Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33080 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17748-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

D.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3296/10/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata l’01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso una sentenza della CTP di Reggio nell’Emilia, che aveva accolto il ricorso del contribuente D.A. avverso due avvisi di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA anni 2005 e 2006, con i quali erano stati ripresi a tassazione costi indebitamente dedotti ed IVA indebitamente detratta.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che il contribuente non si è costituito;

che, con il primo motivo, la ricorrente deduce motivazione apparente, illogica e contraddittoria, nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, in sede di pvc, il contribuente era stato indicato non solo come utilizzatore delle fatture false emesse dalla ditta individuale “Il Colore di N.D.”, ritenuta essere una ditta “cartiera”, ma altresì come persona coinvolta negli schemi di frode perpetrati dal medesimo N., essendo stato indicato come gerente della cartiera anzidetta; secondo i giudici di merito il contribuente, con gravi problemi di vista, si sarebbe fatto aiutare dal N. per continuare la propria attività di procacciatore di affari; tuttavia l’attività svolta dal contribuente, descritta su alcune fatture come “anticipo per prestazioni concordate”, era stata descritta in modo generico e privo di riscontri fattuali; inoltre le rilevanti somme corrisposte dal contribuente al N. (Euro 71.800,00 nel 2005 ed Euro 70.700,00 nel 2006) erano del tutto sproporzionate rispetto alle semplici prestazioni di accompagnamento ed assistenza svolte dal N.; pertanto la motivazione della sentenza impugnata era sa ritenere apparente, siccome fondata su affermazioni apodittiche;

che il motivo di ricorso in esame è infondato, tenuto conto della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 7402 del 2017), secondo la quale, pur dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito nella L. n. 134 del 2012, che ha reso non più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, i provvedimenti giudiziari continuano ad essere sottoposti all’obbligo della motivazione, previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; e detto obbligo è da ritenere oggi violato solo se la motivazione è totalmente mancante, ovvero è meramente apparente, ovvero è del tutto inidonea ad assolvere alla sua funzione di esplicitare le ragioni della decisione, siccome afflitta da un contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, ovvero obiettivamente incomprensibile, concretandosi, in tal caso, una nullità processuale, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

che tuttavia, non è ravvisabile nella specie la lamentata assoluta carenza di motivazione, avendo la CTR sviluppato argomentazioni che, seppur non condivisibili, come si vedrà appresso, sono pur sempre idonee a fondare il proprio convincimento, secondo il quale era inadeguato l’indizio costituito dalle dichiarazioni rese dal titolare della ditta “cartiera”, siccome contestate dal contribuente e sarebbe stato onere dell’ufficio offrire ulteriori riscontri in ordine alla consapevolezza, da parte del contribuente, della natura di “cartiera” della ditta individuale “Il Colore di N.D.”;

che, col secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la sentenza impugnata era in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale affermatosi in tema di ripartizione dell’onere probatorio nei recuperi a tassazione connessi all’utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti; secondo tale orientamento l’ufficio, qualora ritenga che una fattura abbia ad oggetto operazioni oggettivamente inesistenti e quindi contesti l’indebita detrazione dell’IVA e la deduzione dei relativi costi, è tenuto a fornire la prova del fatto che l’operazione fatturata non sia stata effettuata e che il soggetto emittente sia una “cartiera”; ed a tal punto grava sul contribuente l’onere di provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate; e la relativa prova non può certo consistere nell’esibizione delle fatture e nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili, trattandosi di elementi normalmente utilizzati proprio al fine di far apparire reale un’operazione fittizia;

che il motivo di ricorso in esame è invece fondato;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 17290 del 2017), l’amministrazione finanziaria, qualora contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture ai fini IVA ed IRPEF, in quanto riferite ad operazioni inesistenti, è tenuta a fornire gli elementi, sui quali ha fondato la sua contestazione e dai quali ha presunto che l’operazione commerciale oggetto della fattura non sia stata mai posta in essere, potendo anche fare riferimento all’eventuale conoscenza che il contribuente, richiedente la detrazione, possa aver avuto della fittizietà delle operazioni; mentre è il contribuente tenuto, a sua volta, a dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibile e la sua mancata consapevolezza di partecipare ad un’operazione fraudolenta, non essendo sufficiente, a tal fine, opporre la regolarità formale delle scritture ovvero le evidenze contabili dei pagamenti, trattandosi di dati e circostanze facilmente falsificabili (cfr. Cass. n. 28683 del 2015); che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’amministrazione può fornire gli elementi di cui sopra anche mediante presunzioni ed elementi indiziari (cfr. Cass. n. 20059 del 2014);

che, pertanto, era la CTR tenuta a valutare la gravità, precisione e concordanza degli indizi offerti dall’Agenzia delle entrate, sui quali era fondato l’avviso di accertamento impugnato, esaminandoli sia singolarmente che nel loro complesso e confrontandoli, poi, con gli elementi probatori offerti dal contribuente a suo discarico;

che, invece, la CTR ha erroneamente ritenuto che fosse onere dell’ufficio offrire la prova completa ed esaustiva dell’inesistenza delle operazioni, alle quali si riferivano le fatture, nonchè acquisire ulteriori non precisati riscontri; al contrario la CTR avrebbe dovuto valutare gli elementi presuntivi offerti dall’ufficio, e consistiti principalmente nelle dichiarazioni fornite dal titolare della ditta “cartiera”, ritenute gravi e precise, a fronte delle quali il contribuente si era limitato a fare mere affermazioni in senso contrario, mentre invece era onere di quest’ultimo, e non dell’ufficio, fornire ulteriori riscontri in ordine alla effettività delle fatture emesse nei suoi confronti dalla ditta “cartiera”;

che, conclusivamente, respinto il primo motivo, va accolto il secondo motivo di ricorso, con riferimento al quale va cassata la sentenza impugnata e gli atti rinviati alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, respinto il primo motivo, accoglie il secondo motivo di ricorso; cassa, con riferimento a quest’ultimo, la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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