Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33165 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 21/12/2018), n.33165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19714-2017 proposto da:

L.V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ETTORE ZAGARESE;

– ricorrente –

contro

M.L., M.R., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato LUCIANO TORETTI;

– controricorrenti –

e contro

UGF ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1062/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

emessa in data 25/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 18 febbraio 2003 L.V.G. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Rossano, Meie Aurora e M.L. e M.R. per sentir dichiarare l’esclusiva responsabilità di quest’ultima, quale conducente del veicolo Fiat Uno e di M.L., quale proprietario, nella causazione del sinistro verificatosi il 19 agosto 2002 in (OMISSIS). Deduceva che nell’occasione la moto Ducati 600 condotta da L. e il predetto veicolo Fiat Uno erano entrati in collisione. La conducente dell’autovettura aveva, dapprima manifestato l’intenzione di svoltare a sinistra, portandosi al centro della carreggiata, per poi cambiare direzione, mentre il motoveicolo condotto dall’attore era intento a sorpassarla sulla destra, così cagionando l’impatto. Si costituiva l’assicuratore, Meie Aurora contestando la sussistenza di una responsabilità del conducente del veicolo e, in via subordinata, l’entità dei danni richiesti. Si costituivano i M. deducendo che la responsabilità del sinistro andava ascritta esclusivamente alla condotta dell’attore il quale aveva tenuto una velocità eccessiva;

con ordinanza del 19 maggio 2008 il giudice rimetteva la causa sul ruolo, invitando le parti a depositare la sentenza del Giudice di Pace di Rossano n. 584 del 2004 e il verbale redatto dai Carabinieri intervenuti sul luogo del sinistro. Con sentenza del 22 giugno 2009 il Tribunale dichiarava improponibile la domanda, compensando le spese;

avverso tale statuizione proponeva appello L.V.G.. Si costituivano M.R. e la compagnia UGF Ass.ni, spiegando appello incidentale. La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza del 23 giugno 2016 rigettava l’impugnazione, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione L.V.G. affidandosi a due motivi che illustra con memoria. Resiste con controricorso Rosetta M..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 116,232,253 e 257 c.p.c, nonchè l’omessa valutazione della prova testimoniale e di alcuni punti decisivi della controversia. In particolare, la sentenza impugnata aveva errato nella valutazione delle risultanze della prova testimoniale, aveva deliberatamente ignorato gli esiti di tale prova, ricostruendo la dinamica dell’incidente sulla base dei danni riportati alle autovetture. Al contrario, se pure il verbale redatto dai militari consente di ricostruire la dinamica sulla base delle dichiarazioni rese dai presenti, tale prospettazione è contestabile in giudizio. I testi escussi in primo grado hanno descritto la reale dinamica dei fatti. In particolare, l’elemento decisivo che emerge dalla prova testimoniale è l’improvviso cambio di direzione dell’autovettura, che aveva azionato l’indicatore direzionale sinistro e poi si era portata repentinamente sulla destra, mentre il conducente della motocicletta stava per eseguire la manovra di sorpasso. Il conducente del veicolo che intende cambiare direzione per immettersi in una strada laterale è tenuto ad accertare che da tergo non sopraggiungevano altri veicoli. Tali elementi trovano conferma nelle dichiarazioni rese dalla M. ai Carabinieri in sede di rilievo planimetrico e nel relativo verbale di sopralluogo;

il primo motivo esula dal perimetro dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e si traduce in una richiesta di terzo grado di giudizio di merito. Il motivo di censura si risolve, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. Parte ricorrente si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite dalla Corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto irricevibili, volta che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente sostenibili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere in alcun modo tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale, ovvero vincolato a confutare qualsiasi deduzione difensiva;

in particolare parte ricorrente richiede alla Corte di legittimità di riesaminare i passaggi delle dichiarazioni rese dai testimoni nella parte in cui sono riportate in ricorso al fine di pervenire a una diversa e complessiva valutazione della dinamica con ciò violando i principi espressi da questa Corte a Sezioni Unite con le sentenze nn. 8053 e 8054 del 2014. Oltre alle considerazioni sopra espresse occorre aggiungere che la ricostruzione viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, con riferimento al contenuto del verbale redatto dai Carabinieri, mentre i passaggi riportati (ventesima pagina del ricorso privo di numerazione) non riguardano alcun modo il presunto repentino cambio di direzione dell’autovettura;

sotto altro aspetto con il motivo si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). II motivo, in realtà, non contiene alcuna denuncia del paradigma dell’art. 2697 c.c. e di quello dell’art. 116 c.p.c., bensì lamenta soltanto erronea valutazione di risultanze probatorie. La violazione dell’art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onere probatorio a una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 116 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dall’art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892 del 2016 e Cass. S.U. 16598de1 2016, in motivazione). Nessuno di tali profili è dedotto con il primo motivo;

con il secondo motivo lamenta la violazione l’art. 91 c.p.c. e vizio di motivazione nei termini espressi con il precedente motivo. In particolare, nel determinare le spese il giudice avrebbe dovuto considerare la effettiva attività processuale svolta dalla parte. Nello specifico, quella espletata dalla difesa di M.R. è stata inconsistente, non avendo la stessa rassegnato le conclusioni. Nonostante ciò, la Corte territoriale ha operato una liquidazione equivalente a quella della difesa dell’assicuratore. In secondo luogo il giudice non indica le tariffe professionali alle quali intende fare riferimento e il relativo scaglione;

il secondo motivo viola l’art. 366 c.p.c., n. 6, rispetto all’attività processuale della M. ed è generico, poichè la censura non identifica il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Sez. U -, Sentenza n. 7074 del 20/03/2017, Rv. 643334 – 01). Il motivo non individua la violazione delle disposizioni in tema di liquidazione delle spese, spettando al ricorrente indicare il valore di riferimento e dimostrare che la liquidazione è esorbitante rispetto all’attività espletata;

l’esame della memoria ex art. 380 bis c.p.c. non introduce elementi di novità;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile – rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidandole in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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