Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33032 del 16/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/12/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 16/12/2019), n.33032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4409-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GABRIELE ROMEO;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIUSEPPE GIARDINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 619/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 20/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 20.7.2017, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto per intervenuta prescrizione dei crediti l’opposizione proposta da C.R. alla cartella esattoriale con cui Riscossione Sicilia s.p.a. gli aveva richiesto il pagamento di contributi previdenziali; che avverso tale pronuncia Riscossione Sicilia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che C.R. ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per inesistenza giuridica della notifica effettuata tramite posta elettronica certificata; che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo di censura, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e art. 2719 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto irrilevante, ai fini del decorso della prescrizione, la notifica dell’intimazione di pagamento, valutando che essa non fosse riconducibile alla cartella e senza avere riguardo alla c.d. “interrogazione cartella”, ossia alle risultanze dei suoi registri informatici interni;

che il motivo è inammissibile per difetto di specificità, non riportando il ricorso nè il contenuto della c.d. “interrogazione cartella” nè quello dell’avviso di ricevimento relativo alla raccomandata in questione nè degli atti cui essi in ipotesi accederebbero;

che, al riguardo, costituisce orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, a pena d’inammissibilità di produrlo agli atti (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) e di indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (cfr. da ult. Cass. nn. 19048 del 2016, 14107 del 2017);

che tale mancata specificazione del contenuto appare vieppiù rimarchevole nel caso di specie, in cui parte ricorrente si duole tra l’altro della statuizione della Corte di merito relativa all’inidoneità della c.d. “interrogazione cartella” a dare prova di fatti ivi rappresentati in quanto “mera stampa senza alcun crisma di autenticità dei registri informatici interni del concessionario” (così la sentenza impugnata, pag. 2), non evincendosi dal tenore del ricorso se il documento ritenuto irrilevante dalla Corte territoriale potesse essere sussunto nell’alveo delle riproduzioni per estratto rilasciate nella forma prescritta dal pubblico ufficiale che ne è depositario (art. 2718 c.c.), alle quali sono parificate le copie della parte del ruolo relativa al contribuente che siano munite della dichiarazione di conformità all’originale resa dal collettore delle imposte (cfr. Cass. n. 25962 del 2011; v. in tal senso già Cass. n. 13743 del 2018);

che il ricorso, assorbita ogni altra questione, va pertanto dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, da distrarsi in favore del difensore di parte controricorrente, antistatario;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, che si liquidano in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, e si distraggono in favore del difensore di parte controricorrente, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2019

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