Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33071 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 20/12/2018, (ud. 26/09/2018, dep. 20/12/2018), n.33071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19230-2017 proposto da:

N.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati ANNUNZIATA PISAPIA, GAETANA MASTROBERARDINO,

COSIMO PIO DI BENEDETTO;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, GIUSEPPE MATANO, LITIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA

VITA SCIPLINO, ANTONINO SGROI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1042/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

emessa il 14 dicembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26 settembre 2018 dal Consigliere Relatore Dott.

NICOLA DE MARINIS.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 17 gennaio 2017, la Corte d’Appello di Salerno, in riforma della decisione del Tribunale di Salerno, rigettava l’opposizione proposta da N.C. nei confronti dell’INPS avverso gli avvisi di addebito dall’Istituto notificati alla stessa in qualità di titolare della ditta individuale “International Traslation” per omesso versamento dei contributi dovuti alla gestione commercianti per il periodo 2007/2010;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto che l’attività svolta dalla ditta individuale di cui la N. era titolare, configurandosi, non quale attività ausiliaria alle imprese industriali, ma come attività di assistenza e consulenza specialistica, era sicuramente inquadrabile nel settore terziario e, perciò, rientrante nell’ambito di efficacia della L. n. 88 del 1989, art. 49;

che per la cassazione di tale decisione ricorre la N., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3,comma 8, anche in relazione al D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 8, conv. in L. n. 326 del 2003 nonchè degli artt. 112 e 277 c.p.c., lamenta a carico della Corte territoriale l’omessa pronunzia sull’inadempimento da parte dell’Istituto degli obblighi discendenti dalla normativa invocata, con particolare riguardo alla comunicazione dell’inquadramento operato o della rettifica del medesimo, quale piuttosto deve ritenersi, avendo riguardo all’inquadramento dichiarato dalla ricorrente e mai contestato all’atto della denuncia di inizio attività, quella attuata dall’Istituto in epoca successiva alla cessazione della stessa e resa comunque operante in contrasto con il cit. art. 3, comma 8, inadempimento da ritenersi rilevante per la ricorrente ai fini della valutazione di convenienza in ordine alla prosecuzione dell’attività;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2195 c.c., comma 1, n. 5, richiamato dalla L. n. 44 del 1973, art. 4, la ricorrente deduce l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla riconducibilità dell’attività svolta al settore terziario;

che, rilevata l’inammissibilità del primo motivo, con cui si denuncia l’omessa pronuncia su un’eccezione concernete un comportamento inadempiente dell’Istituto del quale neppure si indica con certezza l’esistenza del presupposto, ovvero la rettifica successiva di un inquadramento previdenziale originariamente diverso, deve ritenersi l’inammissibilità anche del secondo motivo, limitandosi le censure mosse a contrapporre la propria valutazione circa il carattere meramente strumentale e servente di uno specifico settore produttivo della prestazione di servizio offerta dalla ricorrente a quella della Corte territoriale viceversa mirata a valorizzarne l’autonomia sulla base del rilievo, desunto, in termini del tutto plausibili sul piano logico e giuridico, dall’analisi dell’oggetto sociale (“ideazione, programmazione e progettazione di eventi di incontro tra operatori economici e sociali, nonchè di prestazioni di servizio complementari di assistenza per un corretto svolgimento delle attività e successiva elaborazione e stampa di materiali di studio e analisi dei risultati raggiunti dagli operatori e di strategica utilità per lo sviluppo delle imprese del Mezzogiorno”), del suo prestarsi ad una offerta di mercato aperta ad una varietà di committenti appartenenti ai più diversi settori;

che, pertanto conformandosi alla proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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