Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33120 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2019, (ud. 01/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Enestino Lu – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filipp – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22603/2012 R.G. proposto da:

NEMETSCHEK ALLPLAN ITALIA SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.

CASTRIGNANO’ ANTONELLA e dall’Avv. GULLOTTA FABIO, elettivamente

domiciliato presso quest’ultimo in Roma, Via Ronciglione, 3;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Trento,

n. 7/01/12, depositata il 20 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1 ottobre

2019 dal Consigliere D’Aquino Filippo.

Fatto

RILEVATO

Che:

La contribuente ha impugnato due avvisi di accertamento relativi agli anni 2005 per IRES, IRAP e IVA e 2006 per IVA oltre accessori e sanzioni, con cui si recuperavano a tassazione costi non inerenti, consistenti in fatture ricevute per servizi di consulenze ricevuti dall’emittente Microcomputer SRL;

che la CTP di Trento ha rigettato la domanda del contribuente e la CTR di Trento, con sentenza in data 20 febbraio 2012, ha rigettato l’appello, ritenendo che:

– non possono considerarsi inerenti i costi per consulenza, stante la generica descrizione contenuta nelle fatture;

– i costi difettano del requisito di certezza ed oggettiva determinabilità di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109 (TUIR), stanti le modalità di calcolo delle prestazioni, valorizzandosi quanto accertato in sede amministrativa sulla base dei prospetti allegati alle fatture, dai quali risulta che i servizi sono stati calcolati in misura differente da quanto previsto in contratto;

– il ricorrente non ha provato che l’emittente abbia provveduto ad esporre i corrispettivi tra le componenti positive di reddito;

– la deduzione della violazione della disciplina antielusiva a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37-bis, oltre ad essere inammissibile in quanto nuova, è priva di rilevanza;

– la cessione del credito, già spettante a terzi, alla società Microcomputer SRL non può operare nella specie, si perchè si tratta di cessione avvenuta quando le prestazioni erano già in corso di esecuzione, sia in quanto l’atto di cessione del credito è documento privo di data certa inopponibile all’amministrazione finanziaria;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo e pluriarticolato motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 TUIR, D.P.R. n. 633 del 1973, art. 76 (norma da individuarsi nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 67), art. 1362 c.c. e ss., D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 21, D.P.R. n. 600 del 733, art. 7-bis, nelle varie parti in cui la sentenza impugnata ha escluso l’inerenza del costo per consulenze, per l’effetto ripreso a tassazione; deduce l’erroneità, al fine dell’esclusione della certezza e oggettiva determinabilità ex art. 109 TUIR, comma 1, del suddetto costo, avendo la sentenza impugnatq erroneamente inteso che il calcolo forfetario della consulenza con applicazione di percentuali crescenti in funzione del volume degli acquisti non fosse coerente con il contratto di consulenza, laddove il contratto riguarderebbe la corresponsione di un compenso variabile legato proprio ai risultati aziendali come risultanti in bilancio; deduce, ulteriormente, l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto generica la descrizione delle fatture al fine di escluderne l’inerenza, asserendo che tali fatture contengano tutti gli elementi richiesti dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21; deduce, ulteriormente, l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso che i corrispettivi dell’emittente non siano stati esposti tra le componenti positive di reddito, laddove detti costi si sarebbero potuti contestare ove ne fosse stata dedotta l’inesistenza; deduce, infine, la mancata applicazione della disciplina antielusiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis;

con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1406 e 1407 c.c., nella parte in cui la sentenza ha ritenuto inapplicabile la cessione del contratto essendo le prestazioni in corso di esecuzione al momento della cessione; evidenzia parte contribuente come il contrat, di consulenza non è un contratto ad esecuzione immediata ma un contratto di durata, in cui la cessione del contratto può operare in relazione alle prestazioni successive alla intervenuta cessione;

