Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3303 del 03/02/2022
Cassazione civile sez. trib., 03/02/2022, (ud. 09/11/2021, dep. 03/02/2022), n.3303
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3598/2012 R.G. proposto da:
SCHLUMBERGER ITALIANA s.p.a. in persona del suo legale rappresentante
pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv.
prof. Guglielmo Maisto (PEC g.maisto.pec.maistoassociati.it) e
dall’avv. Marco Cerrato (PEC m.cerrato.pec.maistoassociati.it) con
domicilio eletto presso i ridetti procuratori in Roma, P.zza d’Ara
Coeli n. 1;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (PEC agsrm.mailcert-avvocaturastato.it) in
persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma,
via Dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
dell’Emilia Romagna n. 72/06/11 depositata il 29/06/2011, notificata
il 2 dicembre 2011;
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del
09/11/2021 dal Consigliere Roberto Succio;
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore Generale Cardino Umberto Alberto che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso in via di principalità e in
subordine ha concluso per la remissione della controversia – quanto
alla eccezione di inammissibilità del ricorso – alle Sezioni Unite;
Udito l’avvocato della Stato Davide Giovanni Pintus che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso e gli avvocati Michele
Toccaceli e Marco Cerrato che hanno chiesto accogliersi il ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’Ufficio, con l’avviso di accertamento impugnato nel presente giudizio, disconosceva la deducibilità della minusvalenza derivante dalla cessione di azioni della società Actaris s.p.a., in quanto ritenuta operazione antieconomica; negava inoltre la deducibilità di costi non di competenza, di altre spese ritenute difettose quanto ad inerenza, di sopravvenienze attive non contabilizzate relative a royalties e per costi di assistenza tecnica; l’Amministrazione Finanziaria inoltre procedeva al recupero a tassazione di costi – a fini IRAP – per differenza di cambio indeducibile, e ai fini IVA contestava la mancata fatturazione dell’operazione di cessione di azioni delle società Opale s.r.l. e Actaris s.p.a.; erano inoltre irrogate le sanzioni e richiesti gli interessi di legge.
Nelle more del processo, con riguardo ai rilievi ai fini IRAP e a parte delle sanzioni ai fini IVA, quella riferita alle cessioni sopradette, interveniva acquiescenza da parte della contribuente e rinuncia alla pretesa sanzionatoria da parte dell’Ufficio.
L’atto impositivo, impugnato di fronte alla CTP di Parma, era oggetto di parziale annullamento quanto al rilievo relativo alle spese addebitate da parte di prestatori di servizi che il giudice riteneva deducibili; nel resto l’atto era confermato nella sua legittimità.
Con la sentenza qui oggetto di ricorso per cassazione, il giudice di seconde cure ha in sostanza confermato la pronuncia della CTP, rigettando gli appelli principale e incidentale proposti dalle parti a fronte dei rispettivi profili di soccombenza, statuendo quindi la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato per IVA, IRPEG ed IRAP 2001 riguardo ai rilievi ancora oggetto del contendere.
Avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la società contribuente con atto affidato a ben sedici motivi e illustrato con più memorie ex art. 378 c.p.c.; l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso nel quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione in quanto proposto successivamente la scadenza del c.d. “termine breve” derivante dalla notifica della pronuncia di secondo grado presso il co-difensore nello studio Tributario Deiure in Milano, via Pontaccio n. 10.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente affrontata e disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, che l’Erario chiede dichiararsi tardivo; invero, dagli atti risulta come la società abbia eletto domicilio – e sempre in atti non vi sono altre elezioni di domicilio o mutamenti dello stesso – in (OMISSIS) presso i difensori Dott. Mario Bertolini e Dott. Giuseppe Piroli, quest’ ultimo indicato come domiciliatario della società contribuente.
Conseguentemente, la notifica della sentenza d’appello presso altro difensore, pure nominato ma non indicato come domiciliatario, presso il di lui studio in Milano via Pontaccio n. 10, risulta nulla in quanto operata in luogo diverso dal domicilio eletto dalla parte e non direttamente presso la parte stessa.
Se infatti quanto al ricorso per cassazione opera la disposizione codicistica di cui all’art. 330 c.p.c. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14549 del 06/06/2021), questa Corte ha precisato come (Cass. civ. Sez. V, 17 febbraio 2017, n. 4233) la disciplina dettata per il processo tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, ha – al di fuori del giudizio di cassazione – carattere di specialità, e quindi di prevalenza, rispetto a quella prevista dall’art. 330 c.p.c., concernente soltanto il ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali (cfr. Cass., Sez. U., n. 14916 del 2016).
E il giudizio di appello, nel processo tributario regolato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, comprende anche la fase in cui si colloca l’atto della notifica della sentenza resa dal giudice del gravame alla parte soccombente ai fini del decorso del termine c.d. “brave” ex art. 325 c.p.c. – finalizzato alla formazione del giudicato, quindi giustamente caratterizzato dal rigore nella interpretazione della osservanza o meno di ogni adempimento formale a ciò funzionale – come richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992. Detta fase logicamente e cronologicamente si colloca al di fuori del giudizio di cassazione che ha inizio e viene a esistenza solo con la notifica del ricorso di fronte a questa Corte.
Nel caso che ci occupa, non avendo la parte che aveva interesse a fare decorrere detto termine (l’Amministrazione Finanziaria) provveduto alla rinnovazione in parola, una volta perfezionata la notifica nulla in Milano, il termine breve non è decorso e quindi il ricorso per cassazione risulta ammissibile.
