Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33158 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. II, 16/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Presidente –

Dott. Carbone Enrico – rel. Presidente –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 1131/2015 R.G. proposto da:

V.E., V.C. e V.M.G., rappresentati

e difesi dagli Avv.ti Carlo Maria Barone e Anselmo Barone per

procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliati in Roma

presso lo studio del primo alla via Tagliamento n. 14;

– ricorrenti –

contro

V.A., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Vittorio Chef e

Umberto Chef per procura in calce al controricorso, elettivamente

domiciliata in Roma presso lo studio dell’Avv. Maria Laura Sodano

Ferace alla via Giovanni Antonelli n. 50;

– controricorrente –

V.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Laura Sodano

Ferace per procura speciale notarile, elettivamente domiciliato in

Roma presso il suo studio alla via Cicerone n. 66;

– controricorrente –

V.C.P.M. e S.M., quali eredi di

V.P., rappresentate e difese dall’Avv. Gabriella Napoli per

distinte procure in calce al controricorso, elettivamente

domiciliate in Roma presso il suo studio alla via Tommaso

Arcidiacono n. 209;

– controricorrenti –

e contro

Vi.El., Condominio (OMISSIS), R.L. e

B.P.B.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli, n. 4439,

depositata il 7 novembre 2014.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone

nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2019;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per

l’inammissibilità del quarto motivo di ricorso, il rigetto degli

altri motivi, in subordine il rigetto del ricorso;

uditi l’Avv. Anselmo Barone, l’Avv. Vittorio Chef e l’Avv. Maria

Laura Sodano Ferace, quest’ultima anche per delega dell’Avv.

Gabriella Napoli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia riguarda le spese che V.E., condomino del Condominio (OMISSIS), assume di aver sostenuto per necessità ed urgenza al fine di ovviare al degrado del fabbricato e dell’adiacente parco-giardino, spese delle quali ha chiesto il rimborso, nella complessiva misura di Lire 679.640.244, dai germani A., M., P. ed El., nonchè dal Condominio medesimo e dai condomini R.L. e B.P.B..

Per quanto ancora d’interesse, il Tribunale di Napoli, adito da V.E., condannava A., M., P. ed El. a pagare al fratello la somma pro capite di Euro 34.634,91.

La Corte d’appello di Napoli respingeva il gravame principale proposto da V.E. e dai figli, C. e M.G., questi ultimi resisi cessionari del credito litigioso.

La Corte accoglieva, invece, l’appello incidentale proposto da V.A., P. ed El., questi mandando assolti per intero dalla domanda di rimborso.

V.E., C. e M.G. ricorrono per cassazione sulla base di cinque motivi, illustrati con memoria.

V.A. resiste con controricorso, illustrato con memoria. Resistono con controricorso V.M., che ha anche depositato memoria, e le eredi di P..

Restano intimati Vi.El., il Condominio di (OMISSIS) e i condomini R. – B..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1110,1134,1226 e 2697 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto non provate le spese e quindi respinto la domanda di rimborso.

1.1. Il primo motivo è infondato.

Nell’applicare il disposto dell’art. 1110 c.c., per le spese relative al parco-giardino (premessane la natura di bene comune ai germani V. ed estraneo al Condominio di (OMISSIS)), e nell’applicare il disposto dell’art. 1134 c.c., per le spese relative al fabbricato condominiale, il giudice d’appello ha compiuto una valutazione schiettamente probatoria, all’esito della quale ha ritenuto non adeguatamente provate le spese del cui rimborso è causa, sì da non poter neppure istituire il giudizio sulla “necessità” della spesa ex art. 1110 c.c. e quello sull'”urgenza” della spesa ex art. 1134 c.c. (per la differenza tra questi parametri, Cass., sez. un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass. 12 ottobre 2011, n. 21015).

Nella comunione ordinaria, a norma dell’art. 1110 c.c., il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell’amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune può ottenerne il rimborso solo qualora provi tanto la suddetta inerzia, quanto la necessità dei lavori (Cass. 3 agosto 2001, n. 10738; Cass. 9 settembre 2013, n. 20652).

Nel condominio, a norma dell’art. 1134 c.c., il condomino che chiede il rimborso della spesa affrontata d’iniziativa per la conservazione della cosa comune ha l’onere di provarne l’urgenza (Cass. 4 agosto 1997, n. 7181; Cass. 26 marzo 2001, n. 4364).

