Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33165 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. I, 16/12/2019, (ud. 23/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30290/2018 proposto da:

K.F., residente in (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’Avvocato Cristiano Bertoncini, in forza di procura speciale

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura Di Chieti;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 62/2018 del GIUDICE DI PACE di CHIETI, del 18

aprile 2018, depositata il 20 aprile 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2019 dal Consigliere Dottoressa Irene SCORDAMAGLIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza in data 18 aprile 2018, depositata il successivo 20 aprile, il Giudice di pace di Chieti ha respinto il ricorso in opposizione presentato da K.F., cittadino albanese, avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Chieti n. 46, notificato in data 6 febbraio 2018.

A fondamento della decisione ha osservato come: 1) la pericolosità sociale del ricorrente, costituente la ragione dell’espulsione, fosse da desumersi dai precedenti di polizia e dai precedenti giudiziari per reati in materia di stupefacenti che ne gravavano, in maniera incontestata, la posizione e dall’assenza di qualsivoglia fonte di reddito: donde la sua appartenenza alla categoria dei soggetti socialmente pericolosi di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b); 2) l’eccezione di non conformità della copia del provvedimento di espulsione notificato all’originale non fosse fondata, non risultando che fosse stata notificata all’espulso una copia fotostatica del provvedimento; 3) non fosse provata la presenza in Italia del nucleo familiare dell’opponente; 4) fosse inconferente il riferimento al previo nulla-osta dell’Autorità Giudiziaria, previsto in ipotesi di sottoposizione dell’espulso a procedimento penale, riguardando il detto provvedimento autorizzativo la fase dell’esecuzione dell’espulsione.

2. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse dello straniero espulso consta di quattro motivi:

2.1. il primo motivo eccepisce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, non avendo colto il decidente la ragione del rilievo articolato con l’atto di opposizione, con il quale si era eccepito che la copia del decreto di espulsione notificata allo straniero che ne era il destinatario fosse priva dell’attestazione di conformità all’originale;

2.2. il secondo motivo eccepisce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 sul duplice rilievo dell’inesistenza a carico dell’espulso di una formale dichiarazione di pericolosità sociale e della valutazione di attualità di essa;

2.3. il terzo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 in relazione all’art. 24 Cost., in ragione del mancato rilascio da parte dell’Autorità Giudiziaria del preventivo nulla-osta all’espulsione;

2.4. il quarto motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 sul rilievo che il decidente aveva ritenuto non provato il fatto della residenza in Italia del nucleo familiare dell’espulso, ancorchè dell’esistenza esso si fosse dato atto nell’incipit del decreto impugnato.

3. L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

1. Il primo motivo è inammissibile.

La censura cui esso è affidata è generica, in quanto priva di confronto con la specifica ratio decidendi della statuizione, contenuta nell’ordinanza impugnata, in punto di esistenza, nella copia del decreto di espulsione notificato allo straniero destinatario, dell’attestazione di conformità all’originale.

Poichè il Giudice di pace aveva respinto il motivo di opposizione avente ad oggetto la riferita questione, affermando che non risultava che il provvedimento di espulsione fosse stato notificato al K. in copia fotostatica anzichè mediante consegna di copia firmata in originale, il ricorrente avrebbe avuto l’onere di allegare e documentare che il decreto di espulsione gli era stato notificato mediante consegna di una copia dello stesso non recante la firma vergata in originale dal Prefetto di Chieti o di un suo funzionario delegato.

2. Il secondo motivo è inammissibile.

Il Giudice di pace ha affermato che sugli elementi di fatto esistenza a carico dell’opponente di precedenti di polizia e giudiziari per violazione della normativa riguardante la disciplina degli stupefacenti ed assenza di titolarità di qualsivoglia fonte di reddito – valorizzati dal Prefetto per desumere l’appartenenza del K. alla categoria delle persone socialmente pericolose di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b) in quanto ritenuto per la condotta ed il tenore di vita – che vivesse abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, non vi fosse stata contestazione e che, comunque, nulla fosse stato dedotto ed allegato in senso contrario.

Il motivo di ricorso per cassazione in punto di valutazione della pericolosità sociale dello straniero, per superare la soglia dell’ammissibilità, avrebbe dovuto, in primo luogo, avversare specificamente l’affermazione contenuta, nel provvedimento impugnato, secondo la quale, nella sostanza, non era stata spiegata alcuna effettiva difesa – nè in fatto, nè in diritto – sulla questione oggetto del presente motivo.

3. Il terzo motivo è infondato.

La doglianza in esso articolata è, infatti, in contrasto con il principio di diritto secondo il quale, lo straniero che ricorra avverso il decreto di espulsione, e nei cui confronti penda in Italia un procedimento penale o che sia parte offesa nel medesimo, non può far valere, quale motivo di invalidità del provvedimento, la mancanza del nulla-osta all’espulsione da parte del giudice penale, imposta dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 3, perchè non ha alcun interesse protetto alla denunzia di tale omissione, essendo detta previsione posta a salvaguardia delle esigenze della giurisdizione penale, mentre l’interesse dell’espulso all’esercizio del diritto di difesa e alla partecipazione al processo penale è tutelato dall’autorizzazione al rientro contemplata dall’art. 17 medesimo D.Lgs. (Sez. 1, Ordinanza n. 20693 del 31/07/2019, Rv. 654884; Sez. 1, n. 28869 del 29/12/2005, Rv. 585692).

4. Il quarto motivo è inammissibile.

E’ dedotto che il Giudice di pace sarebbe incorso in un errore revocatorio, in quanto avrebbe omesso di esaminare un fatto – la permanenza sul territorio dello Stato dei familiari conviventi dell’espulso – incontestato, in quanto riportato nell’incipit del decreto di espulsione, e decisivo, vigendo il principio di diritto secondo il quale, in materia di divieto di espulsione per ragioni di coesione familiare, è onere dell’autorità amministrativa e, successivamente, dell’autorità giurisdizionale, al fine di non incorrere nel vizio di motivazione, esplicitare in concreto le ragioni atte a comprovare che lo straniero rappresenti una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza, tale da rendere recessiva la valutazione degli elementi attinenti alla natura e alla durata dei vincoli familiari.

In considerazione della natura dell’errore eccepito, il ricorrente, ai fini dell’ammissibilità della censura, avrebbe avuto l’onere specifico di allegare e documentare quanto sarebbe stato oggetto di travisamento da parte del giudice di merito: onere cui non ha adempiuto.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla è dovuto a titolo di spese, essendo l’intimata Prefettura di Chieti rimasta tale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla è dovuto per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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