Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33073 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 16/12/2019), n.33073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13599-2018 proposto da:

M.F.B., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA

DELLA BALDUINA 59, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO MARCONE,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO

GALARDO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9139/21/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 27/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che il contribuente M.F.B. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione da lui proposto per errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4 avverso una precedente sentenza della medesima CTR, di parziale accoglimento di un suo ricorso averso un avviso di accertamento di plusvalenza tassabile di Euro 47.949,00 anno 2009, per la vendita di un terreno, nella parte in cui ricadeva in zona edificabile.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, il contribuente deduce violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che aveva formato oggetto di discussione fra le parti, in quanto nelle premesse del ricorso per revocazione egli aveva specificamente riportato i calcoli effettuati e l’elenco delle spese sostenute, attribuite pro quota a sè medesimo, in tal modo confutando quanto sostenuto dalla precedente sentenza della CTR oggetto di revocazione circa la mancanza dei calcoli, delle liste delle spese e delle percentuali; la sentenza impugnata non era conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in ipotesi di calcoli, liste di spesa e percentuali, tutte operazioni aritmetiche, il dato non era controvertibile e non poteva dar luogo ad apprezzamenti di alcun genere, con conseguente accoglibilità della sua domanda di revocazione;

che, col secondo motivo di ricorso, il contribuente lamenta nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione e violazione art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la motivazione della sentenza non era idonea a supportare sul piano logico le conclusioni raggiunte, essendo priva di argomentazioni confutative o di qualsiasi altro genere;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che il contribuente ha presentato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2;

che i due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di loro, sono inammissibili;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 14656 del 2017; Cass. n. 27570 del 2018), l’errore di fatto revocatorio è ravvisabile quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto, la cui verità sia incontrastabilmente esclusa, ovvero quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita; esso presuppone un contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra da atti e documenti processuali, purchè, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di valutazione o di giudizio e, dall’altro, che la realtà risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata fra le parti;

che, pertanto, l’errore in questione non può riguardare la violazione o la falsa applicazione di norme giuridiche, ovvero la valutazione e l’interpretazione di fatti storici; deve inoltre avere i caratteri dell’assoluta evidenza e dell’immediata percepibilità sulla base del semplice raffronto fra la sentenza impugnata e gli atti e documenti di causa, senza la necessità di svolgere argomentazioni induttive ovvero particolari valutazioni ermeneutiche; deve inoltre essere essenziale e decisivo, nel senso che, tra la percezione asseritamente erronea fatta dal giudice e la decisione dal medesimo emessa, sussista un nesso causale tale che, senza detto errore, la pronuncia sarebbe stata diversa;

che, pertanto non è idoneo ad integrare l’errore revocatorio il travisamento di dati giuridico-fattuali acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi degli atti del giudizio e, dunque, attraverso un’attività squisitamente valutativa, atteso che quest’ultima, quant’anche si riveli errata, non è per sua natura suscettibile di revocazione (cfr. in termini, Cass. n. 14108 del 2016; Cass. n. 13181 del 2013);

che, nella specie, il ricorrente ha lamentato che la sentenza impugnata abbia dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione da lui proposto avverso una precedente sentenza della medesima CTR, pur avendo egli specificamente indicato gli elementi (calcoli effettuati ed elenco delle spese sostenute, attribuite pro quota a sè medesimo), che avrebbero comportato un’ulteriore riduzione della plusvalenza tassabile e sui quali la sentenza da revocare non si era pronunciata;

che non sussiste nella specie l’assoluta evidenza e decisività degli elementi, ritenuti dal ricorrente come non valutati, si da potersi parlare di errore revocatorio, avendo la sentenza impugnata sottolineato che gli elementi evidenziati dal ricorrente erano stati, in ogni caso, sottoposti al vaglio del giudice, il quale aveva espresso, in ordine ad essi, un complessivo giudizio deliberativo;

che pertanto non può parlarsi nella specie di errore revocatorio, si che il ricorso in esame va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il contribuente al pagamento delle spese di giudizio, quantificate in Euro 1.500,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 16 dicembre 2019

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