Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33095 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2019, (ud. 07/03/2019, dep. 16/12/2019), n.33095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – M. –

Dott. NONNO Giacom – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 26413/2013 R.G. proposto da:

S.G. s.r.l. in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Due

Macelli n. 47, presso lo studio dell’avv. Alberto Improda, che la

rappresenta e difende, unitamente agli avv.ti Brunetto Telchini e

Marco Mayr giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

e contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli – Ufficio di Roma (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 257/14/13, depositata il 10 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 7 marzo 2019 dal

Cons. Giacomo Maria Nonno.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Umberto de Augustinis, che ha concluso per la rimessione

alle Sezioni Unite e, in subordine, per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Udito l’avv. Brunetto Telchini per la ricorrente e l’avv. Francesca

Subrani per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 257/14/13 del 10/04/2013, la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sentenza n. 367/32/11 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva, a sua volta, accolto il ricorso proposto dalla S.G. s.r.l. avverso l’avviso di rettifica con il quale le veniva richiesta la integrale corresponsione dei dazi doganali in relazione ad un’importazione di banane avvenuta nell’anno 2004.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR: a) l’avviso di rettifica derivava dall’elusione delle disposizioni relative al contingentamento delle importazioni di banane da parte della Chiquita International Ltd; b) tale società, onde aggirare i limiti previsti dalla normativa unionale, interponeva fittiziamente nell’operazione di importazione soggetti in possesso del certificato AGRIM (nel caso di specie la S.G. s.r.l.), che, quindi, importavano le banane corrispondendo dazi in misura minore a quelli previsti dalla legge utilizzando il predetto certificato e, quindi, rivendevano la merce alla Chiquita Italia s.p.a.; c) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente; d) la sentenza della CTP era appellata dalla Agenzia delle dogane.

1.2. Su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello osservando che: a) i termini di decadenza dell’azione impositiva non erano decorsi in quanto “gli atti di rettifica sono stati notificati alla società nel 2010 e la scoperta della fattispecie costituente reato è avvenuta nel 2007”, come confermato dalla comunicazione della notitia criminis, avvenuta il 21/12/2007: in presenza di una notitia criminis che aveva determinato un procedimento penale il termine di prescrizione triennale dell’azione impositiva decorre dalla definizione del processo penale; b) il processo verbale di revisione era stato regolarmente notificato e l’atto impositivo non era affatto carente di motivazione, contenendo gli elementi essenziali necessari per la difesa della società contribuente; c) nel merito doveva ritenersi che la S.G. s.r.l. aveva violato lo spirito delle disposizioni volte a garantire il contingentamento delle importazioni di banane, agendo in modo da ottenere un beneficio fiscale indebito.

2. La S.G. s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

3. L’Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.

4. Con memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c. la ricorrente evidenziava l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 1306 c.c., comma 2, in relazione al definitivo annullamento, da parte di Cass. n. 30810 dell’11/10/2017, dell’atto impositivo emesso a carico della Chiquita Italia s.p.a., coobbligata solidale della stessa.

5. Con ordinanza resa in esito all’udienza camerale del 24/01/2019, questa Corte disponeva il rinvio a nuovo ruolo della controversia, non essendo la causa decidibile ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2.

6. La S.G. s.r.l. depositava ulteriore memoria ex art. 378 c.p.c.. Anche l’Agenzia depositava memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente esaminata l’eccezione formulata da parte ricorrente con la memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

1.1. Sostiene la S.G. s.r.l. che la sentenza della Corte di cassazione n. 30810 del 2017, accogliendo il ricorso proposto dalla Chiquita Italia s.p.a. nei confronti della sentenza della CTR del Lazio n. 458/14/12, ha dichiarato l’illegittimità del medesimo atto impositivo impugnato dal coobbligato solidale, sicchè troverebbe applicazione nella fattispecie il principio enunciato dall’art. 1306 c.c., comma 2, con conseguente diritto della società contribuente di avvalersi del giudicato favorevole.

1.2. La menzionata sentenza di questa Corte ha ritenuto la nullità degli avvisi di rettifica impugnati (tra cui l’avviso oggetto del presente giudizio) in quanto emessi dall’Ufficio delle dogane di Roma anzichè dall’autorità presso la quale è sorta l’obbligazione tributaria; conseguentemente, cassata la sentenza della CTR, la S.C. ha deciso nel merito, accogliendo l’originario ricorso proposto dalla Chiquita Italia s.p.a..

