Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33065 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. II, 20/12/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 20/12/2018), n.33065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20137/2017 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Golametto n.

4, presso lo studio dell’avvocato Giovambattista Ferriolo, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati Ferdinando Emilio

Abbate e Ranieri Roda;

– ricorrente –

contro

Ministero Della Giustizia, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 266/2017 della Corte d’appello di Perugia,

depositata il 02/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal procedimento per il riconoscimento di equa riparazione instaurato da Maria Angelini avanti alla Corte d’appello di Roma con ricorso del 4 ottobre 2004, definito con decreto di accoglimento del 26 maggio 2005, avverso il quale veniva proposta l’impugnazione presso la Suprema Corte con ricorso notificato il 7 luglio 2006 e definito con sentenza n. 8973 depositata il 15 aprile 2009;

– proposto ricorso ai sensi della legge Pinto avverso il predetto giudizio presupposto, la Corte d’appello di Perugia riconosceva la durata non ragionevole in anni uno: in particolare detraeva dal periodo complessivo di anni quattro, il periodo di un anno innanzi alla corte d’appello, un anno per la fase davanti alla cassazione ed inoltre, considerato che il ricorso per cassazione era stato proposto in prossimità della scadenza del termine annuale, detraeva l’ulteriore periodo di undici mesi;

– ne derivava il riconoscimento della durata non ragionevole di anni uno e la determinazione dell’indennizzo in Euro 500,00;

– la cassazione del decreto della corte territoriale perugina depositato il 2 febbraio 2017 è chiesto dalla ricorrente con ricorso notificato il 31 luglio 2017 ed articolato sulla base di due motivi, illustrati da memoria integrativa ritualmente depositata;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero della Giustizia.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della Legge Pinto laddove è stata illegittimamente determinata la durata non ragionevole in un anno anzichè in un anno e sette mesi, in considerazione del periodo effettivamente risultante dalla detrazione dal periodo complessivo di anni quattro e mesi sei intercorso fra il 4/10/2004 ed il 15/4/2009 di due anni ed undici mesi, ritenuto dalla corte territoriale quale periodo ragionevole di durata;

– il motivo è fondato, atteso che la durata complessiva del giudizio presupposto è stata di anni quattro e mesi sei e che, detratti i periodi come esattamente indicati (due anni e mesi undici), la durata non ragionevole è pari ad anni uno e mesi sette (cfr. Cass. 21563/2015) con la conseguenza che l’indennizzo dovuto va determinato, sulla base della normativa applicabile ratione temporis (ricorso del 2011) – secondo il parametro utilizzato dalla corte territoriale – in Euro 790,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

– con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 2233 c.c., comma 2 e del D.M. n. 55 del 2014, in relazione all’operata liquidazione delle spese in Euro 210,00 che, ad avviso del ricorrente, sarebbe avvenuta in misura inferiore ai minimi previsti dalla tabella di riferimento secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis al decreto emesso il 2 febbraio 2017;

– il motivo è fondato;

– va preliminarmente osservato che la fattispecie dedotta in giudizio è regolata, ratione temporis, dal D.M. n. 55 del 2014, posto che alla data di entrata in vigore di tale decreto la prestazione professionale del cui compenso di discute non si era conclusa e che, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 17406/2012, la nozione di compenso rimanda ad un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata, ancorchè iniziata e parzialmente svolta sotto il vigore di discipline tariffarie previgenti (conf. Cass. 4949/2017);

– il D.M. n. 55 del 2014, indica i parametri medi del compenso professionale dell’avvocato, dai quali il giudice si può si discostare, purchè si mantenga tra il minimo ed il massimo risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dell’art. 4, comma 1 di tale decreto (cfr. Cass. 2383/2017; id. 18167/2015);

– tenuto conto del valore della causa (da Euro 0,01 ad Euro 1.100,00), la liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale, in complessive Euro 210,00, risulta porsi immotivatamente al di sotto dei minimi imposti dal D.M. n. 55 del 2014, pur applicando, in ragione della speciale semplicità dell’affare, la massima riduzione prevista del medesimo D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1 (pari al 70% per la fase istruttorie ed al 50% per le altre fasi);

– l’accoglimento del motivo comporta che il provvedimento gravato debba essere cassato;

– sussistendo le condizioni, la causa va decisa nel merito, dovendosi liquidare il complessivo compenso dei difensori della ricorrente per il giudizio di merito nel minimo risultante dalla massima percentuale di riduzione applicabile ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4 e, quindi, in Euro 281,00 (Euro 67,50 per la fase di studio, Euro 67,50 per la fase introduttiva, Euro 51,00 per la fase istruttoria, Euro 100,00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo L. n. 576 del 1908, ex art. 11; con distrazione in favore degli avvocati Giovambattista Ferriolo, Ferdinando Emilio Abbate e Ranieri Roda che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;

– atteso l’esito del giudizio ed in applicazione della soccombenza, parte intimata va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione delle spese a favore dei procuratori antistatari.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento a favore della ricorrente di Euro 790,00, oltre interessi dalla domanda al saldo;

condanna il Ministero di Giustizia al pagamento delle spese per il giudizio di merito liquidate in Euro 281,00 oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori, da distrarsi in favore dei procuratori dichiarati antistatari;

condanna il Ministero di Giustizia alla rifusione delle spese per il presente giudizio di cassazione liquidate in Euro 322,50 oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori dichiarati antistatari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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