Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33134 del 21/12/2018
Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 21/12/2018), n.33134
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1873-2018 proposto da:
A.W., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato ANTONIO FRATERNALE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1422/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 26/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LAMORGESE
ANTONIO PIETRO.
Fatto
RILEVATO
CHE:
la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 26 settembre 2017, ha rigettato il gravame di A.W. avverso l’impugnata ordinanza che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale;
egli aveva riferito di essere cittadino della Nigeria, dove faceva il poliziotto, di avere un giorno appreso di essere stato assegnato ad un turno speciale nel Borno State, nella provincia di Maidugur, e, temendo di dover combattere contro Boko Haram e di perdere la vita, di avere lasciato il Paese per il timore di essere condannato a morte, avendo disobbedito agli ordini di un superiore;
la Corte non ha riconosciuto lo status di rifugiato politico e la protezione sussidiaria, non trovando il suo timore (di subire atti persecutori o danno grave) riscontro alla luce delle informazioni acquisite sulla Nigeria, dove la sua zona di provenienza non era interessata da conflitti armati o violenza indiscriminata e tenuto conto che per i disertori non era prevista la pena di morte ma la reclusione fino a due anni, nè ricorrevano situazioni specifiche di vulnerabilità ai fini della protezione umanitaria;
avverso questa sentenza il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione, notificato al Ministero dell’interno che non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7, comma 2, lett. e), ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, per non avere valutato le conseguenze del suo rifiuto di prestare il servizio militare, in una situazione di conflitto armato, quale egli assume che fosse quella tra le forze governative e i ribelli di Boko Haram, per il rischio di essere condannato alla pena dell’ergastolo prevista per la diserzione, mentre la sentenza impugnata aveva considerato la pena più mite prevista per l’istigazione alla diserzione;
il ricorso è inammissibile: esso, da un lato, si risolve nella contrapposizione di una diversa interpretazione delle risultanze istruttorie a quella operata dalla Corte di merito con apprezzamento di fatto censurabile solo nel caso – qui non ipotizzabile – di motivazione al di sotto del minimo costituzionale, a norma del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, con riguardo alle condizioni di sicurezza esistenti nella zona di provenienza del richiedente asilo; dall’altro, è privo di specificità per quanto concerne l’accertamento del reato e della pena prevista nell’ordinamento nigeriano, che implica una quaestio facti estranea all’orbita del giudizio di cassazione;
non si deve provvedere sulle spese, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.
P.Q.M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018