Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3313 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 03/02/2022, (ud. 06/07/2021, dep. 03/02/2022), n.3313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15544/2015 R.G. proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Tariddi,

elettivamente domiciliato in Roma alla via G. Ramusio n. 6, presso

l’avv. Alfonso Tinari;

– ricorrente –

CONTRO

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1332/07/14 della Commissione tributaria

regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, pronunciata in

data 20 ottobre 2014, depositata in data 2 dicembre 2014 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 luglio 2021

dal consigliere Andreina Giudicepietro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

D.M. ricorre con due motivi avverso l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 1332/07/14 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, pronunciata in data 20 ottobre 2014, depositata in data 2 dicembre 2014 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’ufficio, in controversia concernente l’impugnativa dell’avviso di accertamento sintetico del reddito del contribuente per l’anno di imposta 2008;

con la sentenza impugnata la C.t.r., rilevata l’infondatezza dell’eccezione dell’appellato relativa all’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, riteneva che la C.t.p. di Chieti fosse incorsa in errore nel ritenere che l’immobile, adibito a residenza principale del contribuente, non potesse essere assunto ad indice di capacità reddituale, in quanto donato dal padre al contribuente quando era allo stato grezzo;

secondo i giudici di appello, la C.t.p. aveva omesso di considerare che l’immobile era stato sottoposto a lavori di completamento che comprovavano una capacità reddituale superiore a quella dichiarata, in mancanza di dimostrazione della circostanza che tali lavori fossero stati eseguiti in economia a spese del donante;

quanto alle autovetture, la C.t.r. rilevava che il giudice di prime cure non aveva tenuto conto che l’ufficio, nel rideterminare il reddito, aveva considerato l’importo delle rate di finanziamento pagate nell’anno 2008 e delle spese gestionali relative al veicolo;

il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 6 luglio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e dell’art. 380 bis 1, c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, dell’art. 342 c.p.c., degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4;

secondo il ricorrente, l’appello dell’amministrazione finanziaria era un’inammissibile integrale riproposizione delle controdeduzioni depositate nel primo grado di giudizio, senza alcuna critica alla sentenza di primo grado;

il giudice di appello, quindi, avrebbe dovuto dichiararne l’inammissibilità;

con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, commi 4 e 5, dei D.M. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., degli artt. 112,113,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4;

secondo il ricorrente, l’appello dell’ufficio ribadiva la legittimità della pretesa tributaria e la C.t.r., nell’accoglierlo, avrebbe violato il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, senza tener conto delle prove offerte dalle parti e, comunque, in violazione delle norme sulle presunzioni e la ripartizione dell’onere probatorio;

in particolare, il contribuente deduce che l’accertamento si basava sul presupposto dell’acquisto in contanti dell’autovettura, invece, acquistata a rate con un finanziamento;

inoltre l’amministrazione, nella determinazione sintetica del reddito, non avrebbe considerato le spese di completamento dell’immobile, valutate, invece, nella sentenza impugnata;

i motivi sono inammissibili perché difettano di autosufficienza;

in particolare, il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto non chiarisce quali siano i motivi di appello, di cui si denunzia la mancanza di specificità;

in ogni caso, questa Corte ha avuto modo di evidenziare che “nel processo tributario, stante il carattere devolutivo pieno dell’appello volto ad ottenere il riesame della causa nel merito, l’onere di impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non impone all’appellante di porre nuovi argomenti giuridici a sostegno dell’impugnazione rispetto a quelli già respinti dal giudice di primo grado, specie ove le questioni che formano oggetto del giudizio siano di mero diritto” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32838 del 19/12/2018);

inoltre si è anche detto che la riproposizione, a supporto dell’appello, delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 32954 del 20/12/2018, secondo cui è necessario che il dissenso investa la decisione nella sua interezza e che, comunque, le ragioni di censura siano ricavabiii, seppur per implicito, in termini inequivoci dall’atto di gravame interpretato nel suo complesso);

dunque, alla luce di tale costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, non vi sarebbe in linea di principio l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi nel caso di mera riproposizione delle doglianze già avanzate in primo grado, purché sia univoca la contestazione della ratio decidendi adottata dal giudice di prime cure;

il secondo motivo è anch’esso inammissibile, in quanto enuncia una serie di doglianze, senza illustrare gli elementi su cui esse si fonderebbero;

in particolare, non è dato comprendere in cosa sia consistita l’ultrapetizione dei giudici di appello, non essendo riportati i motivi del gravame dell’ufficio, né il contenuto dell’avviso di accertamento, ai fini della verifica di quali fossero gli elementi fondanti la pretesa tributaria;

inoltre, il ricorrente sostiene che i giudici di appello abbiano confermato la legittimità della pretesa impositiva, senza considerare che l’avviso di accertamento aveva assunto quali indici di capacità contributiva l’acquisto dell’autovettura in contanti e quello dell’immobile e non il finanziamento, né la donazione paterna;

il giudice di appello, invece, con accertamento in fatto, che non risulta impugnato, ha dato atto che l’avviso di accertamento sintetico del reddito aveva assunto quali indici di capacità contributiva le rate del finanziamento e le spese gestionali dell’autovettura sostenute nell’anno in contestazione, nonché le spese per il completamento dell’immobile, pervenuto al contribuente per donazione paterna;

infine, il ricorrente non sviluppa alcuna argomentazione in ordine alle doglianze relative alla violazione delle norme in tema di prova, che risultano del tutto generiche; pertanto, il ricorso va complessivamente dichiarato inammissibile;

nulla deve disporsi in ordine alle spese, poiché l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

 

 

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