Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33121 del 21/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 21/12/2018, (ud. 06/11/2018, dep. 21/12/2018), n.33121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15102-2017 proposto da:

DEUTSCHE BANK SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IN ARCIONE 71, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.M., T.D.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA VINCENZO TANGORRA 12, presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO CATRICALA’, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

contro

B.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2949/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/11/2018 dal Consigliere Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Deutsche Bank S.p.A. propone ricorso per cassazione per due mezzi illustrato da memoria nei confronti di B.M., B.F. e T.d.M.B. contro la sentenza dell’11 maggio 2016 resa tra le parti dalla Corte d’appello di Roma che, pronunciando in parziale riforma della decisione del locale Tribunale, ha condannato la banca, nella sua veste di intermediario finanziario, al pagamento, in favore delle controparti, della somma di Euro 61.094,17, con accessori e spese, a titolo di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale cagionato in occasione della stipulazione di otto contratti di acquisto sottoscritti dal 7 luglio 1998 al 28 maggio 2001 aventi ad oggetto obbligazioni Argentina.

2. – B.F. e T.d.M.B. hanno resistito con controricorso, dando atto dell’intervenuto decesso del B.M..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia: “Violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21, commi 1, lett. a) e b) e 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Insussistenza del ritenuto inadempimento della banca per violazione degli obblighi informativi gravanti sugli intermediari finanziari nonchè insussistenza della ritenuta inadeguatezza delle operazioni”.

Il secondo motivo denuncia: “Violazione per erronea e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con riferimento al difetto di prova del nesso causale tra inadempimento e il danno-conseguenza. Violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1218,1223,1224 e 1225 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento al risarcimento del danno derivante dalla pretesa responsabilità apre contrattuale dell’odierna ricorrente”.

RITENUTO CHE:

4. – Il collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

Stabilisce l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che: “Il ricorso per cassazione deve contenere a pena di inammissibilità… 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”

Le Sezioni Unite hanno chiarito che il requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per essere assolto, postula che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur indicato nel ricorso, risulta prodotto, poichè indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, dire dove nel processo è rintracciabile. La causa di inammissibilità prevista dall’art. 366 c.p.c., n. 6, è direttamente ricollegata al contenuto del ricorso, come requisito che si deve esprimere in una indicazione contenutistica dello stesso. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento, in quanto quest’ultimo sia un atto prodotto in giudizio, postula che si individui dove è stato prodotto nelle fasi di merito e, quindi, anche in funzione di quanto dispone l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, prevedente un ulteriore requisito di procedibilità del ricorso, che esso sia prodotto in sede di legittimità (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 23 agosto 2011, n. 17602; Cass. 4 gennaio 2013, n. 124).

In proposito, le Sezioni Unite hanno tra l’altro affermato che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, la produzione può avvenire per il tramite della produzione di tale fascicolo, ferma restando la necessità di indicare nel ricorso la sede in cui esso ivi è rinvenibile e di indicare che il fascicolo è prodotto, occorrendo tali indicazioni perchè il requisito della indicazione specifica sia assolto.

Nel caso in esame la specifica indicazione è totalmente carente (e cioè non è dato sapere nè quando sia avvenuta la produzione, nè dove essi siano reperibili) sia con riguardo agli atti processuali, sia con riguardo ai documenti dei quali la ricorrente discorre nel corpo del proprio ricorso per cassazione: per un verso la citazione introduttiva del giudizio di primo grado, la relativa comparsa di costituzione e risposta, l’atto contenente la deduzione di prova testimoniale da parte della banca e la sentenza di primo grado, nonchè la citazione in appello e la relativa comparsa di costituzione e risposta, per altro verso gli otto contratti di acquisto di obbligazioni Argentina, il “Documento generale sui rischi negli investimenti finanziari” che si assume sottoscritto il 6 ottobre 1993, l’ulteriore documentazione comprovante la composizione del portafoglio titoli dei B. – T..

Ed invero, nel contesto del ricorso, laddove detti atti e documenti sono citati, nulla è detto in ordine alla loro produzione e reperibilità. D’altro canto, l’indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso non compare neppure a chiusura del medesimo, laddove si fa generico riferimento alla produzione dei “fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio e relativi documenti allegati” (così a pagina 39 del ricorso).

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore dei controricorrenti, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2018

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