Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33174 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso —/2017 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI PRATI

DEGLI STROZZI 30, presso lo studio dell’avvocato ITALO MASTROLIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALFONSO EMILIANO BONAIUTO;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIOI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, rappresentata e

difesa dall’avvocato RICCARDO CHIESA;

– controricorrente –

Contro

S.C.,

– intimata –

avverso la sentenza n. 711/2017 della CORTI D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 31/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consigli() non

partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

La Corte.

Fatto

RILEVATO

che:

Con atto di citazione del 27 marzo 2009 S.C. conveniva davanti al Tribunale di Bassano del Grappa G.V., suo genero, per ottenerne il risarcimento dei danni a lei derivati dalla lesione ad un occhio per improvvisa fuoriuscita di un tappo da una bottiglia nella sua casa, ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Il G. si costituiva, ammettendo i fatti e ottenendo l’autorizzazione a chiamare per manleva Fondiaria Sai S.p.A., con cui aveva stipulato la polizza (OMISSIS). La compagnia assicuratrice si costituiva, eccependo l’inoperatività della polizza.

Con sentenza n. (OMISSIS) il Tribunale condannava ai sensi dell’art. 2051 c.c., il convenuto a risarcire i danni all’attrice e accoglieva la domanda di manleva del convenuto nei confronti della compagnia.

Fondiaria Sai S.p.A. proponeva appello, cui resistevano le controparti. Con sentenza del 6 febbraio-31 marzo 2017 la Corte di Venezia, in accoglimento del gravame, rigettava la domanda di manleva, ritenendo che la polizza non fosse operativa per non essere qualificabile la S. soggetto terzo in base al contratto.

Il G. ha proposto ricorso, fondato su un unico motivo, da cui si è difesa con controricorso la compagnia, nel frattempo divenuta Unipolsai Assicurazioni S.p.A.; non si è difesa invece l’intimata S..

Il ricorrente ha depositato anche memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

L’unico motivo denuncia omesso esame di fatto discusso e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’ art. 1370 c.c. e D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 35.

Pur essendo ricorsa ai canoni ermeneutici principali di letteralità e sistematicità, la corte territoriale “non ha dissipato il dubbio sul significato delle clausole nn. 43 e 44” della polizza. Si tratterebbe, invece, di clausole equivoche, e insufficienti a chiarire il contenuto del contratto sarebbe comunque l’applicazione, dalla corte effettuata, degli artt. 1362 e 1365 c.c..

La corte territoriale, invero, ha dato atto che il Tribunale aveva ritenuto fondata la domanda di manleva, dato che, in base all’interpretazione degli artt. 43 e 44 della polizza, l’attrice danneggiata era qualificabile soggetto terzo rispetto all’assicurato convenuto, con conseguente operatività della polizza stessa. Nell’atto d’appello, invece, la compagnia aveva opposto che una corretta lettura degli artt. 38, 43 e 44 della polizza avrebbero condotto a negare la qualifica di “terzo danneggiato” in capo alla suocera dell’assicurato, escludendo pertanto l’operatività.

La corte, invocate le regole ermeneutiche di cui agli artt. 1362-1371 c.c., ha escluso l’operatività della polizza ritenendo la S. non qualificabile come soggetto terzo. E a ciò perviene nel seguente modo: “… l’oggetto di polizza, indicato dall’art. 38, prevede che essa tenga indenne l’assicurato “di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile (…), ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (…) di danni involontariamente cagionati a terzi (…)”. L’art. 44 della predetta polizza, nell’elencare le persone non considerate “terzi”, alla lettera a) esplicitamente menziona: “coniuge, genitori, figli dell’Assicurato”, nonchè “qualsiasi altra persona, parente od affine con lui convivente”. Va inoltre evidenziato che, per “Assicurato”, deve intendersi, come si evince dalla lettura di pagina 3 del contratto di polizza dedicata alle definizioni comuni a tutte le garanzie, il “soggetto a cui spettano i diritti derivanti dal contratto”. In tal senso la polizza risulta operante, ex art. 43, per il “Contraente/Assicurato ed ogni familiare e/o persona con lui stabilmente convivente, nonchè per fatto di collaboratori domestici”. Ne consegue che, dall’interpretazione sistematica delle clausole sopra esposte, possa desumersi che la S. non possa essere qualificata come terza, in quanto genitore di So.An., moglie del G., la quale deve qualificarsi come assicurata ai sensi del combinato disposto delle condizioni di polizza sopra enunciate”.

L’appena conclusa dettagliata trascrizione del ragionamento della corte è di per sè sufficiente a dimostrare che non sono state correttamente applicate le norme ermeneutiche.

Premesso che il giudice di legittimità può vagliare esclusivamente il metodo dell’accertamento sotto il profilo della sua correttezza normativa e non, invece, il risultato dell’indagine (nell’ambito di giurisprudenza consolidata in tal senso v. ex multis Cass. sez. 3, 10 febbraio 2015 n. 2465 – per cui “in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati” e Cass. sez. 1, 22 febbraio 2007 n. 4178 – che puntualizza come la configurabilità di valutazioni alternative rispetto a quella eletta dal giudice di merito non possa automaticamente implicare violazione di legge, ovvero aprire la strada al sindacato di legittimità, perchè “per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra” -; e cfr. pure Cass. sez.3, 13 febbraio 2002 n. 2074, Cass. sez. 1, 7 marzo 2007 n. 5273, Cass. sez. 3, 12 luglio 2007 n. 15604 e Cass. sez. 2, 3 settembre 2010 n. 19044), non si può non rilevare l’evidente violazione, da parte della corte territoriale, del canone primario, da cui dovrebbe prendere le mosse ogni interpretazione, ovvero l’art. 1362 c.c. Con il ragionamento sopra riportato, infatti, la corte ha identificato nell’assicurato la Soresini, laddove assicurato è il G., e il dettato dell’art. 44, lett. a) della polizza, individua coloro che non sono considerati “terzi” per il loro rapporto con l’assicurato ma non trasferisce a tali soggetti la posizione contrattuale del G.. La corte territoriale, invece, ha eluso il chiaro significato letterale dell’art. 44 e, una volta “trasformata” la So. nel soggetto assicurato, ha tolto, per così dire, la terzietà alla S. in quanto genitrice della So.. Una evidente deformazione del testo letterale – contrastante quindi con l’art. 1362 c.c., che indicando la necessità di identificare la “comune intenzione delle parti” senza “limitarsi al senso letterale” non esonera, tuttavia, dal senso letterale stesso, punto di partenza interpretativa ma non certo oggetto di un vero e proprio sradicamento ermeneutico – ha quindi condotto alla qualificazione di “non terzo” della S., con conseguente dichiarazione di inoperatività della polizza nel caso in esame.

Questa violazione già dell’art. 1362 c.c., nella sua evidenza, assorbe ogni altro profilo, e conduce all’accoglimento del motivo di ricorso, con conseguente cassazione della impugnata sentenza e rinvio, anche per le spese del grado, ad altra sezione della stessa corte territoriale.

P.Q.M.

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del grado ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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