Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33136 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 21/12/2018), n.33136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3267-2018 proposto da:

K.H., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGI MIGLIACCIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 840/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 12/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE

ANTONIO PIETRO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 12 giugno 2017, ha rigettato il gravame di K.H., cittadino del Gambia, avverso l’impugnata ordinanza che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale;

egli aveva narrato la seguente storia: nel suo Paese lavorava senza essere retribuito; il datore di lavoro lo aveva accusato della morte di un cavallo e lo aveva picchiato; una delle due mogli dello stesso lo aveva accompagnato in Senegal per curarsi ma, al rientro in Gambia, entrambi erano stati minacciati di morte; infine aveva raggiunto l’Italia; la Corte ha ritenuto che il racconto del richiedente asilo non fosse credibile, avendo offerto dinanzi alla Commissione territoriale e al giudice versioni discordanti della vicenda narrata, la quale era comunque strettamente privata e non inquadrata nella situazione generale del Paese; inoltre, sul fondo della domanda di protezione sussidiaria, ha tenuto conto della positiva evoluzione della situazione socio-politica e di sicurezza del Gambia; quanto alla protezione umanitaria, ha ritenuto che non emergessero profili di particolare vulnerabilità nè un significativo radicamento sul territorio nazionale; avverso questa sentenza egli ha proposto ricorso per cassazione, notificato al Ministero dell’interno, che non ha svolto difese;

il ricorrente ha presentato una memoria fuori termine di cui non si può tenere conto.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

il primo motivo censura la valutazione di non credibilità soggettiva del richiedente la protezione, dolendosi il ricorrente della mancata considerazione della situazione di schiavitù nel suo Paese: esso inammissibile, avendo ad oggetto incensurabili apprezzamenti di fatto del giudice di merito (cfr. SU 8053/2014), il quale ha valutato come non credibile e contraddittorio il suo racconto, oltre che riferibile a una situazione privata e non collegata al contesto sociopolitico del Paese, del quale ha evidenziato la positiva evoluzione dal punto di vista democratico e il superamento della crisi umanitaria esistente negli anni scorsi.

gli altri tre motivi, riguardanti la valutazione del danno grave e della vulnerabilità soggettiva, ai fini rispettivamente della protezione sussidiaria (con riferimento all’ipotesi di cui al D.Lgs. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e umanitaria, sono inammissibili perchè censurano impropriamente apprezzamenti di fatto, al di là di quanto consentito dal nuovo art. 360 c.p.c., n. 5 e, per altro verso, non censurano l’assorbente e decisiva valutazione riguardante la non credibilità soggettiva e inattendibilità della narrazione del richiedente asilo;

detta valutazione di non credibilità – in contraddizione con le informazioni acquisite sulle condizioni socio-politiche e di sicurezza del suo Paese (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) integra una autonoma e autosufficiente ratio decidendi della sentenza impugnata che, se non (o, come in questo caso, inammissibilmente) censurata, è destinata a consolidarsi e a precludere, in sede di impugnazione, lo scrutinio dei motivi inerenti i profili sostanziali della domanda di protezione, rendendola di per sè inaccoglibile, poichè non sussistono elementi sui quali concretamente basare una decisione in senso positivo (in termini Cass. n. 21668/2015);

questa Corte ha evidenziato che l’accertamento del giudice di merito deve avere innanzi tutto ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona, e qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere a un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 16925/2018);

si deve aggiungere che il suddetto principio è stato affermato nella poc’anzi menzionata decisione in relazione alla domanda di protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), quale è quella in esame;

è opportuno precisare comunque che la medesima decisione non ha escluso – nè ben vero esiste valida ragione per escludere – che lo stesso principio abbia a valere anche rispetto alla domanda proposta ai sensi dell’art. 14, lett. c), esattamente come sostenuto dall’indirizzo interpretativo all’inizio richiamato) (Cass. n. 21669/2015, ma anche implicitamente Cass. n. 23183/2015);

dovrebbe altrimenti ritenersi che quella statuizione sia sostanzialmente irrilevante ai fini della decisione, proprio perchè (in tesi) inidonea ad assurgere a ratio decidendi, mentre la valutazione della generale attendibilità del richiedente è prevista dalla legge (D.Lgs. cit., art. 3 ss., in particolare comma 5) come momento centrale per l’assolvimento dell’onere di “cooperazione” previsto a suo carico, sul quale soltanto è possibile innestare il dovere di cooperazione, non di sostituzione, istruttoria del giudice nell’accertamento dei fatti rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale;

la valutazione di coerenza, plausibilità e generale attendibilità della narrazione riguarda “tutti gli aspetti significativi della domanda” (art. 3, comma 1) e si riferisce, come risulta dal D.Lgs. cit., art. 3, commi 3, lett. b), e), d) e 4, a tutti i profili di danno grave considerati dalla legge come condizionanti il riconoscimento) della protezione sussidiaria (D.Lgs. cit., art. 14);

di conseguenza, il secondo, terzo e quarto motivo, riguardanti il fondo della domanda di protezione sussidiaria e umanitaria, cioè la valutazione del rischio di danno grave in caso di rimpatrio, e di vulnerabilità soggettiva, sono inammissibili per carenza di interesse, non potendo comunque condurre alla cassazione della sentenza impugnata, la quale rimarrebbe fondata sulla rilevata inattendibilità e non veridicità delle dichiarazioni;

è da aggiungere, con riguardo alla protezione umanitaria, che la sentenza impugnata, con apprezzamento di fatto incensurabile in questa sede, ha accertato l’insussistenza in concreto del requisito di vulnerabilità soggettiva del richiedente, già alla luce del quadro normativo posto a base della sentenza di questa Corte n. 4455/2018, in disparte l’incidenza del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, in corso di conversione;

non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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