Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33171 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11441-2017 proposto da:

NEPHROOCARE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 44, presso

lo studio dell’avvocato MARTA LETTIERI, rappresentata e difesa

dall’avvocato FLAVIO BARIGELLETTI;

– ricorrente –

Contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI FROSINONE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRIA 25, presso lo studio dell’avvocato CHIARA BORROMEO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO COLONNELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6766/2016 della CORTE D’APPELLO DI ROMA,

depositata il 11 /11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

La Corte.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. (OMISSIS) il Tribunale di Frosinone rigettava la domanda proposta da Nephros S.r.l. – poi incorporata in Nephrocare S.p.A. – di condanna dell’Asl Frosinone a pagarle la somma di Euro 530.821,23 per prestazioni sanitarie, e rigettava altresì l’ulteriore domanda di indebito arricchimento proposta sempre dall’attrice nei confronti della convenuta.

Nephrocare S.p.A. proponeva appello, cui controparte resisteva e che la Corte d’appello di Roma rigettava con sentenza dell’11 novembre 2016.

Ha presentato ricorso Nephrocare S.p.A., articolandolo in tre motivi.

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla valutazione della natura “totale” di una transazione stipulata dalla ricorrente e dalla controparte in data (OMISSIS) – nelle more del giudizio di primo grado, avviato con atto di citazione notificato il (OMISSIS) -, transazione che non sarebbe stata fondamento di eccezione della controparte.

Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo in ordine alla corretta individuazione dei crediti oggetto di tale transazione e alla mancata valutazione dell’art. 6.1 del contratto di transazione.

Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo quanto alla mancata valutazione dell’art. 6.1 del contratto di transazione e alla mancata valutazione degli ulteriori motivi d’appello.

Si è difesa con controricorso l’AsL Frosinone. Entrambe le parti hanno pure depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Nel primo motivo la prospettazione della violazione dell’art. 112 c.p.c., è evidentemente priva di fondatezza, in quanto la qualificazione come totale o parziale della transazione – a prescindere dalla carenza di individuazione nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, delle allegazioni delle parti e in particolare dell’attuale ricorrente circa il significato del documento, che dovrebbe costituire il presupposto per addurre ultrapetizione – inerisce ad un’attività di interpretazione del contenuto dell’atto sotto il profilo giuridico, nella quale i giudici di merito non erano vincolati all’ipotetica prospettazione delle parti.

Peraltro, fu proprio l’attuale ricorrente a sottoporre alla corte territoriale la valutazione della transazione che il giudice di prime cure non avrebbe a suo avviso correttamente interpretato. Il suo contenuto, pertanto – e ciò sradica comunque l’asserto di ultrapetizione -, è stato devoluto all’esame del giudice di secondo grado, anche se la parte appellante come appena rilevato più sopra priva di potere vincolante in ordine alla qualificazione – lo aveva addotto qualificandolo accordo “parziale” (così nella premessa del ricorso, a pagina 5).

Risulta in conclusione manifestamente infondato il primo motivo.

Il secondo motivo e il terzo motivo sono censure affette da inammissibilità, in quanto direttamente fattuali, e dunque inidonee ad rientrare nel paradigma individuato per il vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, da S.U. 7 aprile 2014 nn. 8053 e S.U. 7 aprile 2014 n. 8054 (ovvero mezzo di tutela del “minimo costituzionale” dell’obbligo di motivazione, per cui “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”, vizio che “si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”; v. inoltre, tra gli arresti massimati, Cass. sez. 6-3, ord. 8 ottobre 2014 n. 21257, Cass. sez. 6-3, 20 novembre 2015 n. 23828 e Cass. sez. 3, 12 ottobre 2017 n. 23940). E a ciò si aggiunge che il terzo motivo, in sostanza, lamenta pure una pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., laddove la corte territoriale ha esaminato effettivamente tutti e tre i motivi del gravame.

Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art., comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, condannando la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 8000, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018.

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