2. L’eccezione è fondata per le considerazioni che seguono.

2.1. L’avviso di rettifica è stato emesso nei confronti della Chiquita Italia s.p.a. e della S.G. s.r.l., formale importatrice della merce, in quanto entrambe hanno concorso ad eludere le disposizioni restrittive in materia di dazi all’importazione delle banane di cui al Reg. (CEE) n. 404/93 del 13 febbraio 1993 e, pertanto, sono state ritenute responsabili, in solido, per il pagamento dei maggiori diritti doganali dovuti.

2.1.1. Le società hanno impugnato separatamente il predetto avviso e la controversia introdotta da Chiquita Italia s.p.a. è stata già definita dalla menzionata sentenza della S.C., che ha dato ragione alla società contribuente e della quale l’odierna ricorrente, obbligata solidalmente, intende avvalersi.

2.2. E’ noto che l’obbligazione solidale, pur avendo per oggetto una medesima prestazione, dà luogo non ad un rapporto unico ed inscindibile, bensì a rapporti giuridici distinti, anche se tra loro connessi (cfr. Cass. n. 1032 del 07/04/1971; Cass. n. 303 del 09/01/2019), tanto che, sul piano processuale, può essere azionata separatamente dal creditore, senza che sussista un litisconsorzio necessario tra i vari condebitori (cfr. n. 22672 del 27/09/2017; Cass. n. 23422 del 17/11/2016; Cass. n. 20476 del 25/07/2008; Cass. n. 4296 del 09/05/1987).

2.2.1. Normalmente, la sentenza emessa tra il creditore ed uno dei condebitori non ha effetto nei confronti degli altri condebitori (art. 1306 c.c., comma 1), sempre che questi ultimi non abbiano partecipato al giudizio (Cass. n. 23422 del 2016, cit.).

2.2.2. Tuttavia, in deroga alla previsione dell’art. 1306 c.c., comma 2, comma 1, consente al condebitore estraneo alla sentenza emessa tra il creditore ed altro condebitore, di avvalersene secundum eventum litis ove la stessa sia passata in giudicato (Cass. n. 12766 del 19/06/2015; Cass. n. 9577 del 19/04/2013; Cass. n. 8816 del 01/06/2012), non sia fondata su ragioni personali del debitore (per un’ipotesi di integrazione delle ragioni personali si veda, ad es., Cass. n. 25890 del 23/12/2015) e sia stata sollevata tempestivamente la relativa eccezione (Cass. n. 21170 del 19/10/2016; Cass. n. 25401 del 17/12/2015). Peraltro, l’eccezione alla efficacia soggettiva del giudicato opera nei soli rapporti tra creditore e condebitore, non anche in sede di regresso tra condebitori (Cass. n. 16117 del 26/06/2013).

2.2.3. Il principio – che opera indiscutibilmente anche in materia tributaria (da ultimo, Cass. n. 303 del 2019, cit.), atteso che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all’annullamento di atti autoritativi e, considerato che i ricorsi dei condebitori in solido hanno per oggetto un identico atto impositivo, l’annullamento o la rettifica di un atto non può che valere erga omnes (Cass. n. 33436 del 27/12/2018; Cass. n. 3204 del 09/02/2018; per un’applicazione anche all’atto irrogativo di sanzioni cfr. Cass. n. 26008 del 20/11/2013) – incontra, peraltro, due limiti: a) il giudicato non può esser fatto valere dal coobbligato nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato (cfr. Cass. n. 19580 del 17/09/2014; Cass. n. 28881 del 09/12/2008. Secondo Cass. n. 14814 del 05/07/2011 e Cass. n. 7255 del 04/08/1994, che ribadiscono il medesimo principio, la norma opera sul piano processuale, sicchè la sua applicazione, in favore del condebitore d’imposta, non trova ostacolo nell’inerzia di questi, la quale inerisce al rapporto sostanziale e non è equiparabile al giudicato; per Cass. n. 2231 del 30/01/2018 e Cass. n. 3105 del 01/02/2019 la norma trova applicazione anche nei confronti di chi abbia adempiuto dopo la notifica della cartella, non trattandosi di pagamento spontaneo); b) il condebitore non deve avere partecipato al giudizio in cui il giudicato si è formato, altrimenti operano le preclusioni proprie del giudicato, con la conseguenza che la mancata impugnazione da parte di uno o di alcuni dei debitori solidali, soccombenti in un rapporto obbligatorio scindibile, qual è quello derivante dalla solidarietà, determina il passaggio in giudicato della sentenza nei loro confronti, ancorchè altri condebitori solidali l’abbiano impugnata e ne abbiano ottenuto l’annullamento o la riforma (Cass. n. 20559 del 30/09/2014; Cass. n. 1779 del 29/01/2007).

