Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33176 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. I, 16/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina A. R. – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16995-2018 proposto da:

E.E., rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLO

BISCOSI e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di LECCE, depositata il 07/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento del 14.9.2017, notificato il 7.10.2017, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Lecce respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria od umanitaria. Con il decreto oggi impugnato il Tribunale di Lecce respingeva il ricorso interposto dall’ E., ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 avverso il predetto provvedimento di rigetto.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto l’ E. affidandosi a tre motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe omesso di applicare alla fattispecie il principio dell’onere probatorio attenuato valido in materia di riconoscimento della protezione internazionale. In particolare, il ricorrente aveva narrato innanzi la commissione territoriale di nutrire il timore di essere arrestato dalla polizia del proprio Paese di origine, sommariamente processato e condannato a morte in quanto i genitori della sua compagna lo avevano denunciato per aver somministrato alla stessa alcune pillole abortive. Il Tribunale non avrebbe tenuto in nessun conto le predette allegazioni, pretendendo dal ricorrente una prova certa che lo stesso, essendo fuggito dalla Nigeria, non era concretamente in grado di fornire. Di qui la violazione del cd. dovere di cooperazione istruttoria gravante sul giudice nell’ambito del processo finalizzato al riconoscimento della protezione internazionale.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 16 della Direttiva 32/2013/UE e la nullità della decisione impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perchè il Tribunale, nel rigettare il ricorso senza una interlocuzione diretta con il richiedente, gli avrebbe di fatto impedito di fornire elementi di giustificazione ai dubbi eventualmente sollevati dall’autorità alla sua credibilità e quindi avrebbe precluso la formazione della prova nel contraddittorio delle parti.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11 e art. 28, lett. d) nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perchè il Tribunale avrebbe omesso di valutare la condizione di oggettiva instabilità politica, violenza ed insufficiente rispetto dei diritti umani esistente in Nigeria e di riconoscere al richiedente la protezione per motivi umanitaria In particolare, il richiedente richiama il rapporto Amnesty International 2017, dal quale emergerebbe che la polizia nigeriana è solita compiere atti di tortura e maltrattamenti durante gli interrogatori e nei confronti dei detenuti per ottenere la loro confessione.

Le tre censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, sono in parte inammissibili ed in parte infondate.

In particolare, sono inammissibili la prima e la seconda doglianza, con le quali il ricorrente sollecita, in sostanza, un riesame del merito della propria vicenda, in contrasto con il principio affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 24148 del 25/10/2013 (Rv. 627790), secondo cui il motivo di ricorso non può mai risolversi “in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento…”del giudice di merito “… tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione”. A ciò va aggiunto che il ricorrente non allega, nè nel primo nè nel terzo motivo, alcun fatto specifico che il giudice di merito non avrebbe considerato, ma si limita ad un generico richiamo al proprio narrato, senza circostanziare gli episodi riferiti, nè indicare in modo preciso e specifico quali sarebbero state le sue dichiarazioni oggetto di travisamento o di mancata considerazione da parte del Tribunale. A tal fine, non è sufficiente il rinvio ai termini essenziali della storia (ovverosia alla fuga derivante dall’accusa di aver somministrato pillole abortive alla propria compagna), in quanto non essendo previsto l’accesso diretto di questa Corte al materiale istruttorio acquisito nei precedenti gradi di giudizio, il ricorrente è onerato di riproporre, nel corpo stesso del ricorso, il contenuto dei documenti o delle dichiarazioni delle quali deduce l’omessa considerazione da parte del giudice di merito, al fine di consentire in concreto l’apprezzamento della fondatezza della censura che viene mossa al procedimento logico-giuridico seguito dal predetto.

Quanto invece alla seconda censura, essa è infondata poichè nel processo finalizzato al riconoscimento la protezione internazionale non è prevista l’obbligatoria audizione del richiedente dinanzi al giudice, essendo la fase giurisdizionale preceduta da una fase amministrativa -svolta dinanzi la commissione territoriale- nel corso della quale invece è espressamente prescritto l’ascolto del richiedente. In conseguenza di tale peculiare natura bifasica e dell’espressa previsione dell’obbligo di ascolto del richiedente la protezione dinanzi la commissione territoriale, questa Corte ha a più riprese affermato che “… non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 3003 del 07/02/2018, Rv.647297; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 24544 del 21/11/2011, Rv.619702; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 14600 del 29/05/2019, Rv.654301).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA