Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33066 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. II, 20/12/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 20/12/2018), n.33066

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27543/2017 proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Golametto 4,

presso lo studio dell’avvocato Ferdinando Emilio Abbate, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Della Giustizia, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Roma, Via Dei Portoghesi 12, presso Avvocatura Generale Dello Stato,

che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 1128/2017 della Corte d’appello di Perugia,

depositato il 03/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal procedimento per riconoscimento della riparazione del danno non patrimoniale promosso da P.C. dinanzi la Corte d’appello di Roma proseguito dinanzi la Corte di cassazione e riassunto presso la medesima corte territoriale;

– successivamente la medesima parte lamentava la non ragionevole durata del suddetto giudizio di equa riparazione e pertanto adiva la Corte d’appello di Perugia per vedere riconosciuto il relativo indennizzo secondo la legge Pinto;

– la corte d’appello, ravvisato il pregiudizio lamentato nei limiti di tre anni di durata non ragionevole del procedimento e riconosciuto un importo di Euro 500 per ciascun anno a titolo di danno non patrimoniale, liquidava alla ricorrente la somma complessiva di Euro 1500, oltre interessi legali nonchè le spese di lite;

– la cassazione del decreto depositato il 3 maggio 2017 è stato chiesto da P.C. con ricorso notificato il 25 novembre 2017 ed articolato sulla base di due motivi, illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza camerale;

– il Ministero della Giustizia ha depositato atto di costituzione ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge Pinto laddove è stata illegittimamente determinata la durata non ragionevole in tre anni anzichè in tre anni e cinque mesi, in considerazione del periodo effettivamente risultante dalla detrazione dal periodo complessivo di anni 8 e mesi uno, intercorso fra il 02/04/2004 ed il 03/05/2012, quello di tre anni per la ragionevole durata dei tre gradi, nonchè quello di ulteriori venti mesi, e non 2 anni come invece fatto nel decreto impugnato, per comportamento addebitabile alle parti;

– dai due anni considerati per il deposito del ricorso per cassazione e per il deposito del ricorso in riassunzione avrebbero dovuto essere rispettivamente decurtati due mesi per la redazione del ricorso in cassazione e due mesi per il ricorso per riassunzione, cosicchè il periodo di durata non ragionevole residuava in anni tre e mesi cinque (97 mesi -36 mesi-20 mesi= 41 mesi, pari a tre anni e cinque mesi);

– il motivo è fondato, atteso che la durata complessiva del giudizio presupposto è stata di anni 8 e mesi uno e che, detratti i periodi come esattamente indicati dalla ricorrente (tre anni per i tre gradi e 20 mesi per il ricorso per cassazione e per la riassunzione), la durata non ragionevole è pari ad anni tre e mesi cinque (cfr. Cass. 21563/2015) con la conseguenza che l’indennizzo dovuto va determinato, sulla base della normativa applicabile ratione temporis (ricorso del 2012) secondo il parametro utilizzato dalla corte territoriale – in Euro 1.710,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

– con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 2233 c.c., comma 2 e del D.M. n. 55 del 2014, in relazione all’operata liquidazione delle spese in Euro 405,00 che, ad avviso del ricorrente, sarebbe avvenuta in misura inferiore ai minimi previsti dalla tabella di riferimento secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis al decreto emesso il 2 febbraio 2017;

– il motivo è fondato;

– va preliminarmente osservato che la fattispecie dedotta in giudizio è regolata, ratione temporis, dal D.M. n. 55 del 2014, posto che alla data di entrata in vigore di tale decreto la prestazione professionale del cui compenso di discute non si era conclusa e che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 17406/2012, la nozione di compenso rimanda ad un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata, ancorchè iniziata e parzialmente svolta sotto il vigore di discipline tariffarie previgenti (conf. Cass. 4949/2017);

– il D.M. n. 55 del 2014, indica i parametri medi del compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può si discostare, purchè si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dell’art. 4, comma 1 di tale decreto (cfr. Cass. 2383/2017; id. 18167/2015);

– tenuto conto del valore della causa (da Euro 1100,00 ad Euro 5.200,00), la liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale, in complessive Euro 405,00, risulta porsi immotivatamente al di sotto dei minimi imposti dal D.M. n. 55 del 2014, pur applicando, in ragione della speciale semplicità dell’affare, la massima riduzione prevista del medesimo D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1 (pari al 70% per la fase istruttorie ed al 50% per le altre fasi);

– l’accoglimento del motivo comporta che il provvedimento gravato debba essere cassato;

– sussistendo le condizioni, la causa va decisa nel merito, dovendosi liquidare il complessivo compenso dei difensori della ricorrente per il giudizio di merito nel minimo risultante dalla massima percentuale di riduzione applicabile ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 e, quindi, in Euro 1198,50 (Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo L. n. 576 del 1908, ex art. 11; con distrazione in favore degli avvocati Giovambattista Ferraiolo e Ferdinando Emilio Abbate che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;

– atteso l’esito del giudizio ed in applicazione della soccombenza, parte intimata va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione delle spese a favore del procuratore antistatario Ferdinando Emilio Abbate.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento a favore della ricorrente di Euro 1710,00, oltre interessi dalla domanda al saldo;

condanna il Ministero di Giustizia al pagamento delle spese per il giudizio di merito liquidate in Euro 1198,50 oltre 15% per rimborso spese generali oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori dichiarati antistatari;

condanna il Ministero di Giustizia alla rifusione delle spese per il presente giudizio di cassazione liquidate in Euro 900,00 oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiarato antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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