Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3310 del 05/02/2019

Cassazione civile sez. II, 05/02/2019, (ud. 23/11/2018, dep. 05/02/2019), n.3310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1433/15) proposto da:

INTESA SANPAOLO S.P.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Antonio

Ferraguto ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in

Roma, v. Liberiana, n. 17;

– ricorrente –

contro

B.G.A. (C.F.: (OMISSIS)), T.M.

(C.F.: (OMISSIS)), M.P. (C.F.: (OMISSIS)) e S.P.

(C.F.: (OMISSIS)), tutti rappresentati e difesi, in virtù di

procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. Emilio

Maiocchi ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Valentina Romagna, in Roma, v. Mario Salvini, n. 7;

– controricorrenti –

e

L.V.A., C.L., M.P.C., D.F.A.,

B.A., V.M., B.N. e

F.A.;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 4233/2013,

depositata il 19 novembre 2013 (e non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

I sigg. B.A.G., T.M., L.V.A., C.L., M.P.C., M.P., D.F.A. e S.P. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Lodi, con atto di citazione notificato nel maggio 2005, la Banca Intesa s.p.a., l’Intesa Real estate s.r.l., nonchè i sigg. B.A., V.G. ed F.A. per sentir accertare e dichiarare la natura condominiale di un sottotetto dell’immobile sito in (OMISSIS).

Si costituiva in giudizio la Banca Intesa, la quale chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa, oltre ai già convenuti B.A., V.G. e F.A., anche B.N., instando, comunque, per il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, invocando l’accertamento in capo ad essa della proprietà esclusiva del contestato sottotetto.

Con sentenza n. 1045/2009 l’adito Tribunale di Lodi accoglieva la domanda principale e rigettava quella proposta in via riconvenzionale.

Decidendo sull’appello formulato dalla Intesa San Paolo s.p.a. (già Banca Intesa s.p.a.) e nella costituzione dei soli appellati B.A.G., T.M. M.P. e S.P., la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 4233/2013, respingeva integralmente il gravame e confermava l’impugnata decisione, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte ambrosiana, esclusa ogni necessità di integrazione del contraddittorio (anche per effetto della natura di accertamento dell’esperita azione), rilevava che, effettivamente, il contestato vano avesse natura e destinazione condominiale, senza che fosse stata provata l’esistenza di un titolo idoneo in senso contrario da parte dell’appellante tale da riscontrare la sua funzione pertinenziale rispetto all’immobile di proprietà esclusiva di quest’ultimo.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’Intesa San Paolo s.p.a., articolato in due motivi, al quale hanno resistito, con un unico controricorso, B.A.G., T.M. M.P. e S.P., mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il P.G. ha depositato le sue conclusioni ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c. nel senso del rigetto del primo motivo di ricorso, con la conseguente inammissibilità degli altri.

Il difensore della ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dello stesso art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto – in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362-1371 c.c., sul presupposto che, alla stregua dei criteri ermeneutici previsti da dette norme, non potevano essere disattese le risultanze emergenti dal regolamento di condominio di natura contrattuale, dalle tabelle millesimali e dalle schede alloggi, che avrebbero dovuto essere vincolanti al fine di escludere per volontà originaria delle parti la “condominialità” del sottotetto dedotto in controversia.

2. Con la seconda doglianza la ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione fra le parti, riguardante la mancata valutazione della circostanza che l’espressione del diritto di voto ed il pagamento delle spese condominiali relativi al vano controverso erano stati sempre assolti dalla stessa Banca ricorrente.

3. Rileva il collegio che il primo motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

Infatti, occorre, innanzitutto evidenziare che con la censura in questione la ricorrente si duole, in effetti, del risultato dell’attività interpretativa compiuta dalla Corte di merito e non specificamente dell’asserita violazione dei criteri ermeneutici (cfr, tra le tante, Cass. n. 6226/2014 e Cass. n. 16956/2016).

In ogni caso la Corte territoriale ha – con motivazione logica ed ampiamente esaustiva – accertato come la ricorrente non abbia provato l’esistenza di alcun titolo dal quale desumere la proprietà esclusiva del sottotetto dedotto in controversia, ponendo in risalto come tale bene era, invero, risultato di fatto strutturalmente destinato ad un servizio o ad un’utilità comune per la collettività condominiale di cui fanno parte i controricorrenti quali condomini.

A tal proposito lo stesso giudice di appello ha supportato tale ricostruzione ponendo in luce come dagli stessi atti di trasferimento dei singoli appartamenti fosse emersa la rilevante circostanza in base alla quale era rimasto garantito in favore degli acquirenti il diritto alla proporzionale quota di proprietà degli enti e degli spazi comuni dell’immobile, tra i quali il conteso sottotetto, che, infatti, era stato – sul piano fattuale – in concreto utilizzato dai condomini in virtù della consegna delle relative chiavi avvenuta all’atto della stipula dei vari atti di vendita dei singoli appartamenti proprio da parte della ricorrente (che, del resto, non ha contestato tale circostanza, peraltro realizzatasi fin dal 1970: cfr. pag. 8 dell’impugnata sentenza).

Decidendo in tal senso la Corte milanese di è conformata all’univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 3862/1998; cass. n. 15372/2000 e, da ultimo Cass. n. 20593/2018), alla stregua della quale, in tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall’art. 1117 c.c. non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne affermi la proprietà esclusiva darne la prova (onere, nel caso di specie, non assolto dalla ricorrente), senza che, peraltro, a tal fine sia sufficiente l’allegazione del suo titolo di acquisto ove lo stesso non contenga in modo chiaro ed inequivocabile elementi idonei ad escludere la condominialità del bene.

Il giudice di secondo grado ha anche spiegato adeguatamente l’ininfluenza a fini probatori del regolamento condominiale e delle cc.dd. schede alloggi, poichè tali documenti non potevano sortire alcuna rilevanza sul piano degli effetti traslativi di immobili. In particolare, la Corte territoriale ha attestato che dalle schede alloggi risultavano solo delle aree circoscritte con due zone quadrangolari, come tali assolutamente inidonee ad assumere la valenza di un documento comprovante l’emergenza di un titolo autonomo e separato di proprietà; allo stesso modo il giudice di appello ha ritenuto l’irrilevanza a questo scopo del regolamento condominiale in cui sono, in linea essenziale, riportate le tabelle millesimali necessarie per la ripartizione delle spese condominiali tra i singoli condomini.

4. Il secondo motivo è anch’esso destituito di fondamento perchè il denunciato omesso esame dell’indicata circostanza fattuale (riguardante l’asserita mancata valutazione del fatto che la ricorrente avesse esercitato il relativo diritto di voto e provveduto alle spese condominiali inerenti al controverso sottotetto) non attiene, invero, ad un fatto decisivo perchè, ancorchè fosse stata considerata ed accertata la relativa circostanza, essa sarebbe stata irrilevante al fine di desumere l’esclusione della condominialità del sottotetto, che – come detto deve risultare da apposito titolo riscontrante la proprietà esclusiva da parte di colui che ne rivendica la proprietà autonoma, tale da superare con certezza la presunzione prevista dall’art. 1117 c.c..

5. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto.

Le spese della presente fase di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Ricorrono, infine, le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento – in favore dei controricorrenti, in solido delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15%, iva e cap nella misura e sulle voci come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 23 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2019

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