Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33091 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. un., 16/12/2019, (ud. 19/11/2019, dep. 16/12/2019), n.33091

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di sez. –

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente di sez. –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30114-2018 proposto da:

AUTORITA’ DI BACINO DEL FIUME ADIGE, AUTORITA’ Di BACINO DISTRETTUALE

DEL DISTRETTO IDROGRAFICO DELLE ALPI ORIENTALI, AUTORITA’ DI BACINO

DEI FIUMI ISONZO, TAGLIAMENTO, LIVENZA, PIAVE, BRENTA-BACCHIGLIONE,

in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrenti –

contro

REGOLA COMUNIONE FAMILIARE DI DOSOLEDO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

E.Q. VISCONTI 99, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA

CONTE, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

REGIONE VENETO, PROVINCIA DI BELLUNO, MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA

TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 73/2018 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 24/04/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dei

19/11/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Regola di Dosoledo, comunione familiare costituita ai sensi della L. 3 dicembre 1971, n. 1102, ha impugnato davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell’art. 143 del t.u. acque, la nota prot. n. 2474/B.4.11/2 del 31 agosto 2016 con cui l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta e Bacchiglione aveva reso parere negativo sul progetto, presentato dalla Regola, di derivazione a fini idroelettrici dal torrente (OMISSIS) nel territorio comunale di (OMISSIS); la successiva Delib. 6 dicembre 2016, n. 2144, con cui la Provincia di Belluno aveva definitivamente respinto la domanda di concessione di derivazione; nonchè, ancora, il Piano di gestione delle acque del distretto delle Alpi orientali e la presupposta Delib. Giunta regionale del Veneto con cui venivano poste indicazioni in ordine alle domande di concessione di derivazione.

Nel giudizio si sono costituite la Regione Veneto, l’Autorità di bacino suindicata nonchè l’Autorità di bacino del fiume Adige, la Presidenza del Consiglio dei ministri, l’Autorità di bacino distrettuale del distretto delle Alpi orientali e la Provincia di Belluno, chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Il TSAP, con sentenza del 24 aprile 2018, ha accolto il ricorso per quanto di ragione, annullando la determinazione n. 2474 del 2016 suindicata e il presupposto parere n. 2144 del 2016.

Ha premesso il Tribunale superiore delle acque pubbliche che la domanda di concessione di derivazione richiesta era stata respinta perchè, in base al paragrafo 6 del Piano di gestione delle acque del distretto delle Alpi orientali, il progetto presentato coinvolgeva un corpo idrico con bacino imbrifero inferiore a quello minimo previsto (pari a 10 kmq).

Dall’espletata istruttoria, però, era emerso che l’ipotesi di progetto in questione prevedeva “un’opera di presa posta alla confluenza del (OMISSIS) nel torrente (OMISSIS), sì da avere a disposizione un complessivo bacino imbrifero di kmq 10,248”. Il progetto presentato dalla Regola, che era stato modificato rispetto a quello originario, implicava il trasferimento dell’opera di presa più a monte, “con la posa in opera di un by-pass del corso dei (OMISSIS), ottenendo un bacino sotteso di kmq 10,222 e la medesima portata derivata iniziale, ma senza ulteriori derivazioni”. Il secondo progetto, ad avviso del TSAP, consentiva di ottenere, “pur mantenendo una sola opera di presa, un unico impianto alimentato dall’insieme della derivazione e del by-pass”, utilizzando tale by-pass sul (OMISSIS) solo per trasferire l’acqua nel “nuovo e più acconcio sito”. L’errore della Provincia di Belluno, quindi, era stato quello di ritenere l’insufficienza del bacino imbrifero sotteso, senza considerare che tale bacino era “uno ed uno solo, ossia quello del torrente (OMISSIS), inteso nel suo complesso a causa appunto della complessità della relativa opera di presa”.

La soluzione proposta dalla Regola, quindi, non era in contrasto neppure con le norme di tutela poste dalla Giunta regionale del Veneto, secondo cui ciascuna opera di captazione ad uso idroelettrico doveva sottendere un bacino idrografico di estensione pari a non meno di 10 chilometri quadrati. La lettura di tale previsione, infatti, non doveva essere nel senso che ad ogni derivazione doveva corrispondere uno e un solo corpo idrico, bensì nel senso che ad ogni derivazione doveva corrispondere un bacino idrografico.

