Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33046 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 20/12/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 20/12/2018), n.33046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE – T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23355-2017 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

RENATO ANGELONE, GIOVANNA PAGNOZZI;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DEL FABBRICATO N. (OMISSIS) DI (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato UGO GRECO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1338/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23 marzo 2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20 settembre 2018 dal Consigliere Dott. GUIDO

FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 1338/2017, confermando la pronuncia di primo grado, dichiarava l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da P.A. contro il Condominio di (OMISSIS) – fabbricato (OMISSIS) per il pagamento dell’importo di 10.304,12 euro, a titolo di oneri condominiali ordinari e straordinari, relativi agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008.

La Corte di merito disattendeva l’eccezione di difetto di legittimazione dell’amministratore del condominio, P.M., rilevando che questi non aveva agito in proprio, bensì quale amministratore del Condominio, i cui poteri sono attribuiti per legge. Il giudice di appello rilevava inoltre che le delibere di ripartizione spese per oneri condominiali poste a fondamento del decreto opposto non erano state oggetto di impugnativa.

Contro tale sentenza ricorre con tre motivi P.A.. Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS).

Il relatore ha proposto il rigetto per manifesta infondatezza del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo mezzo la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1129, dell’art. 1130, n. 1 e dell’art. 1136 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la statuizione della Corte territoriale che ha ritenuto che l’amministratore fosse dotato del potere di recuperare le somme relative alle partite contabili degli anni 2006/2007/2008 i cui esercizi erano in contestazione.

Il ricorrente richiama al riguardo la delib. condominiale del 23 luglio 2009, deducendo che in forza di detta delibera la sottoposizione di situazioni contabili anteriori al 13 novembre 2009, relative alla precedente gestione ( S.), in ordine alla quale vi erano contestazioni pendenti, non rientravano nei poteri/doveri del nuovo amministratore.

Il motivo è infondato.

Non può infatti ritenersi che il nuovo amministratore P. fosse privo dei poteri di riscossione degli oneri condominiali relativi ad annualità pregresse alla sua nomina, relative a rendiconti e piani di riparto ritualmente approvati.

La delib. del 23 luglio 2009 richiamata dal ricorrente relativa all’approvazione del bilancio consuntivo 2008 e riassuntivo 2009, in cui si affermava che “la sottoposizione all’ordine del giorno di situazioni gestionali pregresse non rientrava nei poteri/doveri del nuovo amministratore,” non contiene alcuna limitazione del potere del nuovo amministratore di agire in giudizio per la riscossione dei crediti del condominio ed in particolare per il recupero degli oneri condominiali nei confronti dei singoli condomini, che rientra ex art. 1130 c.c. nei poteri generali dell’ amministratore.

Altro è infatti la decisione di escludere dall’ordine del giorno e dunque di non trattare in assemblea situazioni gestionali pregresse, perfezionatesi anteriormente alla nomina del nuovo amministratore, altra è la decisione di escludere il potere di agire per la riscossione dei relativi crediti in capo all’amministratore, che costituisce specifica e rilevante limitazione delle sue attribuzioni, che va specificamente disposta.

Tale statuizione non risulta peraltro adottata nella delibera in oggetto, nè risulta in alcun modo desumibile dal contenuto della delibera stessa una limitazione degli ordinari poteri dell’amministratore.

L’amministratore di un condominio è infatti legittimato ad agire – ed a chiedere, perciò, l’emissione del decreto ingiuntivo previsto dall’art. 63 disp. att. c.c. – contro il condomino moroso per il recupero degli oneri condominiali, una volta che l’assemblea condominiale abbia deliberato sulla loro ripartizione, nonostante la mancanza dell’autorizzazione a stare in giudizio rilasciata dall’assemblea medesima; e, poichè la fonte di tale potere discende dall’approvazione assembleare del piano di ripartizione, non v’è ragione di distinguere tra gli oneri condominiali relativi a spese ordinarie e quelli riguardanti le spese straordinarie (Cass. 27292/2005).

Tale generale potere dell’amministratore, come detto, non risulta in alcun modo limitato dalla delibera citata dal ricorrente ed anzi la sentenza impugnata ha rilevato che le delibere di ripartizione relative agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008 non erano state impugnate e potevano pertanto ben essere poste a fondamento del ricorso dell’amministratore nei confronti dell’odierno ricorrente.

Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e l’omessa motivazione, per non avere la Corte disposto la compensazione delle spese pur in presenza di una soccombenza reciproca.

Il motivo è infondato.

La condanna alle spese del ricorrente costituisce corretta applicazione del principio di soccombenza, considerato l’esito della lite, fermo restando che in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; vi esula, pertanto, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass. 24502/2017).

Con il terzo motivo si censura l’error in procedendo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 646,643 c.p.c. e ss., art. 183 c.p.c., comma 6, art. 279, nn. 2 e 4, art. 354, comma 4, art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte territoriale concesso i termini ex art. 183 c.p.c., comma 6, per l’istruttoria e non aver rilevato che l’opponente non aveva provato la propria domanda.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza. La Corte territoriale ha ritenuto provata la pretesa del condominio sulle base delle delibere di ripartizione degli oneri condominiali relative agli anni 2005, 2006, 2007 e 2008.

Tale statuizione costituisce idonea ratio della pronuncia di rigetto dell’opposizione.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 6, non risulta dal corpo del ricorso nè la riproposizione in atto di appello delle eventuali istanze istruttorie non ammesse in primo grado, nè la specifica deduzione del pregiudizio derivante dalla mancata concessione dei termini di cui all’art. 183, comma 6, posto che, avuto riguardo ai documenti citati dal ricorrente, gli stessi o erano già stati acquisiti in atti, in quanto prodotti in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, oppure avrebbero ben potuto essere ritualmente prodotti contestualmente all’atto di citazione in appello.

Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio che liquida in Euro 2000 (DUEMILA/00) per compensi e 200,00 per esborsi e altro.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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