Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3311 del 19/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3311 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso 27975-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso L’AREA
LEGALE TERRITORIALE CENTRO POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA MARIA
2015

ROSARIA URSINO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

4913

contro

FANTOZZI

RICCARDO,

rappresentato

e

difeso

dall’Avvocato BUJANI LISABETTA, domiciliato in ROMA,

Data pubblicazione: 19/02/2016

PIAllA CAVOUR presso la cancelleria Corte di
Cassazione, giusta procura notarile in atti;

avverso la sentenza n.
D’APPELLO di FIRENZE,

resistente con procura

1448/2010 della CORTE
depositata il 17/11/2010

R.G.N.235/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato DE ROSA DORA per delega orale
Avvocato URSINO ANNA MARIA ROSARIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

_

R.G. n. 27975/2011

Svolgimento del processo

1.

Il Tribunale di Pistoia rigettava il ricorso proposto da Poste Italiane Spa

nei confronti di Riccardo Fantozzi volto a sentir accertare la responsabilità del
dipendente nella causazione di un ammanco di cassa con condanna del medesimo
al risarcimento del danno.
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 28 giugno 2011, ha respinto

dell’istruttoria espletata, aveva ritenuto mancante la prova dell’ammanco di
cassa.

2.— Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso
per cassazione con un motivo. Non ha svolto attività difensiva l’intimato che ha
solo depositato una procura speciale e non ha partecipato all’udienza pubblica.

Motivi della decisione

3.—

Con l’unico mezzo di impugnazione la società denuncia omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo per il giudizio, ai
sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., sostenendo che gli istruttori Lucherini
Oleana e Nenciolini Daniela , “sentiti nel corso del giudizio di primo grado in sede
testimoniale, confermavano appieno gli accertamenti effettuati e le conclusioni
emerse attestanti la deficienza di cassa”; definisce come “frutto di uno sbrigativo
passaggio motivazionale … l’affermazione della ritenuta inconferenza del richiamo
fatto da Poste a situazioni analoghe a quelle oggetto di causa che hanno visto
protagonista l’odierno controricorrente”.

4.— La censura non può trovare accoglimento.
Per consolidato orientamento di questa Corte il difetto di motivazione è
configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come
risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi
che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile
l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento
logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento,
ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni
della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi
delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di
revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa

i

l’impugnazione della società, concordando con il primo giudice che, sulla base

R.G. n. 27975/2011

all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura
ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013).
Invero il motivo di ricorso ex art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., non conferisce alla
Corte di cassazione il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda
processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di controllare, sul piano della
coerenza logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del

scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, dando così liberamente prevalenza
all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti
dalla legge (tra numerose altre: Cass. SS.UU. n. 5802 del 1998 nonché Cass. n.
1892 del 2002, n. 15355 del 2004, n. 1014 del 2006; n. 18119 del 2008).
In ogni caso, per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di
merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in
esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle
parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento,
dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni
logicamente incompatibili con esse (tra le tante: Cass. n. 2272 del 2007, n.
14084 del 2007, n. 3668 del 2013).
Inoltre con la riforma del giudizio di cassazione operata con il d. Igs. n. 40 del
2006, che ha sostituito il concetto di “punto decisivo della controversia” con
quello di “fatto controverso e decisivo” il legislatore ha rafforzato l’argine per
evitare che il giudizio di cassazione, che è giudizio di legittimità, venga
impropriamente trasformato in un terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 18368 del
2013).
Prendendo atto di tale volontà legislativa questa S.C. ha sovente applicato il
seguente principio di diritto: “Il motivo di ricorso con il quale – ai sensi dell’art.
360, n. 5, c.p.c. così come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40
– si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve
specificamente indicare il ‘fatto’ controverso o decisivo in relazione al quale la
motivazione si assume carente, dovendosi intendere per ‘fatto’ non una
‘questione’ o un ‘punto’ della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un
fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo,
impeditivo o estintivo) od anche, secondo parte della dottrina e giurisprudenza,
un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto
principale), purché controverso e decisivo” (cfr. Cass. n. 2805 del 2011; Cass. n.
16655 del 2011; Cass. n. 13457 del 2012; Cass. n. 12990 del 2009).

2

proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonché

R.G. n. 27975/2011

Sulla nozione di “decisività”, poi, la S.C. ha avuto da tempo modo di
affermare che essa “sotto un primo aspetto si correla al fatto sulla cui
ricostruzione il vizio di motivazione avrebbe inciso ed implica che il vizio deve
avere inciso sulla ricostruzione di un fatto che ha determinato il giudice
all’individuazione della disciplina giuridica applicabile alla fattispecie oggetto del
giudizio di merito e, quindi, di un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo od
estintivo del diritto. Sotto un secondo aspetto, la nozione di decisività concerne

del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione
e, dunque, inerisce al nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la
decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto
esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una
ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la
sola possibilità o probabilità di essa. Infatti, se il vizio di motivazione per omessa
considerazione di punto decisivo fosse configurabile sol per il fatto che la
circostanza di cui il giudice del merito ha omesso la considerazione, ove
esaminata, avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione del fatto
diversa da quella adottata dal giudice del merito, oppure se il vizio di motivazione
per insufficienza o contraddittorietà fosse configurabile sol perché su uno
specifico fatto appaia esistente una motivazione logicamente insufficiente o
contraddittoria, senza che rilevi se la decisione possa reggersi, in base al suo
residuo argomentare, il ricorso per cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 si
risolverebbe nell’investire la Corte di cassazione del controllo sic et simpliciter
dell’iter logico della motivazione, del tutto svincolato dalla funzionalità rispetto ad
un esito della ricostruzione del fatto idoneo a dare luogo ad una soluzione della
controversia diversa da quella avutasi nella fase di merito” (in termini, tra le
altre, Cass. n. 22979 del 2004; Cass. n. 6540 del 2005; Cass. n. 20636 del
2006; Cass. n. 3668 del 2013; Cass. n. 20612 del 2013).
Alla stregua dei consolidati e condivisi principi esposti il ricorso non merita
accoglimento.
Infatti parte ricorrente non individua fatti controversi e decisivi che sarebbero
stati trascurati dalla Corte territoriale, in rapporto di causalità tale con la
soluzione giuridica della controversia da far ritenere, con giudizio di certezza e
non di mera probabilità, che la loro corretta considerazione avrebbe comportato
una decisione diversa.
Piuttosto si limita a dolersi della motivazione offerta dalla sentenza
impugnata, offrendo solo una diversa lettura della vicenda storica.

\cA

3

non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità

R.G. n. 27975/2011

Tuttavia le fonti probatorie in controversia erano liberamente apprezzabili
dalla Corte territoriale, con conseguente applicabilità del consolidato principio
secondo cui l’esame delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio
sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la
scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a
sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice
del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di

ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo
elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (tra le molte: Cass. n. 17097
del 2010, n. 27464 del 2006, n. 1554 del 2004, n. 11933 del 2003, n. 13910 del
2001).
In definitiva la ricorrente, lungi dal denunciare una totale obliterazione difatti
decisivi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero una manifesta
illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso
comune od ancora un difetto di coerenza tra le ragioni esposte per assoluta
incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, si
limita a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal
giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte.
Tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione
degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale
convincimento rilevanti ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c..
Sicché il motivo in esame si traduce nell’invocata revisione delle valutazioni
espresse dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto,
non concessa perché estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di
legittimità.

5.— Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 15 dicembre 2015
Il consrciliere est.

Il Presi nte

prova, con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le

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