3. Contro la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche propongono ricorso l’Autorità di bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta e Bacchiglione, l’Autorità di bacino del fiume Adige, l’Autorità di bacino distrettuale del distretto delle Alpi orientali e la Presidenza del Consiglio dei ministri, con un unico atto affidato a due motivi.

Resiste la Regola di Dosoledo con controricorso affiancato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione del Piano di gestione delle acque del bacino delle Alpi orientali e, in particolare, del volume 8, punto 6, del medesimo, relativo alle dimensioni dei bacini sottesi alle opere di derivazione a scopo idroelettrico; del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 66 e 117; degli artt. 1 e 4 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (c.d. direttiva acque); nonchè dell’art. 2 della direttiva 92/43/CE del Consiglio.

Le parti ricorrenti premettono che il Piano di gestione suindicato prevede al punto 6 che non sono ammesse nuove derivazioni ad uso idroelettrico qualora il bacino sotteso sia inferiore ai 10 kmq. Nella specie, il progetto presentato dalla Regola interessa il bacino del torrente (OMISSIS), la cui estensione è di 8,99 kmq, e il bacino del (OMISSIS), la cui estensione è di 1,06 kmq; ne consegue che nessuno dei due consentirebbe, se assunto singolarmente, l’impianto di una derivazione a scopo idroelettrico. La sentenza impugnata ha ritenuto trattarsi di un’unica opera di derivazione composta da due opere di presa. In questo modo, però, il TSAP, anzichè limitarsi a tenere in considerazione le condizioni attuali e naturali dei bacini montani, avrebbe tenuto conto anche delle modifiche artificiali, come quella consistente nella creazione di un by-pass. Tale decisione sarebbe in contrasto con la misura prevista dal Piano, che è finalizzata a tutelare le caratteristiche naturali dei bacini montani, mantenendo la situazione esistente ed evitando di considerare le possibili modifiche artificiali; e ne risulterebbe in tal modo violata anche la direttiva acque, che prevede la protezione dei corpi idrici e dei sistemi acquatici.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. Occorre innanzitutto osservare che le parti ricorrenti hanno richiamato, a sostegno della doglianza, la violazione delle norme del Piano di gestione delle acque del bacino delle Alpi orientali (in particolare, della disposizione che in seguito si vedrà). Ciò comporta la necessità di chiarire quale sia la natura normativa di tali disposizioni ai fini del presente giudizio di legittimità.

Com’è noto, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 64 stabilisce la ripartizione del territorio nazionale in una serie di distretti idrografici, tra i quali quello delle Alpi orientali il quale, a sua volta, comprende quattro bacini idrografici. Il successivo art. 65, comma 1, dispone che il Piano di bacino distrettuale “ha valore di piano territoriale di settore”, mentre il successivo comma 4 riconosce alle disposizioni di tale Piano “carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonchè per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino”; mentre il medesimo art. 65, comma 6 stabilisce che le Regioni sono tenute, nel termine ivi fissato, ad emanare le norme “concernenti l’attuazione del piano stesso nel settore urbanistico”. Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 66, comma 6, dispone, poi, che, una volta conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica, i piani di bacino siano approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (com’è avvenuto, infatti, nel caso oggi in esame). L’art. 117, comma 1 D.Lgs. cit. stabilisce che per ciascun distretto idrografico sia adottato un Piano di gestione “che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all’art. 65”; mentre l’art. 121 medesimo D.Lgs. dispone che il Piano di tutela delle acque “costituisce uno specifico piano di settore”, che le Regioni sono state chiamate ad adottare entro il 31 dicembre 2007, previa trasmissione al Ministero dell’ambiente ed alle competenti Autorità di bacino.

Deriva da tale complesso ordito normativo che il Piano di gestione delle acque invocato dalle parti ricorrenti a sostegno del motivo di ricorso in esame – analogamente a quanto questa Corte ha già affermato in relazione ai regolamenti edilizi comunali (v. le sentenze 15 giugno 2010, n. 14446, 29 luglio 2009, n. 17692, nonchè l’ordinanza 18 ottobre 2018, n. 26270) – è da ritenere fonte di norme giuridiche di natura secondaria; le quali, siccome sostanzialmente integrative dei precetti posti dalle norme primarie, devono essere tenute in considerazione ai fini della verifica di sussistenza di censure di violazione di legge.

