Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3311 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 3311 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 11069-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e
difesa dallavvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

2017
3644

NAPOLI CARLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO
NATALE EDOARDO GALLEANO, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;

Data pubblicazione: 12/02/2018

- controricorrente nonchè contro

ALABISO MICHELANGELO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 354/2012 della CORTE D’APPELLO

di PALERMO, depositata il 24/04/2012 r.g.n. 179/2011.

RG 11069/2013
RILEVATO
che con sentenza in data 24 aprile 2012, la Corte d’appello di Palermo condannava
Poste Italiane s.p.a. al pagamento, in favore di Michelangelo Alabiso e Carlo Napoli a
titolo risarcitorio, per ognuno di un’indennità pari a quattro mensilità di retribuzione e

il risarcimento del danno), oltre accessori: così parzialmente riformando detta
sentenza, che aveva accertato la nullità del termine apposto ai contratti stipulati dalla
società datrice, per ragioni sostitutive ai sensi dell’art. 1 d.Ig. 368/2001, con i due
lavoratori suindicati per lo stesso periodo dal 2 aprile al 31 maggio 2004 presso gli
uffici di recapito di Palermo Sperone (Alabiso) e Giulio Cesare (Napoli), la conversione
del rapporto di lavoro subordinato da tempo determinato a indeterminato e
condannato la medesima società al ripristino del rapporto e al pagamento, in favore di
ciascuno a titolo risarcitorio, delle retribuzioni maturate dal 7 giugno 2004;

che avverso tale sentenza Poste Italiane s.p.a. proponeva, con atto notificato il 22 e
23 aprile 2013, ricorso per cassazione con due motivi, cui resisteva Carlo Napoli con
controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 380

bis 1

c.p.c.; non svolgeva invece difese Michelangelo Alabiso, pure intimato;

CONSIDERATO
che la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1, secondo comma,
11 d.Ig. 368/2001, 12 disp. prel. c.c., 1362, 1363 c.c., per erronea assunzione di
genericità della ragione sostitutiva, in difetto dell’indicazione nominativa del lavoratore
sostituito per assenza e della relativa causale, oltre che di idonei elementi di
collegamento specificativo con l’ambito territoriale di assegnazione (primo motivo);
violazione e falsa applicazione degli artt. 5 d.Ig. 368/2001, 12 disp. prel. c.c., 1362 ss.
e 1419 c.c., per erronea applicazione della conversione del rapporto di lavoro
subordinato da tempo determinato (per nullità del termine) a indeterminato, non
prevista dal regime normativo vigente ratione temporis (se non nelle ipotesi stabilite
dall’art. 5, secondo e terzo comma d.Ig. 368/2001) e pertanto in deroga del principio
generale in materia di nullità parziale (secondo motivo);

delle retribuzioni maturate dalla sentenza di primo grado (alla cui data aveva liquidato

RG 11069/2013
che ritiene il collegio che il primo motivo sia fondato;
che, infatti, questa Corte reputa, per indirizzo consolidato meritevole di continuità, la

sufficiente specificazione dell’esigenza sostitutiva, nelle situazioni aziendali complesse
in cui la sostituzione non sia riferita ad una singola persona, ma ad una funzione

(quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le
mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto
di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire,
ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la
verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (Cass.
7 gennaio 2016, n. 113; Cass. 26 novembre 2015, n. 24196; Cass. 12 gennaio 2015,
n. 208; Cass. 1 dicembre 2014, n. 25384; Cass. 26 gennaio 2010, n. 1577);
che ciò comporta la conseguente legittimità dell’apposizione del termine nel caso in

cui risultino i suddetti elementi individuanti, in base alle indicazioni contenute nei
contratti individuali di lavoro (come in particolare allegate all’ultimo capoverso di pg.
11 del ricorso), alla luce dei suenunciati principi di diritto invece disattesi dalla Corte
territoriale (per le ragioni esposte dal secondo capoverso di pg. 3 all’ultimo di pg. 5
della sentenza);
che pertanto l’esame del secondo motivo è assorbito;
che il ricorso deve allora essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e

rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in
diversa composizione;

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle
spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Palermo in diversa
composizione.
Così deciso nella Adunanza camerale del 26 settembre 2017

produttiva specifica occasionalmente scoperta, dell’indicazione di elementi ulteriori

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