Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33113 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 16/12/2019), n.33113

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25959/2014 R.G. proposto da:

N.R., rappresentata e difesa dall’Avv. De Lorenzi

Maurizio, presso il quale è domiciliato in Roma via Pietro Aretino

n. 63, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 545/5/14, depositata il 17 marzo 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 luglio

2019 dal Consigliere Fuochi Tinarelli Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

Che:

N.R.S. impugnava la cartella di pagamento emessa, a seguito di controllo automatizzato, per complessivi Euro 5.095,82, per Iva, Irpef ed Irap, oltre contributi previdenziali, per l’anno d’imposta 2007, in relazione a tributi dichiarati e non versati.

Il contribuente deduceva di aver presentato la dichiarazione Mod. Unico 2008 per l’attività di lavoro autonomo in via meramente cautelativa ritenendo che i redditi derivassero, in realtà, da un rapporto di lavoro subordinato, per il cui riconoscimento aveva anche avviato un giudizio innanzi al giudice del lavoro.

L’impugnazione, accolta dalla CTP di Lucca, era rigettata dal giudice d’appello.

Il contribuente propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis, in relazione agli artt. 53 e 97 Cost..

1.1. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, falsa applicazione D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, in relazione agli artt. 53 e 97 Cost..

2. I motivi vanno esaminati unitariamente per connessione logica: il contribuente si duole, in sostanza, che la CTR abbia escluso l’emendabilità della dichiarazione pur qualificandola come dichiarazione di scienza, in sè sempre suscettibile di correzione.

Rileva, in particolare, che la presentazione della dichiarazione, con cui i redditi erano stati qualificati come percepiti da lavoro autonomo e non, invece, come da lavoro dipendente, era avvenuta in via cautelativa e che l’omesso versamento era giustificato dal convincimento – confermato poi in sede giudiziale – che il rapporto fosse di natura subordinata, da cui la correzione della dichiarazione stessa per l’insussistenza dei presupposti impositivi.

3. I motivi sono infondati.

La giurisprudenza di questa Corte, invero, ha precisato (Sez. U, n. 13378 del 30/06/2016) che il principio di generale emendabilità della dichiarazione comporta che il contribuente, anche in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione ovvero di dichiarazione integrativa proposta oltre i termini di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis, “in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sul’obbligazione tributaria”.

La successiva giurisprudenza si è poi venuta consolidando nel senso che il suddetto principio è riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, esso non opera salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. (Cass. n. 5105 del 21/02/2019; Cass. n. 30404 del 23/11/2018; Cass. n. 10029 del 24/04/2018; Cass. n. 610 del 12/01/2018; Cass. n. 30172 del 15/12/2017).

3.1. Orbene, nella vicenda in esame l’asserita erroneità investe la stessa qualificazione del rapporto da cui è conseguentemente derivata la scelta della tipologia di dichiarazione.

Si tratta, peraltro, di una scelta che è direttamente riferibile alla volontà del contribuente, il quale, del resto, afferma esplicitamente di aver scelto “in via cautelativa” di presentare la suddetta dichiarazione pur seriamente dubitando (tanto da instaurare un contenzioso innanzi al giudice del lavoro) di condividere una simile qualificazione del rapporto.

In altri termini, nella stessa prospettiva del contribuente veniva in rilievo l’alternativa tra le due qualificazioni del rapporto, da cui la scelta, autonomamente operata, di dichiarare i redditi percepiti come di lavoro autonomo invece che da lavoro subordinato e, dunque, di presentare la dichiarazione effettivamente presentata.

3.2. Ne deriva che incombeva sul contribuente provare il carattere essenziale e l’obbiettiva riconoscibilità dell’errore da parte dell’Amministrazione, onere che, come affermato dalla CTR, non è stato invece soddisfatto (“all’epoca della dichiarazione, così come a quella dell’atto di liquidazione e del successivo ricorso nè il contribuente aveva presentato una dichiarazione integrativa, nè si era verificato alcun fatto esterno che consentisse di ritenere errato il contenuto della dichiarazione”).

Merita di essere sottolineato, del resto, che, come risulta dalla sentenza, ribadito dal controricorrente e, comunque, non contestato dallo stesso ricorrente, nella medesima annualità il contribuente svolgeva anche altra attività di lavoro autonomo (sia pure per un importo modesto), circostanza che, anche con riferimento al complessivo contenuto della dichiarazione resa, osta a ritenere obbiettiva, ex se, la riconoscibilità dell’errore.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, attesa la particolarità della questione e il compiuto consolidamento degli orientamenti della Corte in epoca successiva alla proposizione del ricorso, vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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