In questo senso, del resto, vanno richiamate due pronunce di queste Sezioni Unite: la sentenza 23 settembre 2014, n. 19975, la quale ha accolto alcuni motivi di ricorso nei quali si lamentava, tra l’altro, anche la violazione di alcuni articoli delle norme di attuazione del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico del fiume Po; nonchè la sentenza 2 febbraio 2017, n. 2731, in materia di norme tecniche di attuazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale il quale aveva assunto valore di Piano di tutela delle acque della Regione Lombardia.

1.3. Tanto premesso, il motivo di ricorso in esame correttamente ricorda che il volume 8, punto 6, del Piano di gestione delle acque del bacino delle Alpi orientali dispone che, al fine di “preservare le caratteristiche di naturalità proprie dei piccoli bacini montani e dei torrenti montani non sono ammesse nuove derivazioni ad uso idroelettrico ovvero varianti significative di esistenti derivazioni, qualora il bacino sotteso all’opera di presa sia inferiore o uguale a 10 kmq”.

Nel caso specifico è assodato, come ammette anche il Tribunale superiore nella sentenza impugnata, che soltanto procedendo alla sommatoria del bacino imbrifero del (OMISSIS) e di quello del torrente (OMISSIS) si poteva raggiungere l’estensione di 10,222 kmq, idonea a rispettare il limite minimo fissato nella norma del Piano di gestione delle acque. Si tratta quindi di stabilire, in sostanza, se sia corretta l’operazione compiuta dal TSAP oppure se, viceversa, essa comporti una violazione della normativa secondaria in esame.

Ritengono queste Sezioni Unite che la sentenza impugnata contenga la contestata violazione di legge e debba, pertanto, essere cassata.

Risulta infatti dal complesso della normativa richiamata che il limite minimo di 10 kmq stabilito per le dimensioni del bacino imbrifero sotteso all’opera di presa è stato dettato da evidenti ragioni di salvaguardia ambientale, cioè dalla necessità di tutelare il delicato habitat della montagna, evitando che interventi artificiali dell’uomo possano andare ad alterare il complessivo ecosistema. In altri termini, la normativa secondaria ha ritenuto di dover fissare un limite minimo del bacino sotteso all’opera di presa, vietando, in difetto, la possibilità di ammettere nuove concessioni di derivazione a scopo idroelettrico.

Ora, è vero che la realizzazione del progetto della Regola di Dosoledo consentiva, come osserva il TSAP, di collegare la richiesta di derivazione ad uso idroelettrico dal torrente (OMISSIS) ad un bacino imbrifero di dimensioni rispettose del limite minimo fissato nel Piano di bacino; ma è altrettanto vero che ciò poteva accadere solo grazie alla sommatoria dei due bacini e con l’inserimento di un bypass del corso del (OMISSIS), cioè creando – come afferma la sentenza – “un unico impianto alimentato dall’insieme della derivazione e del bypass”. E’ palese, quindi, che la domanda di concessione presentata dalla Regola di Dosoledo esigeva comunque un intervento di spostamento del deflusso delle acque, in modo da poter rispettare il suindicato limite di 10 kmq soltanto attraverso un intervento artificiale, di per sè non previsto nel Piano di gestione delle acque. D’altra parte, l’inciso contenuto nella sentenza impugnata secondo cui ad ogni derivazione deve corrispondere un bacino idrografico va completata nel senso che tale bacino deve, assunto nella sua singolarità naturale e senza aggiunte artificiali, corrispondere alle dimensioni minime richieste dal Piano di tutela invocato.

Il motivo in esame, pertanto, è fondato.

2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione del Piano di gestione delle acque del bacino delle Alpi orientali e, in particolare, dell’art. 8 del medesimo, relativo alle dimensioni dei bacini sottesi alle opere di derivazione a scopo idroelettrico, sotto un diverso profilo, nonchè degli artt. 7 e 12-bis t.u. acque.

2.1. L’esame di questo motivo rimane assorbito dall’accoglimento del precedente.

3. In conclusione, è accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata è cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, rigettando la domanda proposta dalla Regola di Dosoledo davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

La complessità e novità della questione, unita all’esito di accoglimento da parte della sentenza oggi cassata, consigliano di compensare per intero le spese del giudizio di cassazione e di quello in unico grado svoltosi davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla Regola di Dosoledo davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

Compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione e di quello in unico grado svoltosi davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA