Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3306 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.08/02/2017),  n. 3306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13302/2016 proposto da:

A.T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B.

MORGAGNI 2/A, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO SEGARELLI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERMARIO DE SANTO,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTIGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

QUESTURA DI FIRENZE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1997/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

emessa il 30/10/2015 e depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE;

udito l’Avvocato Umberto Segarelli, per il ricorrente, che si riporta

agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il Consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza in data 25 novembre 2015, la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dal sig. A.T.A. avverso l’ordinanza del Tribunale di quella stessa città che ha respinto il suo ricorso contro il provvedimento del Questore, reso in data 28 ottobre 2013, che aveva revocato il suo permesso di soggiorno, rilasciato (in data 7 febbraio 2008) per motivi familiari.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il sig. A.T.A., con atto notificato il 20 maggio 2016, sulla base di un unico motivo, con il quale lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di legge oltre che l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Il Ministero non ha svolto difese.

Il ricorso appare manifestamente infondato, in quanto il ragionamento svolto dal giudice distrettuale appare immune da censure nella parte, oggetto di ricorso, in cui ha dichiarato inammissibile l’impugnazione perchè relativa ad un provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per ragioni familiari quando ormai il detto titolo di soggiorno era scaduto (fin dal 28 febbraio 2013), divenendo irrilevante il fatto che la richiesta di rinnovo del titolo era stata successivamente svolta per ragioni di lavoro (essendo – in tal caso – il diniego rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo).

Infatti, ogni considerazione svolta nel ricorso circa la presunta efficacia pregiudicante di quella revoca, intervenuta oltre la data di scadenza del titolo, appare come irrilevante, non avendo il ricorrente neppure allegato di aver richiesto il rinnovo del permesso sulla base delle proprie ragioni familiare (che costituivano il supporto del precedente titolo) ed avendo, anzi, convenuto di aver richiesto il rilascio del nuovo per inedite ragioni di lavoro, rispetto alle quali, correttamente, la Corte territoriale ha escluso la propria giurisdizione.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 5”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione (sopra riportata), alla quale sono state mosse osservazioni critiche da parte del ricorrente;

ce, tuttavia, le osservazioni critiche non sono idonee ad ottenere la richiesta revisione della proposta sopra riportata, in quanto l’interesse alla pretesa continuità tra il provvedimento (che si assume ingiustamente revocato (o annullato) dall’Autorità amministrativa), che la decisione giudiziale ha escluso in punto di fatto, per essere intervenuti, sia il provvedimento ablativo sia la richiesta di rinnovo da parte dell’odierno ricorrente, ben oltre il termine di scadenza del titolo originario e senza che alcuna “saldatura” tra il precedente titolo e quello richiesto potesse prodursi;

che, peraltro, ove anche tale continuità si potesse ipotizzare in astratto ed in via di ricostruzione postuma, resterebbe intatto la difficoltà dell’esame di tale problema da parte relativa al successivo giurisdizione; che, perciò, il del GO, essendo la questione diniego appartenente ad altra essere respinto in applicazione del detto ragionamento; che, alla reiezione del ricorso, non consegue nè la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive, nè il raddoppio del contributo unificato (ratione materiae).

PQM

La Corte;

Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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