Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3310 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2011, (ud. 15/06/2010, dep. 11/02/2011), n.3310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ITALCO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO 92 presso lo studio

dell’avvocato LAGONEGRO ANNA, che lo rappresenta e difende unitamente

agli avvocati ROMANO CLAUDIO, BASSETTO VALENTINO, CAZZETTA PIETRO

LUIGI, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE AGENZIA SARZANA, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2004 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 11/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2010 dal Presidente e Rei. Dott. MARCO PIVETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato LAGONEGRO ANNA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Come si legge nella sentenza impugnata, con sentenza n. 5996796, depositata il 29 novembre 1996, la Commissione tributaria centrale determinò in L. 11.482.000 il reddito della ITALCO s.p.a., ora ITALCO s.p.a. (Nig.) LTD, per l’anno 1985, ai fini IRPEG e ILOR. Sulla base di tale sentenza l’amministrazione finanziaria provvide ad iscrivere a ruolo le imposte ancora dovute e le sanzioni per infedele dichiarazione commisurate ai tributi definiti dalla sentenza.

La società impugnò la relativa cartrella di pagamento sulla base di due motivi. Con il primo, che a quanto si legge nel ricorso era riferito soltanto alle sanzioni, si deduceva che le pene pecuniarie non potevano essere iscritte a ruolo se non previa notifica al contribuente della sentenza della Commissione tributaria centrale.

Con il secondo motivo si deduceva la non corrispondenza dell’imponibile determinato dall’ufficio e della correlativa imposta con le statuizioni della sentenza suddetta.

L’impugnazione è stata respinta dalle Commissioni di merito.

La società si rivolge ora alla tassazione proponendo gli stessi due motivi di censura.

Il primo denunzia violazione del D.P.R. 602 del 1973, art. 98 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, in ragione del fatto che la iscrizione a ruolo e stata effettuata e la cartella è stata notificata senza la previa notificazione della sentenza della Commissione tributaria centrale.

Il motivo è infondato.

A norma dei commi terzo e quarto dell’art. 98 invocato, “le pene pecuniarie e sopratasse irrogate dagli uffici delle imposte sono iscritte in ruoli speciali entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo.

Se è stato proposto ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario, il provvedimento si considera definitivo dopo sessanta giorni dalla notificazione della decisione della commissione centrale o della sentenza della corte di appello o dell’ultima decisione non impugnata”.

La norma quindi – nel testo applicabile ratione temporis – stabiliva un termine di decadenza a carico dell’ufficio, ma non prescriveva la necessita della previa notifica della sentenza.

Secondo il D.P.R. n. 2 del 1973, art. 68, nel testo applicabile ratione temporis, 3 . Le imposte suppletive e le sanzioni pecuniarie debbono essere corrisposte dopo l’ultima sentenza non impugnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione.

Anche tale norma, quindi, non richiede la previa notifica della sentenza per la riscossione delle sanzioni.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la non corrispondenza tra le somme portate nella sentenza della Commissione tributaria centrale e quelle indicate nella cartella. Il motivo non è esposto in modo autosufficiente ma è, al contrario del tutto generico e quindi inammissibile.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.500,00 oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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