Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3311 del 05/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/02/2019, (ud. 21/11/2018, dep. 05/02/2019), n.3311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22241-2013 proposto da:

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati GIANDOMENICO

CATALANO, LORELLA FRASCONA’ che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

SERVOLA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEULADA 52, presso lo studio

dell’avvocato ANGELO SCARPA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAURIZIO CONSOLI;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA NOMOS S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 235/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 23/07/2013 R.G.N. 258/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/11/2018 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per accoglimento del ricorso INAIL;

udito l’Avvocato GIANDOMENICO CATALANO;

udito l’Avvocato MAURIZIO CONSOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di accoglimento dell’opposizione proposta dalla soc Servola avverso la cartella notificata su istanza dell’Inail per un ammontare di Euro 537.926,33 per premi corrisposti in misura inferiore ed accessori a seguito di riclassificazione dell’attività svolta dalla società.

La Corte territoriale ha esposto che la società svolgeva presso lo stabilimento di Trieste la produzione di ghisa e derivati dell’ acciaio e quella di produzione di carbon coke e che la maggior parte del coke veniva destinato all’altoforno e per 1/3 commercializzato e ceduto terzi.

Secondo la Corte le due linee di produzione – ghisa e derivati dell’acciaio da un lato e carbone coke dall’altro – erano tra loro autonome e separatamente organizzate e le attività propedeutiche iniziali e finali quali lo scarico, la movimentazione e stoccaggio del carbone vi sarebbero stati anche se l’approvvigionamento di carbone fosse fatto all’esterno.

Ha affermato, pertanto, che non risultava ipotizzabile che il processo produttivo del carbon coke potesse essere considerato parte integrante del ciclo lavorativo siderurgico e che, dunque, fosse ravvisabile una commistione tra le due attività di produzione tale da realizzare un rischio diverso da quello proprio a ciascuna delle due lavorazioni; ha, pertanto, concluso che si trattava di lavorazioni distinte e separate, dovendo trovare applicazione ad ognuna di esse la corrispondente voce di tariffa ai sensi dell’art. 6 delle MAT (modalità applicazione delle tariffe-) per l’esercizio delle attività complesse e non già di un unico ciclo produttivo come preteso dall’Inail.

Avverso la sentenza ricorre l’Inail con un motivo. Resiste la soc Servola Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’Inail denuncia violazione del D.M. 12 dicembre 2000 ed in particolare errata applicazione della tariffa 2143 (combustibili fossili) e mancata applicazione della tariffa 6111 (produzione ghisa ed accaio) del D.M. citato.

La questione attiene alla corretta applicazione del D.M. in relazione alla nozione di lavorazione principale e complementare con riferimento alle voci 6111 e 2143. L’Inail ritiene che la produzione di coke sia operazione complementare e connessa e, pertanto, deve seguire la classificazione della lavorazione principale, e cioè 6111, e non già,come affermato dalla Corte, la tariffa 2143.

Secondo Inail la decisione è basata su un erroneo significato di lavorazione in violazione dell’art. 4 D.M. avendo dato rilevanza all’autonomia delle linee produttive presenti negli stabilimenti che, invece, benchè distinte, svolgono operazioni necessarie a realizzare quanto descritto nella tariffa 6111 e cioè la produzione di ghisa.

Rileva che la produzione di coke all’interno dello stabilimento è determinata dalla necessità aziendale di garantire l’alimentazione dell’alto forno in modo costante (pena danni irreparabili) con le quantità necessarie di coke aventi le caratteristiche ottimali e che solo l’eventuale eccedenza viene venduta a terzi risultando accertato che la produzione di coke viene utilizzato per la maggior parte nella produzione di ghisa e che pertanto non può essere considerata avulsa dalla produzione di ghisa.

Osserva che anche l’esame letterale della tariffa 6111 conforta la tesi accolta comprendendovi anche il “Trattamento e lavorazione delle materie prime e produzione della ghisa…” e che la voce tariffaria 2143 potrebbe essere applicata solo per la parte eccedente.

4. Il ricorso va accolto.

E’ opportuno premettere che per giurisprudenza di questa Corte (Cass. 16688/2017) i decreti ministeriali con i quali, ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, si approva la tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali nel settore industriale e si determinano le relative modalità di applicazione, hanno natura di regolamenti delegati.

