generali, tra la condizione dello straniero richiedente la protezione internazionale e quella di altro soggetto che si appresti al sistema giudiziario per invocare la tutela dei propri diritti, e ciò per almeno tre diverse ragioni: da un lato, in quanto l’ordinamento prevede diverse forme di tutela, in alcuni casi espressamente limitando il ricorso alla giustizia ad un solo grado, onde la previsione della non appellabilità dei provvedimenti decisori emessi in materia di protezione internazionale non è di per sè sola indice di trattamento discriminatorio dello straniero; dall’altro lato, in quanto in ogni caso l’art. 111 Cost., assicura la possibilità di impugnare per violazione di legge innanzi a questa Corte qualsiasi provvedimento a contenuto decisorio, in tal modo garantendo idonea tutela al diritto alla corretta applicazione della norma di legge; ed infine, in quanto per potersi configurare un profilo di irragionevole disparità di trattamento occorre dimostrare l’identità, o quantomeno l’analogia, tra le condizioni di base dei soggetti coinvolti, ed a tal proposito il ricorrente non ha neppure indicato rispetto a quale specifica categoria di soggetti diversi dallo straniero richiedente la protezione internazionale sussisterebbe la dedotta disparità di trattamento, non potendosi a tal fine ritenere sufficiente un apodittico confronto tra cittadini e stranieri, sia in vista della oggettiva diversità, sotto molteplici profili, delle condizioni di partenza delle due categorie soggettive, sia in vista della genericità, e quindi in ultima analisi dell’irrilevanza, delle stesse categorie di cui sopra, non potendosi neppure configurare, nell’ordinamento vigente ed in ragione della tutela costituzionale delle libertà fondamentali dell’individuo, una loro differenziazione in termini di logica giuridica.

Da quanto precede deriva la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità posta dal ricorrente.

I primi cinque motivi di ricorso, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono inammissibili.

Con essi, invero, il ricorrente sollecita, in sostanza, un riesame del merito della propria vicenda, in contrasto con il principio affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24148 del 25/10/2013 (Rv. 627790), secondo cui il motivo di ricorso non può mai risolversi “in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento…”del giudice di merito “… tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione”. A ciò va aggiunto che il ricorrente non allega, in nessuna delle censure suindicate, alcun fatto specifico che il giudice di merito non avrebbe considerato, ma si limita ad un generico richiamo al proprio narrato, senza circostanziare gli episodi riferiti, nè indicare in modo preciso e specifico quali sarebbero state le sue dichiarazioni oggetto di travisamento o di mancata considerazione da parte del Tribunale. A tal fine, non è sufficiente il rinvio ai termini essenziali della storia (ovverosia alla fede cristiana e alla denuncia dell’omicidio del padre, asseritamente dovuto alla setta degli (OMISSIS)), in quanto non essendo previsto l’accesso diretto di questa Corte al materiale istruttorio acquisito nei precedenti gradi di giudizio, il ricorrente è onerato di riproporre, nel corpo stesso del ricorso, il contenuto dei documenti o delle dichiarazioni delle quali deduce l’omessa considerazione da parte del giudice di merito, al fine di consentire in concreto l’apprezzamento della fondatezza della censura che viene mossa al procedimento logico-giuridico seguito dal predetto. Nè il ricorrente indica, nelle varie censure in esame, quali sarebbero i profili specifici in relazione ai quali potrebbe configurarsi il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato, o quale sarebbe il pericolo concreto che potrebbe derivare dal suo rientro in patria, ai fini della cd. tutela sussidiaria, o infine le ragioni di vulnerabilità personale o di integrazione in Italia, ai fini della concessione della protezione umanitaria.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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