Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33040 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 20/12/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 20/12/2018), n.33040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18395-2017 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

GRAMSCI 20, presso lo studio dell’avvocato MANLIO LENTINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE DI STEFANO;

– ricorrente –

contro

R.C., M.V., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1132/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 11 giugno 2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20 settembre 2018 dal Consigliere Dott. GUIDO

FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza n. 1132 del 2016, confermando la pronuncia di primo grado, ha disatteso la domanda di restituzione di una somma pagata per sostenere le spese per la ristrutturazione di alcuni immobili promessi in donazione ma mai trasferiti dai signori R.C. e M.S. ad A.S., con scrittura privata del 1994, successivamente disconosciuta.

La Corte di merito rilevava che l’ A. non aveva indicato il titolo su cui si fondava la domanda azionata e che la stessa era priva di alcuna allegazione e prova del rapporto giuridico su cui la suddetta pretesa era fondata. L’ A. aveva, inoltre, introdotto per la prima volta in appello le domande ex art. 2033 e 2041 c.c., con conseguente inammissibilità delle stesse.

2 Avverso detta sentenza ricorre, con due motivi, A.S.. Le altre parti non hanno svolto, nel corso del presente giudizio, attività difensiva.

Il relatore ha proposto l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte territoriale qualificato la domanda, svolgendo una ricostruzione parziale dei fatti probanti.

Il motivo è inammissibile, in quanto denuncia un vizio di omessa motivazione non più censurabile in forza della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), applicabile ratione temporis al caso di specie;

In seguito alla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.(Cass. 23940/2017).

Con il secondo motivo si denuncia l’erronea e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. per non avere la Corte definito l’oggetto specifico della questione proposta, in violazione del principio iura novit curia.

Il motivo è inammissibile per diversi profili.

Premesso che non viene dedotta la specifica ipotesi di vizio della sentenza impugnata, tra quelle di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, il motivo non coglie la ratio della pronuncia, che, confermando la statuizione di primo grado, ha ritenuto che l’odierno ricorrente non avesse provato il titolo su cui era fondata la propria domanda di restituzione di somme.

Il giudice di appello ha ritenuto all’uopo inidonea la scrittura privata allegata dal ricorrente, da cui non risultava alcun credito in suo favore, nè un correlativo obbligo di rimborso a carico degli intimati ed ha altresì affermato la “novità” e conseguente inammissibilità ex art. 345 c.p.c., delle domande di cui agli art. 2033 e 2041 c.c., in quanto proposte soltanto in grado di appello, posto che i relativi fatti costitutivi non erano stati ritualmente proposti nel giudizio di primo grado.

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del ricorso e, considerato che gli intimati non hanno svolto nel presente giudizio attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore import, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

la Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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