Come tali sono atti di normazione secondaria, dotati di rilevanza esterna, suscettibili di ricorso in cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè di esame diretto e di interpretazione da parte della Corte di legittimità (Cass. 5/8/2005, n. 16547; Cass. 15/7/2010, n. 16586), con applicazione dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. gen. (Cass. 5/10/2007, n. 20898; Cass. 5/6/2012, n. 9034).

5.- Ciò posto va osservato che il D.M. 12 dicembre 2000, art. 4 prevede il concetto di lavorazioni stabilendo che “Agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perchè sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purchè svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorchè siano effettuate in luoghi diversi.”

La lavorazione principale identifica quindi il ciclo tecnologico e produttivo e comprende attività ed operazioni necessarie perchè sia realizzato quanto descritto nei singoli riferimenti di ciascuna tariffa con voci, sottogruppi o gruppi (Cass. n. 5649 del 2013).

Il D.M. del 2000, art. 6 riguarda invece l’esercizio di attività complesse e prevede che “Se un datore di lavoro esercita un’attività complessa, articolata in più lavorazioni espressamente previste dalla tariffa della relativa gestione, la classificazione delle lavorazioni è effettuata applicando, per ciascuna lavorazione, la corrispondente voce di tariffa, il relativo tasso medio, eventualmente ridotto o aumentato ai sensi degli artt. da 19 a 25”.

6. La Corte d’appello, dopo aver correttamente rilevato che il problema atteneva all’inquadramento ai fini del rischio assicurato “se cioè trattasi di operazione complementare e sussidiaria, comunque connessa al ciclo produttivo..o di attività complessa articolata in più lavorazioni previste espressamente dalla tariffa ai sensi dell’art. 6 D.M. citato”, ha escluso la sussistenza della prima ipotesi La Corte territoriale ha sottolineato, infatti, che le due linee di produzione (in sintesi ghisa e derivati dell’acciaio da un canto,e carbone dall’altro) erano fra di esse autonome e che le attività propedeutiche iniziali e finali quali lo scarico, la movimentazione, lo stoccaggio vi sarebbero state anche se gli approvvigionamenti di carbone fossero stati fatti all’esterno. Ha, poi, affermato che “non risulta pertanto ipotizzabile in questo caso una commistione fra le due attività (produzione di ghisa e di carbone) che concretizzi un rischio diverso da quello loro proprio come singole lavorazioni)”.

Le affermazioni della Corte non possono essere accolte. La Corte, infatti, ha dato rilievo esclusivo alla circostanza che le due linee produttive sono autonome e che, dunque, non sarebbe “neppure ipotizzabile “una commistione fra le due attività.

La Corte territoriale ha, invece, del tutto omesso di accertare ciò che invece la norma gli imponeva e cioè l’eventuale esistenza di complementarietà e sussidiarietà tra le due lavorazioni, cioè che tra le due linee vi fosse un rapporto funzionale.

Limitando l’accertamento all’autonomia delle lavorazioni la Corte non si è attenuta alla disciplina contenuta nel D.M. ed è pervenuta ad affermare che l’attività di produzione del carbone coke, essendo prevista dalla tariffa come lavorazione autonoma, non potrebbe essere considerata nella voce relativa all’attività principale di produzione di ghisa e acciaio. La Corte invece, avrebbe dovuto esaminare se la lavorazione del carbone coke fosse connessa funzionalmente al ciclo di operazioni necessario per la lavorazione principale ovvero essendo “in connessione operativa con l’attività principale”, oltre ad essere svolta dal medesimo datore.

7. Le censure dell’Inail non si risolvono in una richiesta a questa Corte di rivalutazione dei fatti quali accertati dai giudici di merito, ma denunciano la violazione delle norme che disciplinano la fattispecie.

Nè contro le doglianze dell’Inail può essere richiamato il precedente di questa Corte n 20762/2018 atteso che esso è stato emessa tra parti diverse, in relazione ad un diverso stabilimento e su ricorso proposto avverso una sentenza emessa dalla Corte d’appello di Brescia di cui, peraltro, non è dato conoscere la concreta motivazione.

8. Per le considerazioni che precedono il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Trento perchè svolga una nuova valutazione della situazione tenendo conto dei principi di cui sopra.

Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese processuali del presente giudizio.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trento anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2019

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