Le ulteriori questioni relative alla idoneità della documentazione depositata presso la CTR non risultano rilevanti, in quanto difetta il loro presupposto e antecedente logico e giuridico, vale a dire la corretta notifica della sentenza il deposito della quale ha rilievo unicamente ove la stessa sia stata correttamente (e qui non è per le ragioni sopra esposte) notificata presso il domicilio eletto.
Possono quindi esaminarsi i motivi di ricorso della società contribuente.
Vanno presi in esame prioritariamente i motivi secondo, settimo, nono, undicesimo, tredicesimo e quindicesimo; essi, infatti, sotto varie angolazioni e autonomi profili, denunciano nella sostanza vizi motivazionali della pronuncia gravata.
La stessa invero avrebbe sia omesso qualsiasi motivazione in ordine al valore delle azioni in Actaris s.p.a. all’atto della cessione delle stesse, elemento essenziale per dedurre da tal elemento – posto a confronto con il prezzo pagato – l’antieconomicità dell’operazione; inoltre, la CTR avrebbe violato l’art. 132 c.p.c., il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, l’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. poiché in motivazione non renderebbe possibile in alcun modo comprendere se il giudice di secondo grado abbia o meno condivise le conclusioni della CTP a seguito dell’esame dei motivi d’appello proposti dalla società.
Tali motivi, congiuntamente presi in esame, sono fondati.
Invero, la CTR felsinea dedica quasi nove pagine delle undici che compongono la sua pronuncia a riportare le deduzioni delle parti e le motivazioni della sentenza di prime cure, per concentrare solo in una pagina circa l’espressione dei motivi posti alla base del proprio decisum; erto poi non può considerarsi legittimo, in questo caso, come si sostiene in controricorso, il richiamo per relationem alla sentenza della CTP (“si condividono, poi, le motivazioni della sentenza di primo grado sugli altri punti, escluso il rimborso spese”), come frettolosamente scrive la CTR. Tal operazione logica e giuridica è invero possibile, ma solo (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20883 del 05/08/2019) purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Ciò tanto più in una controversia relativa anche e soprattutto a operazioni societarie straordinarie connotate da una loro complessità di analisi (operazione di management o leveraged buy out a seguito di scissione societaria per valori – all’epoca – di circa 190 miliardi di Lire) nella quale l’Erario contesta, tra l’altro, la deducibilità di una minusvalenza di circa 110 miliardi di Lire.
Ordunque, a fronte di una materia imponibile di tal eccezionale anche se non unica rilevanza economica e senza dubbio in relazione a vicende societarie per alcuni aspetti anche particolarmente complesse in diritto e certamente delicate e articolate quanto a loro disamina e soluzione, la CTR si è limitata (per giunta in una pagina circa) a soffermarsi su un singolo aspetto formale, il perfezionamento dell’operazione con scrittura privata (“correttamente l’Ufficio non condivide la legalità della vendita perché, innanzitutto, non è stata data apparenza giuridica al contratto che è stato redatto in forma di scrittura privata, non è stata prodotta una perizia di valutazione sul bene da cedere e non sono stati forniti gli elementi che, in via preventiva, avrebbero consentito all’ufficio di valutare la legalità dell’operazione”) per trovare in esso soluzione all’intera vicenda.
E’ evidente quindi la completa assenza nella sentenza gravata di ogni minimo elemento che consenta di rilevare le ragioni poste alla base della pronuncia gravata, restando inconoscibile il perché, al di là dell’aspetto formale (che peraltro certo non risulta sufficiente a far concludere per la legittimità della pretesa anche in quanto per la cessione di azioni non è prevista forma ad substantiam, potendo la stessa aver luogo con girata autenticata da notaio ex art. 2355 c.c.) la CTR ha ritenuto effettivamente provata l’antieconomicità contestata e analogamente fondati gli altri – se non così eccezionali senza dubbio cospicui – rilievi formulati in avviso di accertamento.
La pronuncia gravata è quindi del tutto antitetica se non apertamente contrastante rispetto alle indicazioni anche recenti di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24452 del 05/10/2018) secondo le quali in tema di processo tributario è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame;
Sempre sul punto, questa Corte ritiene fermamente – e a maggior ragione per le sentenze depositata, come quella in oggetto, prima dell’11 settembre 2012 – (e pluribus, Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) che ogni provvedimento giurisdizionale debba obbligatoriamente rispettare il livello di “minimo costituzionale” quanto alla propria motivazione. Pertanto, anche dopo la riforma del 2012, che pure qui non rileva per quanto appena detto, è sempre denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”.
Nel presente caso, è la sola parte sopra riportata a costituire motivazione della sentenza della CTR; essa senza dubbio costituisce esempio quasi scolastico di motivazione apparente, poiché è dato da essa rilevare la completa omissione, salvo l’apposizione grafica di enunciazioni assertive, dell’iter logico – giuridico che ha portato il giudice a concludere nel senso fatto proprio in dispositivo.
I motivi in esame meritano quindi, all’evidenza, completo accoglimento; la sentenza va quindi integralmente cassata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna per nuovo esame; i restanti motivi sono assorbiti nella decisione dei motivi che precedono.
P.Q.M.
accoglie il secondo, il settimo, il nono, l’undicesimo, il tredicesimo e il quindicesimo motivo ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022