Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3317 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. III, 11/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 11/02/2020), n.3317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21995/2018 proposto da:

D.C., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

CLAUDIO DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA, (OMISSIS), in qualità di amministratore delegato

e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato CARLO D’ERRICO,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARIA CRISTINA CAROTA, GERMANA

BODO;

– controricorrente –

e contro

M.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6315/2018 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 04/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.F.C. in proprio e l’Associazione professionale “Studio legale D.F. e associati” ricorrono per la cassazione della sentenza del Tribunale di Milano n. 6315 del 2018 che, confermando integralmente la sentenza di primo grado del Giudice di Pace di Milano, ha rigettato la sua domanda risarcitoria connessa all’interruzione delle linee telefoniche nei suoi diversi studi legali provocata da una pretesa morosità di rilevante importanza e consistita nel “congelamento” dell’attività professionale per la tutta la durata della sospensione del sevizio. L’appellante aveva evidenziato la violazione dell’art. 19 delle Condizioni Generali di Contratto, secondo il quale la sospensione del servizio è possibile solo in presenza di una rilevante morosità ma il Tribunale ha ritenuto che tale presupposto non fosse stato adeguatamente provato sì da far decadere la censura. Per quel che ancora rileva in questa sede il Tribunale ha ritenuto: 1) come riferito, che l’appellante non avesse dimostrato la scarsa importanza del suo inadempimento, risultando piuttosto il medesimo costituito da eventi multipli e di rilevante gravità; 2) che il giudice di primo grado avesse correttamente applicato l’art. 19 CGC; 3) che il medesimo avesse correttamente qualificato la fattispecie quale domanda di risarcimento per inadempimento contrattuale piuttosto che di responsabilità aquiliana; 4) che fosse stata legittimamente estromessa dal giudizio la dipendente della Telecom Italia Spa M.G., ritenuta dall’attore responsabile di aver disposto l’interruzione della linea telefonica; 5) che non fosse stato in alcun modo provato il danno asseritamente subito dall’attore.

Avverso la sentenza D.F.C. e in proprio e quale appartenente alla Associazione Professionale propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resiste Telecom Italia S.p.A. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’impugnata deduce la violazione dell’art. 111 Cost. e art. 115 c.p.c., per mancanza assoluta di motivazione sulla dinamica dei fatti e sulla prove in ordine alla scarsa importanza dell’inadempimento.

2. Con il secondo motivo censura la sentenza per aver erroneamente qualificato la domanda nei termini di responsabilità contrattuale laddove l’attore intendeva far valere una responsabilità aquiliana.

3. Con il terzo motivo censura la sentenza per violazione dell’art. 108 c.p.c., in merito alla pretesa illegittima estromissione della M. dal giudizio.

4. Con il quarto censura la sentenza per violazione dell’art. 116 c.p.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in ordine alla statuizione di genericità sulla domanda sul quantum.

5. Con il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., in ordine al rigetto della domanda di rivalutazione della condanna alle spese del giudizio di primo grado.

6. Con il sesto motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. e chiede soddisfazione in ordine alle spese di lite.

1-6. Il ricorso è inammissibile per distinti e concorrenti profili. Innanzitutto per assoluta carenza di esposizione dei fatti di causa e dunque per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3. Non viene mai specificato quali siano state le inadempienze ritenute di scarsa importanza dal ricorrente e di non scarsa importanza dalla società Telecom Italia Spa; cosa il ricorrente pretenda di trarre dalla qualificazione della sua domanda quale domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., in un contesto nel quale, peraltro, lui stesso ha invocato pretese inadempienze contrattuali. In secondo luogo alcuni profili di censura sono inammissibili perchè nuovi – quale la pretesa interruzione del servizio senza preavviso – ed altri sono inammissibili per difetto di specificità quale, ad esempio, i pretesi comportamenti asseritamente lesivi della M..

7. Complessivamente il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del cd. “raddoppio” del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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