Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33147 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 16/12/2019, (ud. 31/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3201/2014 proposto da:

T.R., B.V., S.C.F.,

G.M., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERIA’ 20, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRA GULLO,

rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE MAGARAGGIA, UMBERTO

MAGARAGGIA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4080/2012 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 11/02/2013 R.G.N. 672/2012.

Fatto

RILEVATO

Che:

con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto delle domande proposte dai ricorrenti meglio indicati in epigrafe, transitato il 1.7.2003 dall’Ente Nazionale Tabacchi ad altre varie Amministrazioni Pubbliche, volte al riconoscimento del diritto al mantenimento dell’elemento accessorio della retribuzione denominato “compenso per la produttività collettiva”;

avverso questa sentenza i ricorrenti hanno proposto impugnazione per cassazione affidata a due motivi, alla quale ha resistito con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. i ricorrenti addebitano alla Corte territoriale:

– ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti per non avere la Corte territoriale considerato che risultava pacifica la circostanza relativa all’avvenuta corresponsione del compenso di produttività collettiva sino al momento del transito al Ministero (primo motivo);

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 232 e 233, artt. 52-57 del CCNL Comparto Aziende Autonome del 5.4.1996 e degli artt. 60-65 del CCNL del 24.5.2000 per avere la Corte territoriale ritenuto che l’art. 3, commi 232 e 233, ricomprende nel trattamento accessorio soltanto le voci stipendiali che hanno carattere di fissità e di continuità; il ricorrente sostiene che gli accordi collettivi hanno inteso ancorare il compenso per la produttività collettiva, al pari del Premio Industriale, alla assiduità al lavoro che la contrattazione collettiva decentrata commisura al coefficiente di assenteismo e assume che la L. n. 537 del 1993, art. 3, comma 67, autenticamente interpretato dalla L. n. 226 del 2005, art. 1, non è applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio in quanto gli accordi nazionali collettivi hanno disciplinato le modalità di erogazione del compenso attribuendogli natura di voce retributiva ancorata alla quotidiana erogazione della forza lavoro (secondo motivo);

i motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati;

vanno qui riportate, perchè integralmente condivise, le argomentazioni con le quali analogo ricorso è stato già disatteso da questa Corte con ordinanza 5 luglio 2018, n. 17686;

in quella sede si disse e va qui ribadito, precisandosi che la numerazione dei singoli paragrafi motivazionali è quella propria della sentenza il cui contenuto viene qui riprodotto:

” 8. che questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui ai fini della quantificazione dell’assegno personale riassorbibile vanno ricompresi nel concetto di retribuzione lo stipendio tabellare e le voci di carattere fisso e continuativo, con esclusione dei soli emolumenti variabili e/o provvisori, sui quali, per il loro essenziale carattere di precarietà e accidentalità, il dipendente non abbia ragione di riporre affidamento quali fonti di stabile e duraturo sostentamento per i bisogni usuali della vita (Cass. n. 18196/2017, 5959/2012);

9. che le censure che addebitano alla sentenza violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 232 e 233, degli artt. 52 – 57 e degli artt. 60- 65 del CCNL del CCNL del 24.5.2000 del Comparto Aziende Autonome dello Stato (terzo motivo) sono infondate;

10. che la disposizione contenuta nella L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 232, laddove dispone che l’assegno personale, non pensionabile e non rivalutabile, spettante ai dipendenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato trasferiti nei ruoli del Ministero delle Finanze è pari “all’eventuale differenza tra il trattamento accessorio complessivo in godimento all’atto del passaggio ed il trattamento accessorio complessivo spettante nella nuova posizione” e che tale assegno è “conservato fino al riassorbimento a seguito di futuri aumenti delle predette quote di retribuzione accessoria” deve essere letta nella sua interezza;