2.3. Provando a riassumere quanto finora affermato, il principio di diritto interno per il quale la sentenza resa tra creditore e condebitore solidale può essere opposta al creditore da altro condebitore solidale è applicabile, anche in materia tributaria, alle seguenti quattro condizioni:

1) che la sentenza sia passata in giudicato;

2) che non si sia già formato un giudicato nei rapporti tra il condebitore solidale che intende avvalersi del giudicato e il creditore (sia perchè il condebitore abbia preso parte allo stesso giudizio e non abbia proposto impugnazione, sia perchè il giudicato sia intervenuto in altro autonomo giudizio). In proposito il giudicato è opponibile sia se penda giudizio non ancora definito, sia se il condebitore sia rimasto inerte e non abbia impugnato l’atto impositivo;

3) che, ove si tratti di giudizio pendente, la relativa eccezione sia stata tempestivamente sollevata in giudizio, nel senso che il giudicato non deve essersi formato prima della scadenza del termine per l’ultima allegazione difensiva delle parti nel giudizio precedente a quello in cui viene dedotto (cfr. Cass. n. 14883 del 31/05/2019);

4) che il giudicato non si sia formato nei confronti del condebitore solidale in relazione a ragioni personali di quest’ultimo.

2.4. Peraltro, trattandosi pur sempre dell’opponibilità di un giudicato, con riferimento ai tributi armonizzati occorre tenere conto della regola di diritto ricavabile da CGUE 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, secondo la quale, in assenza di una normativa unionale in materia, “le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Esse non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) nè essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)”;

2.4.1. Sicchè, secondo la menzionata sentenza, il diritto unionale osta all’applicazione di una disposizione del diritto nazionale, come l’art. 2909 c.c., in una causa vertente sull’IVA concernente un’annualità fiscale per la quale non si è ancora avuta una decisione giurisdizionale definitiva, “in quanto essa impedirebbe al giudice nazionale investito di tale causa di prendere in considerazione le norme comunitarie in materia di pratiche abusive legate a detta imposta”.

2.4.2. Tale principio è stato già recepito dalla giurisprudenza della S.C. in materia di IVA, affermando che non è possibile estendere ad altri periodi di imposta un giudicato in contrasto con la disciplina unionale, avente carattere imperativo, proprio perchè ne comprometterebbe la sua effettività (Cass. n. 9710 del 19/04/2018; conf. Cass. n. 8855 del 04/05/2016; Cass. 5 ottobre 2012, n. 16996; Cass. 19 maggio 2010, n. 12249).

2.4.3. Peraltro, è la stessa sentenza Olimpiclub a chiarire che, in linea di principio, gli effetti del giudicato vanno salvaguardati salvo ipotesi del tutto particolari (si veda, in senso analogo, anche CGUE 10 luglio 2014, in causa C-213/13, Pizzarotti, p. 58) o che investono la stessa ripartizione di competenze tra gli Stati membri e la UE (cfr. CGUE 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Lucchini). Si tratta, pertanto, di un principio da applicare restrittivamente, in quanto “il diritto dell’Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme procedurali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con detto diritto” (CGUE 10 luglio 2014, cit., p. 59).

2.5. Orbene, non è dubbio che la materia dei dazi doganali risenta, al pari dell’IVA, delle norme dettate dalla UE, trattandosi di risorsa propria dell’Unione. E, tuttavia, non può non evidenziarsi che, diversamente dall’IVA, dall’IVA, l’imposta non è suscettibile di applicazione periodica, ma riguarda singole importazioni, sicchè l’occasionale impedimento all’effettività del diritto unionale conseguente all’applicabilità della regola prevista dall’art. 2909 c.c. non è di rilevanza pari a quanto prospettato dalla CGUE nella sentenza Olimpiclub, laddove la non corretta applicazione del diritto dell’unione “si riprodurrebbe per ciascun nuovo esercizio fiscale, senza che sia possibile correggere tale erronea interpretazione” (CGUE 3 settembre 2009, cit., p. 30).

