Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33105 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 16/12/2019), n.33105

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 19769 del ruolo generale dell’anno 2012,

proposto da:

D.C.M., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

a margine al ricorso, dall’Avv.to Paolo Pacifici e dall’avv.to Elido

Guerrini, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo

difensore, in Roma Via Vallisneri n. 11;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Toscana, n. 20/31/2012, depositata in data 24

febbraio 2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 luglio 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 20/31/2012, depositata in data 24 febbraio 2012 e non notificata, la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello proposto da D.C.M. nei confronti dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 123/05/2010 della Commissione tributaria provinciale di Lucca che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso gli avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle entrate, aveva contestato a quest’ultimo maggiore reddito imponibile, ai fini Irpef, Irap e Iva, per l’anno 1999, Irpef e Iva per l’anno 2000, e Iva per l’anno 2000;

– il giudice di appello – confermando la decisione di primo grado – in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) la CTP aveva argomentato in modo condivisibile in ordine alla riferibilità al contribuente del conto corrente bancario intestato alla madre di lui; 2) quanto alla denunciata omessa disamina delle questioni concernenti il giudizio penale, il regime del margine, la ricostruzione macchinosa operata dall’Ufficio, la eccezione di incostituzionalità, il calcolo delle sanzioni, oltre alla estrema genericità delle censure e alla loro scarsa incisività sul thema decidendum, la CTP aveva congruamente motivato la decisione fornendo una ampia ricostruzione dei fatti e riportando analiticamente le argomentazioni difensive delle parti;

– avverso la sentenza della CTR, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.;

– il ricorso è stato fissato in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380 – bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 – bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 132 c.p.c. ed al D.Lgs. n. 41 del 1995, art. 36”, per avere la CTR omesso di argomentare in ordine al motivo di appello con cui era stata denunciata la mancata applicazione dell’Iva “del margine”- in ragione del 20%- sul differenziale tra entrate e uscite accertate sul conto corrente della madre di lui trattandosi di vendita di autovetture usate;

– con il secondo motivo, la ricorrente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 112,132 e 324 c.p.c. nonchè l’omessa, insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la CTR argomentato in ordine al motivo di appello con cui era stata denunciata l’erroneità dei conteggi o del metodo di ricostruzione dei ricavi – come accertati da altra sentenza della CTR della Toscana n. 93/8/2010 passata in giudicato in ordine agli stessi fatti di cui al medesimo p.v.c.;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione agli artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 112,132 e 324 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la CTR argomentato in ordine al motivo di appello con cui era stata denunciata la mancata produzione in atti della autorizzazione della G.d.F. all’acquisizione della documentazione bancaria relativa al conto corrente intestato alla madre e la mancata audizione delle medesima in ordine a dette operazioni;

– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione agli artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. nonchè l’omessa, insufficiente motivazione circa un fatto decisivo, per avere la CTR accertato, con accertamenti fondati induttivamente su calcoli erronei, un maggiore reddito annuo imponibile di quasi 300.000.000, senza considerare che trattavasi di reddito non conseguibile dal contribuente esercente attività commercio di autovetture in forma individuale;

– preliminarmente quanto all’eccepito contrasto tra la sentenza impugnata e quella precedente n. 93/8/10 emessa dalla stessa CTR Toscana e passata in giudicato, quest’ultimo può costituire motivo di revocazione nel caso di identità tra i due giudizi di soggetti e di oggetto (Cass., sez. L, n. 27348 del 17/11/2017);

– i motivi – da trattare congiuntamente- sono inammissibili per difetto di autosufficienza e specificità;

– il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione: il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione – da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 17739 del 2011; Cass. n. 7891 del 2007; Cass. n. 7882 del 2006; Cass. n. 3941 del 2002); il ricorso per cassazione deve, quindi, a pena di inammissibilità, essere articolato su specifici motivi dotati dei caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. n. 13830 del 2004);

– nella specie, la formulazione dei motivi di critica, si appalesa irrispettosa del canone della specificità, atteso che, da un lato, non è dato ravvisare, all’interno dei motivi di impugnazione, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti e, dall’altro, non risulta possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio denunciato nel caso di evocazione congiunta dei motivi di censura di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, determinandosi una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (v. Cass. n. 18454 del 2017; Sez. U. n. 17931 del 2013; Cass. n. 7394 del 2010, n. 20355 del 2008, n. 9470 del 2008);

– peraltro, in difetto del principio di autosufficienza, la riproduzione nel ricorso di stralci insufficienti dei motivi di appello (ovvero degli originari motivi di impugnativa dinanzi alla CTP), non permette a questa Corte di valutare il fondamento delle proposte censure;

– in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese eventualmente prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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