11. che l’espressione “in godimento” non ha altro significato che quello di individuare i due trattamenti stipendiali da comparare, quello già acquisito (in godimento) dal pubblico dipendente presso l’Amministrazione di provenienza e quello che spetta secondo la disciplina propria dei rapporti di lavoro dell’ente di destinazione e non quello di ricomprendere nel trattamento già acquisito (“in godimento”) anche emolumenti percepiti al momento del passaggio alla nuova Amministrazione ma che abbiano carattere di precarietà e di accidentalità;

12. che la garanzia del mantenimento del trattamento economico acquisito presso l’ente di provenienza, riconosciuta dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 232, per essere finalizzata ad evitare che a causa del passaggio presso il Ministero il trattamento economico complessivo già acquisito subisca decrementi, non può operare con riguardo ad indennità ed emolumenti la cui corresponsione da parte della precedente datrice – di lavoro sia stata eventuale in quanto correlata al ricorrere di particolari condizioni e determinata in relazione a particolari parametri di computo, con conseguente irrilevanza della circostanza che tali emolumenti al momento del passaggio siano stati percepiti;

13. che le clausole negoziali della contrattazione collettiva del Comparto Aziende Autonome dello Stato succedutasi nel tempo (CCNL del 5.4.1996: art. 46 (lett. d) e art. 52; CCNL stesso comparto del 24.5.2000 art. 66, lett. a)), nel correlare il “compenso per la produttività collettiva” ai miglioramenti dell’efficacia ed efficienza dei servizi ed alla verifica del raggiungimento degli obiettivi, attestano in modo inconfutabile che detto compenso, pur previsto nell’ambito del trattamento economico accessorio, non ha carattere nè fisso nè continuativo ma, di contro, eventuale e subordinato al verificarsi di precise condizioni ed al rispetto dei parametri indicati dalla contrattazione collettiva;

14. che pertanto è corretta la statuizione impugnata che ha ritenuto che il compenso per la produttività collettiva ai sensi degli artt. 65 e 66 del CCNL 1998-2001 Comparto Aziende e Amministrazioni Autonome dello Stato, ricompreso nell’ambito del trattamento economico accessorio, non avendo carattere fisso e continuativo in quanto correlato alla realizzazione degli obiettivi e dei programmi di incremento della produttività ed essendo erogabile all’esito della verifica del raggiungimento dei risultati, esula dalla previsione contenuta nella L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 232 e non è pertanto computabile ai fini dell’attribuzione dell’assegno “ad personam” e tanto a prescindere dalla circostanza che detto compenso sia stato di fatto erogato anche in assenza di tale verifica;

15. (….) il “decisum” della sentenza impugnata poggia sulla considerazione, corretta per quanto innanzi osservato, che il carattere fisso e continuativo del compenso, necessario per la determinazione dell’assegno “ad personam”, prescinde dalla sua effettiva erogazione sicchè altrettanto correttamente la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante che esso fosse stato corrisposto al momento del passaggio dell’odierno ricorrente dall’Azienda al Ministero;

16. che le argomentazioni spese con riguardo alla indennità premio industriale sono prive di pregio giuridico atteso che tale indennità trova una sua compiuta disciplina nell’art. 63, che conferma per il personale in servizio, la corresponsione del premio per l’incremento del rendimento industriale di cui all’art. 54, comma 4 e dell’indennità di funzione di cui all’art. 55, comma 4, istituisce il Fondo di cui all’art. 65, lett. 8).

17. che non vengono in rilievo i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 6106 del 2012, relativa a controversia avente ad oggetto la questione, diversa da quella dedotta nel presente giudizio, relativa al riassorbimento integrale operato dall’Agenzia delle Entrate dell'”assegno assorbibile” in godimento al personale transitato dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato con l’ammontare dell’indennità di agenzia di cui all’art. 87 CCNL 2002-2005, anzichè con quella sola parte di effettivo incremento di retribuzione accessoria di cui al comma 2, lett. b);

18. che nella richiamata sentenza le Sezioni Unite hanno precisato che il raffronto deve essere riferito al trattamento “complessivo” anteriore alla data del passaggio nella nuova posizione lavorativa e al trattamento “complessivo” successivo a tale data”.

3. per tutte le suddette ragioni il ricorso deve essere dunque rigettato, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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