che il primo motivo è inammissibile, in quanto con il suddetto motivo si intende ottenere una diversa ricostruzione della situazione di fatto da parte della Corte di merito; il ricorrente non deduce, difatti, propriamente una questione interpretativa, bensì intende giungere alla revisione del ragionamento decisorio effettuato dal giudice del merito in ordine agli elementi di fatto in base ai quali è stato ritenuto non inerente nè certo nè determinabile il costo in virtù di diversi elementi di prova, peraltro analiticamente presi in esame dal giudice di appello; diversamente, al giudice di legittimità è consentito unicamente il controllo di logicità del giudizio del giudice di merito, non anche la revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto tale giudice a una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe, pur a fronte di un possibile diverso inquadramento degli elementi probatori valutati, in una nuova formulazione del giudizio di fatto (Cass., Sez. I, 5 agosto 2016, n. 16526);

che la sentenza, al contrario, afferma correttamente il principio secondo cui l’inerenza deve sussistere tra il fatto di gestione e l’attività svolta, assumendo la Corte del merito un concetto di inerenza non in termini di stretta causalità, ossia in termini di rapporto tra un costo e un determinato ricavo o con il reddito, nè in termini di utilità, bensì di correlazione tra la spesa e l’attività imprenditoriale in concreto esercitata; correlazione che non viene istituita in relazione a una precisa componente di reddito, bensì in relazione con l’attività imprenditoriale nel suo complesso, potenzialmente idonea a produrre utili (Cass., Sez. V, 21 novembre 2018, n. 30030; Cass., Sez. V, 11 agosto 2017, n. 20049; Sez. 5, Cass., Sez. V, 30 luglio 2007, n. 16826);

che questo nesso è stato escluso in virtù della genericità della descrizione delle fatture “senza alcun richiamo al contratto che costituiva la fonte di detta obbligazione e senza nessuna preci ione in ordine alla natura, qualità e quantità delle prestazioni erogate”, il cui accertamento in fatto non è stato censurato mediante uno specifico motivo attinente al vizio di motivazione; nè può essere ripercorso in questa sede il giudizio di insussistenza dell’inerenza in termini di violazione di legge, in quanto implicante una revisione del fatto processuale come accertato dalla Corte del merito;

che, parimenti, sono state esclusi in fatto i requisiti di certezza e determinabilità del costo, in virtù dell’analisi compiuta dalla Corte di merito dei prospetti allegati alle fatture, in base ai quali il giudice del merito ha escluso che la quota di compenso fosse stata calcolata sulla base di quanto previsto in contratto;

che, parimenti, costituisce revisione del ragionamento probatorio, inammissibile in questa sede, la circostanza secondo cui il soggetto che ha emesso le fatture avrebbe esposto i corrispettivi tra componenti positive di reddito, a fronte del contrario accertamento compiuto dal giudice del merito;

che, conseguentemente, prescindendosi da qualche incertezza qualificatoria, il giudizio di merito ha definitivamente accertato l’inesistenza di inerenza, certezza e determinabilità dei costi;

che, in termini analoghi, la deduzione secondo cui non sarebbe stata fatta applicazione della disciplina antielusiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37-bis è inammissibile, in quanto statuizione estranea alla ratio decidendi, essendo stata dichiarata assorbita dal mancato superamento del giudizio di inerenza;

che anche il secondo motivo è inammissibile, sia in quanto estraneo alla ratio decidendi – incentrata sulla assenza di inerenza – rispetto al quale l’accertamento della opponibilità della cessione del contratto non sortirebbe, in quanto tale, alcun effetto sull’accoglimento del ricorso, sia in quanto il ricorrente non ha censurato la statuizione secondo cui la cessione di credito sarebbe inopponibile all’amministrazione finanziaria in quanto priva di data certa;

che il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese del giudizio di legittimità regolate dal principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna NEMETSCHEK ALLPLAN ITALIA SRL al pagamento delle spese processuali in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, che liquida in complessivi Euro 4.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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