Ovviamente, sia la “necessità” della spesa, quale parametro del rimborso ex art. 1110 c.c., sia l'”urgenza” della spesa, quale parametro del rimborso ex art. 1134 c.c., presuppongono che una spesa vi sia stata, che ne sussista la prova, e che l’esborso sia riferibile a uno specifico intervento, in difetto venendo a mancare il sostrato oggettivo del giudizio di rimborsabilità.

Nella specie, il giudice distrettuale ha ritenuto del tutto carente la prova delle spese, e indicibile, quindi, la relativa “necessità” od “urgenza”.

Egli ha osservato che, in mancanza di un’idonea documentazione degli esborsi, il consulente tecnico d’ufficio ha effettuato indagini sostitutive sui fatti principali, col distorsivo effetto di sollevare l’attore dall’onere della prova.

Questa ratio decidendi è conforme al principio di diritto secondo il quale il consulente tecnico d’ufficio può, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., assumere, sebbene non espressamente autorizzato dal giudice, informazioni presso terzi e può verificare fatti accessori per rispondere ai quesiti, ma non può accertare i fatti posti a fondamento delle domande ed eccezioni, il cui onere probatorio incombe sulle parti, sicchè gli accertamenti del consulente eccedenti questi limiti sono privi di qualsiasi valore, anche solo indiziario (Cass. 19 gennaio 2006, n. 1020; Cass. 10 marzo 2015, n. 4729).

Di carattere essenzialmente probatorio è anche l’argomento manifestato dal giudice d’appello circa l’impraticabilità di una liquidazione equitativa delle spese rimborsabili, a norma dell’art. 1226 c.c., a proposito della quale egli ha osservato che è onere del comproprietario, nel momento stesso in cui opera d’iniziativa sul bene comune, far emergere per via documentale le spese che chiede in rimborso agli altri comunisti.

Questa ratio decidendi è conforme al principio di diritto secondo il quale la liquidazione equitativa postula che l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte (Cass. 22 febbraio 2017, n. 4534).

In definitiva, il giudice d’appello è pervenuto ad elidere la condanna al rimborso dei fratelli V. (eccettuato M., che non interpose gravame) sulla scorta di una valutazione probatoria discrezionale, qui non sindacabile ab interno, e tuttavia esente da violazioni di legge.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia extrapetizione del giudice d’appello per aver egli dichiarato inapplicabile il tariffario regionale delle opere pubbliche agli effetti della quantificazione delle spese rimborsabili.

2.1. Il secondo motivo è inammissibile.

Il giudice d’appello ha escluso in radice la prova delle spese e, di conseguenza, la prova degli estremi della rimborsabilità, sicchè l’argomento che egli ha espresso circa l’inapplicabilità della stima a tariffa ex art. 1657 c.c. (cioè non essere il comproprietario “un appaltatore degli altri compartecipanti”) è solo un argomento ad abundantiam.

E’ inammissibile il ricorso per cassazione che censuri un argomento ad abundantiam espresso nella sentenza d’appello, giacchè questo, ultroneo alla ratio decidendi, è improduttivo di effetti giuridici, e quindi non genera interesse ad impugnare (Cass. 17 febbraio 2004, n. 3002; Cass. 23 novembre 2005, n. 24591; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635; Cass. 10 aprile 2018, n. 8755).

3. Il terzo motivo di ricorso denuncia omissione di pronuncia e violazione degli artt. 2041 e 2042 c.c., per non aver il giudice d’appello pronunciato sulla domanda di ingiustificato arricchimento, proposta in subordine da V.E., o per averla implicitamente respinta a causa del difetto del requisito di sussidiarietà.

3.1. Il terzo motivo è infondato.

Il giudice d’appello ha trascritto la ragione posta dal primo giudice a base del rigetto della domanda di ingiustificato arricchimento: “in presenza di una norma di legge che limita il diritto al rimborso alle spese necessarie alla conservazione della cosa sostenute dal comunista, è infine da escludere la possibilità di ricorrere all’azione generale di arricchimento ex art. 2042 c.c.”.

Il giudice distrettuale ha condiviso questa motivazione, osservando che “gli appellanti principali non hanno svolto specifiche argomentazioni per confutare le ragioni esposte dal Tribunale a fondamento della tesi della non invocabilità (…) dell’art. 2042 c.c.”.

La pronuncia non è stata omessa, quindi, ed è esattamente orientata a negare la sussistenza del requisito della sussidiarietà, che l’art. 2042 c.c., esige per l’esperimento dell’actio de in rem verso.