2.5.1. In altri termini, diversamente che nel caso dell’IVA, l’applicabilità della regola del giudicato di diritto interno in materia di dazi doganali, non incide in maniera significativa sul principio di effettività del diritto unionale, riguardando una singola importazione o, comunque, quel (ristretto) numero di importazioni prese in considerazione dal singolo avviso di rettifica, non essendo, pertanto, la regola conseguente a quel giudicato suscettibile di estensione ad un numero indefinito di casi similari.

2.5.2. Ciò a maggior ragione può dirsi nel caso della regola prevista dall’art. 1306 c.c., comma 2, che, pur costituendo un’eccezione ai limiti soggettivi del giudicato, si applica nei ristretti limiti della previsione di legge per come più sopra delineati.

2.5.3. Del resto, ipotizzare che il condebitore solidale non possa beneficiare del giudicato favorevole derivante da una pronuncia emessa nei confronti di altro condebitore solidale, per di più riguardante i medesimi fatti e il medesimo accertamento, costituirebbe un vulnus alla certezza del diritto certamente più rilevante rispetto alla (modesta) deroga applicativa alle disposizioni unionali dettate in materia sia di limiti all’importazione sia di abuso del diritto; e tale deroga, come precedentemente chiarito, è consentita dallo stesso ordinamento della UE, che lascia al diritto dei singoli Stati membri la regolamentazione degli effetti del giudicato.

2.6. Nella specie, la S.G. s.r.l. è ritenuta dall’Agenzia delle dogane responsabile in solido con la Chiquita Italia s.p.a. per avere, in concorso con quest’ultima, posto in essere una condotta fraudolenta idonea ad aggirare la normativa unionale in materia di limiti quantitativi alla importazione delle banane da Paesi extra UE; e ciò al fine di corrispondere il dazio previsto dalla menzionata normativa in misura ridotta.

2.7. Il diritto di opporre all’Amministrazione doganale il giudicato intervenuto nei confronti dell’altro condebitore Chiquita Italia s.p.a. deve ritenersi, pertanto, fondate: sia perchè sussistono tutti i requisiti previsti dall’art. 1306 c.c., comma 2 (ed elencati al superiore p. 2.3.), sia perchè, nella specie, il principio di certezza del diritto derivante dall’applicazione della regola del giudicato prevale sulla necessità di garantire l’effettività del diritto unionale, in piena armonia con quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

2.8. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: “Il principio ricavabile dall’art. 1306 c.c., comma 2, per il quale il condebitore in solido può opporre al creditore il giudicato intervenuto tra quest’ultimo e altro condebitore solidale è applicabile anche in materia tributaria. Pertanto, con specifico riferimento alla responsabilità solidale nel pagamento dei dazi doganali, che sono imposte non periodiche, ma riguardanti le singole importazioni, il vincolo derivante dal giudicato sul medesimo avviso di rettifica non è idoneo a compromettere l’applicazione del diritto unionale”.

3. Con il primo motivo di ricorso la S.G. s.r.l. deduce la violazione, l’erronea o la falsa applicazione del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, dell’art. 221, p. 4, del Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 (Codice doganale comunitario CDC) e del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84 (Testo unico sulla legge doganale – TULD), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando la decadenza dall’azione impositiva o la prescrizione di quest’ultima.

4. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione, l’erronea o la falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non essendo il provvedimento impositivo sufficientemente motivato.

5. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o la falsa applicazione dei regolamenti comunitari in materia di mercato contingentato delle banane e, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione in ordine alla controversa natura del cd. dazio pieno.

6. Con il quarto motivo di ricorso si ritiene la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi l’omissione del giudizio di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni allegate dall’Ufficio, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa motivazione sul punto.

7. Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione o la falsa applicazione del principio dell’abuso del diritto, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa motivazione sul punto.

8. Con il sesto motivo si allega la violazione o la falsa applicazione dei principi del legittimo affidamento, della certezza del diritto e della proporzionalità, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa motivazione sul punto.

9. I motivi di ricorso restano assorbiti in ragione degli effetti del giudicato costituito da Cass. n. 30810 del 2017.

10. In conclusione, il ricorso va accolto con riferimento all’eccezione ex art. 1306 c.c., comma 2, con assorbimento degli ulteriori motivi; la sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non essendoci ulteriori questioni di fatto da decidere, la causa può essere decisa nel merito in ragione degli effetti del giudicato intervenuto inter alios, con conseguente accoglimento dell’originario ricorso della società contribuente.

10.1. La relativa novità della questione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite relative all’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso sull’eccezione preliminare del ricorrente, con conseguente assorbimento dei motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della S.G. s.r.l.; compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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