Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33150 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. II, 16/12/2019, (ud. 24/05/2019, dep. 16/12/2019), n.33150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20530/2015 proposto da:

G.A., rappresentato e difeso da se medesimo ex art. 86

c.p.c., unitamente all’avvocato ANTONIO D’URSI;

– ricorrente –

contro

CONCESSIONARIA DELLA PORTA SRL, IN LIQUIDAZIONE in persona del

Liquidatore pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2724/2014 del TRIBUNALE DI SALERNO sezione

distaccata di CAVA DE’ TIRRENI, depositata il 10/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/05/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione, notificato in data 20.03.2005, G.A. conveniva davanti al Giudice di Pace di Cava dè Tirreni la concessionaria Opel Della Porta s.r.l., per sentirla condannare al pagamento in suo favore della somma di Lire 1.000.00.

Il G. esponeva che, in data 2.12.2000, aveva concluso con la concessionaria Opel Della Porta s.r.l. un contratto di compravendita relativo all’acquisto di un’autovettura da consegnarsi entro lo stesso mese di dicembre 2000 e che, contestualmente all’atto di conclusione del contratto, aveva versato la somma di Lire 1.000.00, a titolo di acconto; poichè la società venditrice non aveva provveduto alla consegna dell’automobile, chiedeva che fosse condannata alla restituzione della somma di Euro 516,00.

1.1 Si costituiva in giudizio la Concessionaria Opel Della Porta s.r.l. per resistere alla domanda, proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni subiti nella misura di Euro 516,00.

2. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda principale, rigettava la domanda riconvenzionale e condannava la concessionaria Opel Della Porte s.r.l. alla restituzione della somma di Euro 516,46 in favore del G..

3. Il Tribunale di Salerno, con sent. 2724/2014 del 27.05.2014, accogliendo l’appello proposto dalla Opel Della Porta s.r.l., riformava la sentenza impugnata, rigettava la domanda del G. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, lo condannava al pagamento in favore della concessionaria della somma parti ad Euro 500,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dell’evento al soddisfo.

4. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso G.A. sulla base di tre motivi.

3.1 La Opel Della Porte s.r.l. in liquidazione è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 152 c.p.c., comma 2, perchè il giudice d’appello avrebbe omesso di inserire in sentenza l’indicazione della parte appellata e del suo difensore, requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 La mancata indicazione espressa della parte nella sentenza – non prescritta a pena di nullità dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 2 – non ne determina la nullità per inidoneità al raggiungimento dello scopo ove l’atto abbia indicato un provvedimento intervenuto nel corso del processo, il cui contenuto consenta di individuare per relationem la parte non indicata nella sentenza stessa, dovendosi ritenere, in applicazione dei principi di cui all’art. 156 c.p.c., commi 2 e 3, che quest’ultima, pur carente di un requisito formale, sia idonea ad assicurare il soddisfacimento dello scopo a cui è preposta l’indicazione delle parti (Cassazione civile sez. lav., 11/11/2011, n. 23670).

1.3 Nella specie, deve escludersi che l’omessa indicazione, nell’intestazione della sentenza, del nominativo del G., possa essere causa di nullità, atteso che sia lo svolgimento del processo che la motivazione consentono di individuare le parti del giudizio e la vicenda processuale.

2. Con il secondo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e la violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, art. 2697 c.c. e dell’art. 75c.p.c., comma 3, artt. 77, 83 e 163 c.p.c., non avendo il D.P. fornito, in primo grado, la prova del potere di rappresentanza della società, limitandosi a produrre, nel corso del giudizio di appello, il certificato camerale, pur non essendo ammessa la produzione di nuovi documenti in grado di appello.

2.1 Il motivo non è fondato.

2.2 Ha affermato questa Corte, con orientamento consolidato al quale il collegio intende dare continuità, che, in tema di legittimazione processuale, il conferimento di procura speciale al rappresentante volontario, attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, può essere provato mediante documenti che dimostrino la sussistenza del potere di rappresentanza sostanziale, in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato interno sulla questione (Cassazione civile sez. trib., 28/02/2019, n. 5925; Cass. Civ., n. 24212 del 2018; Cass. Civ., n. 16274 del 2015).

2.3 Nella specie, la prova relativa alla sussistenza dei poteri rappresentativi del La Porta è stata fornita in grado d’appello, attraverso la produzione della visura camerale della società.

2.4 Non sussiste altresì il vizio motivazionale, configurabile non per violazioni di carattere processuali, ma in relazione all’omesso esame di fatti storici decisivi per il giudizio.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito (Cassazione civile sez. VI, 14/03/2018, n. 6174, Cassazione civile sez. II, 25/01/2018, n. 1876).

3. Con il terzo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonchè la violazione degli artt. 113,114,115 e 116 c.p.c., per avere il giudice d’appello fondato la decisione su documenti prodotti in copia che sarebbero stati disconosciuti perchè non conformi all’originale. Il ricorrente sostiene, inoltre, che il giudice di appello avrebbe violato i principi informatori dell’ordinamento giuridico e delle norme processuali, essendo pervenuto ad un’arbitraria ed erronea interpretazione delle risultanze probatorie, adducendo una motivazione inesistente ovvero apparente.

3.1 D motivo non è fondato.

3.2 Questa corte ha chiarito che, da un lato, tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, quanto a quella di disconoscimento della autenticità di scrittura o di sottoscrizione, è applicabile la disciplina degli artt. 214 e 215 c.p.c..

Ha, inoltre, affermato che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale. In applicazione del principio, è stato ritenuto inefficace il disconoscimento della conformità all’originale della copia fotostatica della notificazione in forma esecutiva della sentenza impugnata operato attraverso la mera contestazione della “conformità della fotocopia prodotta all’originale” (Cassazione civile sez. II, 30/10/2018, n. 27633).

3.3 Nella specie, lo stesso ricorrente afferma di ave genericamente contestato la conformità delle fotocopie agli originali, mentre il disconoscimento doveva essere specifico.

3.4 L’assenza di motivazione sul disconoscimento della conformità delle fotocopie agli originali va equiparato ad un rigetto esplicito sull’eccezione relativa all’efficacia probatorio della documentazione prodotta, attinente a questione di natura processuale e non censurabile, come sopra evidenziato, attraverso la deduzione del vizio motivazionale.

3.5 Non sono, altresì, fondate le doglianze relative alla valutazione delle prove, che mirano surrettiziamente a sollecitare un diverso apprezzamento del fatto, in contrasto con i limiti al sindacato del giudizio di legittimità (Cass. n. 11892/2016; Cass. S.U. n. 6598/2016).

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Non deve provvedersi sulle spese, non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 24 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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