Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3316 del 12/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 3316 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 22296-2007 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in
ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12
– ricorrente 2012
3782

contro

FAZIO GIOVANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA CESARE BECCARIA 84, presso lo studio
dell’avvocato VALSECCHI FRANCESCO, rappresentata e
difesa dall’avvocato FARA GIOVANNI, giusta delega in

Data pubblicazione: 12/02/2013

atti;
controricorrente –

avverso la sentenza n. 588/2006 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 26/06/2007 r.g.n. 1774/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

GARRI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 13/11/2012 dal Consigliere Dott. FABRIZIA

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Milano, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa città, e per
quanto qui ancora interessa, ha accolto l’appello incidentale proposto da Giovanna Fazio ed,
incontestata la durata del procedimento amministrativo dalla stessa instaurato per ottenere il pagamento

stress, alla frustrazione, alle ansie che si aggiungerebbero al disorientamento inevitabile di pazienti
affetti da malattie gravissime ed incurabili determinate da trasfusioni non regolari.
Avverso tale capo della decisione propone ricorso per Cassazione il Ministero della Salute, affidato a tre
motivi.
Resiste con controricorso la Fazio.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso viene censurata la sentenza per avere, in violazione dell’art. 2059 c.c.,
illegittimamente esteso l’ambito applicativo della disposizione rispetto ai casi indicati dall’art. 185 c.p.,
senza individuare, in ossequio alla giurisprudenza estensiva di questa Corte, gli interessi connessi alla
persona e di rilievo costituzionale che si assumevano lesi.
Evidenzia il Ministero che “l’interesse ad una sollecita definizione del procedimento amministrativo” in
relazione alla liquidazione dell’indennizzo non investirebbe direttamente valori della persona né
troverebbe fondamento nella legge ordinaria ovvero nella costituzione posto che l’art. 97 della
Costituzione, posto a presidio del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione, detta un
canone organizzativo ed un parametro per l’apprezzamento della legittimità costituzionale della legge,
ma non attribuisce una garanzia soggettiva inerente la celerità del procedimento.
Chiede, quindi, che la Corte dica se “sia risarcibile il danno non patrimoniale cx art. 2059 c.c. nel caso in cui
l’illecito sia costituito dalla eccessiva durata di un procedimento amministrativo”.
Con il secondo motivo di ricorso, poi, viene denunciata la violazione dell’art. 2697 c.c. posto che
l’odierna resistente, sulla quale incombeva il relativo onere, per ottenere il risarcimento chiesto avrebbe
dovuto comunque offrire la prova degli elementi costitutivi dell’illecito, nesso causale tra condotta e
danno ed esistenza di un dolo o di una colpa grave in capo all’autore, dati questi assunti tutti come
presupposti dal giudice d’appello.
Chiede quindi che La Corte dica se “possa accordarsi il risarcimento di un preteso danno in di/cito di prova
dell’illecito, del pregiudizio, dell’elemento soggettivo e del nesso di derivazione causale dall’illecito dedotto”.
Con il terzo motivo, poi, viene denunciata l’omessa ed insufficiente motivazione della sentenza in
relazione alla mancata indicazione dell’interesse suscettibile di tutela risarcitoria ed, ancora una volta, di
tutti gli elementi costitutivi l’illecito aquiliano ( condotta illecita, nesso causale, elemento soggettivo).

r.g.n. 22296/2007

F.Garri

delle somme dovute a titolo di indennizzo ex 1. n. 210/1992 in relazione ai danni conseguenti ad epatiti
post-trasfusionali (iniziato il 13.12.1995 e concluso con la liquidazione del solo capitale nel dicembre
2003), ha condannato il Ministero della Salute al risarcimento del danno esistenziale equitativamente
determinato nella misura del 20P/0 dell’importo capitale liquidato nel dicembre 2003 in relazione allo

Le censure, tra loro strettamente connesse, vanno esaminate congiuntamente e sono fondate per le
ragioni che di seguito si espongono.

salute, la famiglia, la reputazione, la libertà di pensiero). Nel caso di specie, il beneficio in questione riguarda peraltro una
prestazione di natura assistenziale, posta a carico dello Stato in ragione del dovere di solidarietà sociale, e che non ha
quindi natura risanitoria, né può essere qualOcata, per la sua. funzione, come strumento direttamente rivolto alla
garanzia del diritto alla salute. Risulta quindi ndata la pretesa ad un risarcimento per il ritardo nella corresponsione
della prestazione, ulteriore a quello già attribuito a titolo di rivalutazione dell’indennizzo ed interessi.”
Nel vigente assetto dell’ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione (che,
all’art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo), il danno non patrimoniale deve essere
inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona,
non esaurendosi esso nel danno morale soggettivo (cfr. soprattutto Cass. 31 maggio 2003, n. 8828).
Correttamente rileva, dunque, il Ministero ricorrente che nella specie il valore inerente alla persona
risulta già tutelato a mezzo dell’indennizzo riconosciuto dalla L. n. 210 del 1992, mentre quello
lamentato dai resistenti costituisce un danno da mero ritardo nel versamento dell’indennizzo stesso.
Danno non incidente (almeno in maniera diretta ed immediata) su valori inerenti alla persona e, come
tale, non risarcibile in via non patrimoniale nei sensi sopra intesi.
A ciò consegue che, con riferimento alle somme dovute a tale titolo, sono dovuti, in caso di ritardo
nella erogazione, gli interessi legali con la applicabilità di tutte le disposizioni che regolano la materia,
incluso il disposto dell’art. 1194 c.c. (cfr. Cass n. 16035/2008, Cass. n. 6436/2008, n. 26883/2008 e n.
17047 / 2003).
Ad avviso di questa Corte le ragioni già espresse sono condivisibili e non vi è ragione per discostarsene.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta da
Giovanna Fazio, relativa al risarcimento del danno per il ritardo nel pagamento della prestazione.
Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti avuto riguardo alla natura della questione
trattata ed al solo recente consolidamento dell’orientamento da parte della Suprema Corte.
P.Q.M.
ie

CL9

2/

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione alb~accolto e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda di Lazio Giovanna relativa al risarcimento del danno non patrimoniale per
ritardo nel pagamento della prestazione. Compensa tra le parti le spese dell’ intero giudizio.
Così deciso in Roma il 13 novembre 2012
Il consigliere estensore

il Presidente

Questa Corte ha già esaminato fattispecie assolutamente analoghe ed ha osservato che ” (…)secondo il
principio richiamato dalla sentenza impugnata, il danno non patrimoniale deve essere risarcito non solo nei casi previsti
dalla legge ordinaria, ma anche nei casi di lesione di valori della persona umana costituzionalmente protetti (come la

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