Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33149 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 20/03/2018, dep. 21/12/2018), n.33149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6667-2017 proposto da:

S.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACQUA

DONZELLA 27, presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SAN LUCA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 24, presso lo

studio dell’avvocato AURELIO GENTILI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1625/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/03/2018 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI

ALESSANDRO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/3/2016 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame interposto dalla società San Luca s.r.l. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Roma n. 2335/09, ha accolto la domanda dalla medesima in origine monitoriamente azionata nei confronti della sig.ra S.S. di pagamento di somma a titolo di iscrizione e retta di frequenza del figlio A. presso l’Istituto (OMISSIS) ritenuta dovuta per l’intero anno scolastico 2004 – 2005, nonostante il “ritiro” e la mancata frequenza del corso da parte del medesimo.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la S. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso la società San Luca s.r.l. in liquidazione, che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la ricorrente denunzia “violazione o falsa applicazione” dell’art. 1469 bis c.p.c., artt. 1341,2219,2237,2697 c.c., art. 33 cod. cons., artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia “omesso di valutare” il fatto che la clausola contenuta nel contratto da essa sottoscritto al momento della iscrizione del figlio presso l’Istituto resistente “escluda la possibilità -invero prevista anche nell’art. 2119 c.c.- di una “giusta causa” di recesso/ritiro dal corso” sanzionando “indiscriminatamente il recesso dell’allievo, sia o non sia” quest’ultimo “assistito da un giustificato motivo”.

Il ricorso è inammissibile.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, il ricorso per cassazione richiede, da un lato, per ogni motivo di ricorso, l’indicazione della relativa rubrica, con la puntuale indicazione delle ragioni -tra quelle espressamente previste dall’art. 360 c.p.c. – per cui è proposto; dall’altro, ne esige l’illustrazione, con l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della censura mossa alla decisione assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (cfr., da ultimo, Cass., 2/4/2014, n. 7692).

Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza di legittimità che i motivi posti a fondamento dell’invocata cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri della specificità, della completezza e della riferibilità alla decisione stessa, con -fra l’altro- l’esposizione di argomentazioni intellegibili ed esaurienti ad illustrazione delle dedotte violazioni di norme o di principi di diritto, essendo inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo e sotto quale profilo abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume essere incorsa la pronunzia di merito (cfr., da ultimo, Cass., 2/4/2014, n. 7692).

Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve necessariamente costituire una premessa a sè stante ed autonoma rispetto ai motivi di impugnazione, per soddisfare la prescrizione all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è tuttavia indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a quo (v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).

Orbene, va osservato che la corte di merito ha nell’impugnata sentenza escluso che “l’esercitato recesso” esoneri l’odierna ricorrente “dall’obbligo di pagamento dell’iscrizione e dell’intera retta scolastica” giacchè “nella specie la clausola del regolamento contrattuale, che prevede l’obbligo di pagare l’intera retta anche in caso di abbandono anticipato dal corso, non può considerarsi vessatoria” nè alla stregua di una valutazione attinente un eventuale “abuso da parte del predisponente” professionista “nei confronti del consumatore”, nè con riferimento alle prescrizioni contenute nell’art. 1469 ter c.c..

Tale accertamento non risulta idoneamente censurato dall’odierna ricorrente nel formulare la doglianza secondo la quale, il fatto che la clausola contrattuale “escluda la possibilità… di una “giusta causa” di recesso/ritiro dal corso” metta il consumatore in una condizione di grave e significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” nonchè che “l’entità della somma dovuta dall’allievo nel caso di recesso -che viene sostanzialmente ad integrare una penale- ” non trovi riscontro “in analoga sanzione a carico del professionista”, non risultando invero indicati i termini della relativa decisività ai fini del pervenimento ad una decisione diversa da quella raggiunta dalla corte di merito.

Nello specifico, la ricorrente non indica invero le ragioni che in concreto hanno determinato il proprio recesso dal contratto con l’istituto scolastico, con la conseguenza che la “giusta causa”, sebbene dalla medesima più volte richiamata quale fattispecie astrattamente idonea a determinare il recesso dal contratto senza l’obbligo al pagamento dell’intera retta, non è mai stata da quest’ultima allegata e provata.

Emerge evidente, a tale stregua, l’inidoneità della formulata censura.

Le spese, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società San Luca s.r.l., seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 1.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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