Al condomino cui non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese per carenza del presupposto dell’urgenza ex art. 1134 c.c., non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c., la quale non può essere esperita per neutralizzare il divieto di esercitare azioni tipiche in concreto mancanti dei presupposti di legge (Cass. 15 novembre 1994, n. 9629; Cass. 30 agosto 2017, n. 20528).

Avendo respinto l’azione tipica di rimborso per difetto di prova, correttamente il giudice d’appello non ha dato ingresso all’azione di ingiustificato arricchimento, poichè, ai fini della sussidiarietà richiesta dall’art. 2042 c.c., la valutazione dell’esistenza delle azioni tipiche deve essere effettuata in astratto, prescindendo dall’esito concreto delle stesse (Cass. 3 ottobre 2007, n. 20747; Cass. 20 novembre 2018, n. 29988).

4. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 817,818,1062,1117 e 1362 c.c., per non aver il giudice d’appello riconosciuto la natura pertinenziale del parco-giardino rispetto all’edificio condominiale, sì da negare la legittimazione passiva dell’ente di gestione e dei condomini R. – B. rispetto alla domanda di rimborso delle spese inerenti tale area accessoria.

4.1. Il quarto motivo è inammissibile.

Esclusa la sussistenza del credito di rimborso per difetto di prova (supra, p. 1.1), non sussiste un reale interesse dell’asserito creditore a veder affermata l’altrui legittimazione passiva, giacchè questa sarebbe soltanto virtuale, mentre l’interesse ad impugnare deve apprezzarsi in concreto (Cass. 23 maggio 2008, n. 13373; Cass. 25 giugno 2010, n. 15353; Cass. 13 ottobre 2016, n. 20689).

Inoltre, il giudice d’appello ha escluso il nesso pertinenziale dell’area-parco sulla base di un’articolata valutazione dei titoli civilistici e del compendio probatorio (divisione notaio Sica, vendita notaio Sa. e CTU ing. P.), alla quale i ricorrenti si limitano a contrapporre una loro differente valutazione, peraltro basata su indicazioni estratte da atti aventi finalità e natura eterogenea rispetto alla civilistica, provenienti dalla Sopraintendenza Belle Arti e Paesaggio.

Deve rammentarsi che l’accertamento di sussistenza degli elementi, oggettivi e soggettivi, caratterizzanti il rapporto pertinenziale fra due immobili comporta un giudizio di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità (Cass. 2 marzo 2006, n. 4599; Cass. 16 maggio 2018, n. 11970).

5. Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 1261 c.c., per aver il giudice d’appello dichiarato nulla la cessione del credito litigioso da V.E. ai figli, avvocati, C. e M.G., che rappresentavano il padre in giudizio.

5.1. Il quinto motivo è inammissibile.

Esclusa la sussistenza del credito di rimborso per difetto di prova (supra, p. 1.1), che la relativa cessione tra cliente e avvocato sia nulla a norma dell’art. 1261 c.c., comma 1, oppure rientri nelle ipotesi di salvezza di cui all’art. 1261 c.c., comma 2, è questione che interessa solo i rapporti interni tra cedente e cessionari, per i riflessi sulla garanzia del nomen verum.

Viceversa, cedente e cessionari restano soccombenti nei riguardi dei debitori ceduti, verso i quali hanno azionato – l’uno instaurando il giudizio e gli altri intervenendovi – un credito inesistente.

6. Il ricorso deve essere respinto, con aggravio di spese processuali e raddoppio del contributo unificato.

6.1. Nei rispettivi controricorsi, V.M. e le eredi di V.P. chiedono la liquidazione delle spese processuali di secondo grado, compensate dal giudice d’appello, a loro dire erroneamente.

L’istanza non può essere accolta, perchè non introdotta con ricorso incidentale, laddove il controricorrente che voglia la condanna del ricorrente al pagamento non solo delle spese del giudizio di legittimità, ma anche di quelle compensate nei gradi di merito, deve proporre ricorso incidentale avverso la statuizione di compensazione del giudice d’appello (Cass. 11 ottobre 2018, n. 25357).

7. Per completezza, si evidenzia che la scomparsa del ricorrente V.E. (documentata da certificato di morte allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c.) non ha alcun rilievo processuale, attesa la struttura del giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio (Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n. 14385; Cass. 29 gennaio 2016, n. 1757).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere ai tre controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che, per ciascuno, liquida in Euro 5.500,00 a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Dichiara che i ricorrenti hanno l’obbligo di versare l’ulteriore importo per contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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