Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33153 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. II, 16/12/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 16/12/2019), n.33153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6468/2015 proposto da:

T.L., B.M., B.R., B.N.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso lo

studio dell’avvocato MAURIZIO BELLUCCI, che li rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

G.V., R.A.R., V.E.,

VI.GI.PI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA RODI 32, presso lo

studio dell’avvocato MARTINO UMBERTO CHIOCCI, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARIO MONACELLI;

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

BOCCHERINI 3 -SC 2, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO DE

ANGELIS, rappresentato e difeso dall’avvocato RITA PANNACCI;

– controricorrenti –

e contro

C.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 26/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 20/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2005 T.L., anche nell’interesse del marito Be.Re., proprietario di appartamento nell’edificio situato (OMISSIS), già dichiarato inagibile nel 1997 e oggetto di ristrutturazione, agì nei confronti degli altri condomini – V.E. in proprio e in qualità di erede di Ce.Ad., Vi.Gi.Pi., R.A.R., C.P., G.V. – e del geom. D.S. perchè fosse accertata l’erroneità sia della ripartizione dei contributi erogati dal Comune di Gubbio per la ristrutturazione sia delle modalità di esecuzione dei lavori, con conseguente condanna del V., in qualità di rappresentante del Condominio, e del geom. D. alla restituzione di somme e al risarcimento dei danni. L’attrice chiese inoltre che ciascun condomino fosse condannato a realizzare le opere statiche previste nell’originario progetto e al pagamento in favore del B. di somme a titolo di indennizzo per i lavori del tetto e di restituzione di quanto anticipato per spese legali.

1.1. Il giudizio di primo grado, riassunto dopo la morte di Be.Re. dagli eredi T.L., B.M., B.N. e B.R., fu definito dal Tribunale di Perugia con la sentenza n. 21 del 2009 che dichiarò la carenza di legittimazione ad causam della sig.ra T. in quanto non proprietaria dell’immobile oggetto del giudizio.

2. La Corte d’appello di Perugia ha riformato la decisione.

2.1. Dopo aver dichiarato la validità dell’atto di citazione e la legittimazione degli eredi B. con sentenza parziale n. 232 del 2012, la Corte territoriale ha disposto CTU in esito alla quale, con sentenza pubblicata in data 20 gennaio 2014, ha parzialmente accolto l’appello proposto da T.L., B.M., B.N. e B.R. e per l’effetto ha condannato i condomini in solido a pagare in favore degli appellanti della somma di Euro 2.582,28 oltre interessi dalla domanda al saldo a titolo di indennizzo per i lavori del tetto.

3. Per la cassazione della sentenza ricorrono T.L., in proprio e quale erede di Be.Re., B.M., B.N., B.R.. Resistono, con separati atti di controricorso, D.S. e i condomini V.E., Vi.Gi.Pi., R.A.R. e G.V.. Non ha svolto difese in questa sede C.P.. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., nonchè omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

1.1. I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello e prima di essa il CTU non avrebbero tenuto conto delle contestazioni alla relazione peritale, riassunte nella comparsa conclusionale d’appello e riportate nel ricorso.

In particolare, le contestazioni riguardavano l’accertamento della quota millesimale spettante agli appellanti, stante l’utilizzo di una tabella non condivisa e non rispondente alla realtà dei fatti; il metodo d’indagine adottato dal CTU; la quantificazione del contributo spettante agli appellanti, in ragione del fatto che il CTU non avrebbe specificato nè quantificato i lavori eseguiti nell’appartamento di proprietà B., nè operato il raffronto tra i suddetti lavori e il contributo erogato. Inoltre, le risposte date dal CTU in sede di chiarimenti alle osservazioni del consulente tecnico di parte risultavano meramente formali e comunque inadeguate a superare i dubbi prospettati.

2. Le doglianze sono in parte infondate e in parte inammissibili.

2.1. Non sussiste all’evidenza il vizio processuale denunciato con riferimento all’art. 132 c.p.c., n. 4, che, secondo la giurisprudenza costante, ormai assurta a diritto vivente (ex plurimis, Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 29/09/2016, n. 19312; Cass. Sez. U. 07/04/3014, n. 8053), è configurabile soltanto in caso di mancanza grafica della motivazione, o di motivazione del tutto apparente, oppure di motivazione perplessa od oggettivamente incomprensibile, oppure di manifesta e irriducibile sua contraddittorietà e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima mediante confronto con le risultanze probatorie.

Nella specie, la sentenza impugnata richiama nel dettaglio l’accertamento svolto dal CTU, dando atto della adeguatezza delle risposte alle contestazione del CT di parte appellante, e ciò è sicuramente sufficiente ad escludere la carenza assoluta di motivazione.

2.2. Risulta inammissibile sul piano strutturale la censura di omessa motivazione.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis al presente ricorso, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio indicato qualora il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, e che rimane esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nel caso in esame, oltre all’improprio riferimento all’omessa-insufficiente motivazione, che ritorna anche nell’illustrazione conclusiva del motivo (pag. 45 del ricorso), i ricorrenti non specificano quale fatto storico decisivo sarebbe stato pretermesso dalla Corte d’appello, mentre ripropongono rilievi critici alla CTU, sollecitando un riesame complessivo delle risultanze di causa che non può trovare spazio in questa sede.

E del resto, come più volte affermato da questa Corte, la consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva (per tutte, Cass. Sez. U. 03/06/2013, n. 13902), sicchè l’omesso esame delle deduzioni del CTP non è denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (ex plurimis, Cass. 18/10/2018, n. 26305; Cass. 02/02/2015, n. 1815).

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al rimborso delle spese del presente giudizio in favore delle parti resistenti. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contribuito unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore sia di D.S. sia dei condomini V.E., Vi.Gi.Pi., R.A.R. e G.V., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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