Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3305 del 08/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2017, (ud. 09/12/2016, dep.08/02/2017), n. 3305
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10009/2016 proposto da:
O.H.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato SIMONA MAGGIOLINI, giusta nomina in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTRO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 358/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,
emessa il 16/02/2016 e depositata il 29/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO
GENOVESE.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Con sentenza in data 29 febbraio 2016, la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento dell’impugnazione proposta dal Ministero dell’Interno, ha riformato la sentenza del Tribunale di quella stessa città e, per l’effetto, ha respinto il ricorso proposto dal sig. O.H.O., cittadino nigeriano richiedente il riconoscimento della protezione internazionale, contro la decisione negativa adottata dalla Commissione per il riconoscimento della stessa.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il sig. O.H.O., con atto notificato il 14 aprile 2016, sulla base di un unico motivo, con il quale lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.
Il Ministero non ha svolto difese.
Il ricorso appare manifestamente infondato in quanto, la doglianza di violazione di legge viene svolta, in realtà, per affermare la contraddittorietà (e quindi la sostanziale mancanza)della motivazione poichè la Corte territoriale avrebbe dato valore ad una sola parte della narrazione del richiedente asilo e non anche ad altra, senza che assuma rilievo la specifica violazione di legge.
Ma il sindacato sulla presunta contraddittorietà del ragionamento giudiziale impugnato si rivela inefficace, atteso che dal racconto del cittadino richiedente protezione la Corte territoriale ha mostrato di dubitare in base a idonee presunzioni (l’abbandono della prole lasciata a studiare in luogo lontano) oltre che dall’affermazione, contraddetta in fatto rilevato d’ufficio (come è pure consentito al giudice in siffatto tipo di giudizi), della Nigeria come indiscriminato campo di guerra. Ha, invece, estratto, la conclusione della mancanza dei requisiti di legge in capo al ricorrente avendo il richiedente asilo affermato che il proprio luogo di provenienza era riconducibile ad una località non investita da tali fenomeni di guerra, senza che nulla sia stata di contro offerto per la negazione di tale considerazione.
In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 5”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione (sopra riportata), alla quale non sono state mosse osservazioni critiche;
che, perciò, il ricorso, manifestamente infondato, deve essere respinto in applicazione dei richiamato ed enunciato principio di diritto;
che, alla reiezione del ricorso, non consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive;
che, tuttavia, al rigetto del ricorso consegue il raddoppio del contributo unificato atteso che, se in tema di controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell’Unione europea (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18) e di opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè agli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare (cit. D.Lgs. n. 150, art. 20), è espressamente stabilito che “Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di registro e da ogni altra tassa”, una tale analoga previsione manca con riferimento alle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale (cit. D.Lgs. n. 150, art. 19), onde manca l’esenzione dal contributo unificato e, perciò, esso va raddoppiato in caro di rigetto del relativo ricorso.
PQM
La Corte:
Respinge il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione sesta Civile – 1, della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 9 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017