Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33022 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 20/12/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 20/12/2018), n.33022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28122-2016 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso lo studio degli avvocati MATTIA

PERSIANI e GIOVANNI BERETTA, che la rappresentano e difendono giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

V.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RICASOLI

7, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE RICCI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANNA CAMPILII, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1132/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/10/2016 R.G.N. 957/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/09/2018 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per l’accoglimento salvo il profilo

dei redditi da utilizzare per il calcolo della quota retributiva di

pensione;

udito l’avvocato GIOVANNI BERETTA;

udito l’Avvocato ANNA CAMPILII.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 5.10.2016, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del giudice del lavoro della stessa sede, ha accertato il diritto di V.M.L., quale erede di C.A., all’applicazione del criterio del pro rata integrale nella liquidazione della pensione che sarebbe spettata al suo dante causa a decorrere dall’1.5.2004 ed ha condannato la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali al pagamento della somma di Euro 19.683,54 a titolo di differenza sulla pensione annua, oltre interessi legali e rivalutazione dal dovuto al saldo. Ha spiegato la Corte che nel caso in esame C.A. aveva maturato il diritto alla pensione con decorrenza dall’1.5.2004 e, pertanto, la stessa doveva essere liquidata secondo quanto stabilito dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, nella formulazione originaria, che prevedeva l’applicazione rigorosa del principio del pro rata, risultando irrilevanti tanto la modifica apportata alla suddetta norma dalla L. n. 296 del 2006, quanto l’interpretazione data dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488.

Per la cassazione della sentenza ricorre la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali con tre motivi, cui resiste V.M.L. con controricorso. Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la ricorrente denuncia la nullità dell’impugnata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in conseguenza dell’omesso esame delle contestazioni sollevate nei precedenti gradi di giudizio in merito all’illegittimità dei criteri di calcolo proposti dal ragioniere C. (art. 360 c.p.c., n. 4).

1.a. Il motivo è infondato.

Invero, non è ravvisabile il vizio di omessa pronunzia in quanto la Corte territoriale ha affermato che la somma quantificata nell’interesse del C. non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della Cassa. Pertanto, a fronte di tale affermazione giudiziale, l’odierna ricorrente avrebbe dovuto indicare in maniera precisa e circostanziata le contestazioni mosse al metodo di calcolo proposto dalla controparte in modo da consentire di verificare se realmente la Corte di merito aveva omesso di pronunziarsi al loro riguardo e non limitarsi, invece, genericamente ad enunciare che erano state formulate delle contestazioni ai criteri di calcolo offerti dal rag. C. alle quali la Corte non aveva dato risposta. In definitiva il motivo finisce per rivelarsi privo del requisito della autosufficienza che contraddistingue il giudizio di legittimità, in quanto dalla genericità dei rilievi in esso contenuti non è dato evincere se e in qual modo erano state effettivamente prospettate specifiche contestazioni ai conteggi offerti dalla controparte rispetto alle quali la Corte d’appello aveva omesso, come lamentato, di pronunziarsi, per cui l’impugnata decisione sfugge alla censura di omessa pronunzia, essendo stato, al contrario, affermato dai giudici d’appello che la somma, come quantificata nell’interesse di C.A., non era stata oggetto di specifica contestazione da parte della Cassa.

2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, con riguardo alla riliquidazione del trattamento pensionistico del rag. C., assumendo che l’acritico accoglimento dei conteggi della controparte nulla aveva a che vedere con l’applicazione del principio del pro rata invocato da quest’ultima, cioè quello di cui alla norma appena citata, così come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte.

2.a. Il motivo è infondato.

Invero, non solo l’accusa di recepimento acritico dei conteggi della controparte è contraddetta dal fatto che la Corte territoriale li ha, in realtà, recepiti, ritenendoli non contestati in maniera specifica, ma è anche vanificata dalla contraddittoria tesi difensiva dell’odierna ricorrente che, dapprima ha richiamato in premessa le sentenze n. 18136 e n. 17742 del 2015 adottate dalle Sezioni unite(la seconda delle quali richiamata dalla Corte d’appello nel ritenere corretta l’applicazione integrale del principio del pro rata e nell’evidenziare che la stessa Cassa aveva dichiarato di aderire al principio di diritto enunciato dalle Sezioni unite con la sentenza n. 17742/2015) per illustrare, poi, ragioni difensive contrastanti con la corretta applicazione dei principi affermati dalle Sezioni unite.

2,b. In effetti, con la sentenza n. 18136 del 16.9.2015 le Sezioni Unite questa Corte hanno fissato i seguenti principi:

“A) Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 1, comma 763, alla disposizione dell’art. 3, comma 12 Legge di riforma, e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 1 gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata – il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzatì ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, razione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regoiamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera – per il calcolo della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino ai 31 dicembre 2006 – il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione.

B) Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 1 gennaio 2007 trova applicazione il medesimo L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, ma nella formulazione introdotta dal citato L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata in relazione alte anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data cli entrata in vigore della L. n. 296 dei 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 1 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 novembre 2003)”.

2.c. Orbene, trattandosi nella fattispecie di pensione liquidata in favore del dante causa dell’odierna intimata a decorrere dall’1.5.2004, bene ha fatto la Corte di merito ad applicare il principio del pro rata nei termini in cui lo stesso è stato enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza sopra citata, per cui l’impugnata decisione non merita le censure mosse col presente motivo di doglianza.

3. Col terzo motivo la ricorrente contesta la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, nella parte in cui ha ritenuto inapplicabile nella fattispecie il coefficiente della neutralizzazione introdotto con le Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003.

3.a. Il motivo è fondato.

Oggetto del motivo è stabilire se i coefficienti di neutralizzazione restino anch’essi soggetti alla disciplina del pro rata, quale prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, (nel testo qui applicabile ed anteriore alle citate modifiche) o se restino estranei ad essa, posto che tali coefficienti, senza incidere sulla quota contributiva della pensione di anzianità, riducono progressivamente la misura della quota retributiva di essa, in ragione dell’età dell’interessato, andandosi da un massimo di riduzione del 45,9% per l’età di 57 anni, ad un minimo di riduzione del 7,3% per chi andasse in pensione con 64 anni di età;

3.b. I coefficienti in questione sono stati introdotti con la Delib. 7 giugno 2003 (poi assorbita da analoghe previsioni delle successive Delib. del 2003 e del 2004) contestualmente alla previsione della possibilità, dapprima esclusa, che la pensione di anzianità venisse cumulata con lo svolgimento di altre attività, ivi compresa la prosecuzione di quella propria del ragioniere e la modificazione trova fondamento nel potere attribuito alle Casse privatizzate dalla L. n. 289 del 2002, art. 44, comma 7. Secondo tale norma, “gli enti previdenziali privatizzati possono applicare le disposizioni di cui al presente articolo (ovverosia le disposizioni che consentono la cumulabilità tra pensione di anzianità e redditi da lavoro nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esoneratine della medesima) nel rispetto dei principi di autonomia previsti dal D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e dalla L. 8 agosto n. 335, art. 3, comma 12”.

Si tratta, dunque, di una previsione di legge, fisiologica nel sistema di relazioni tra legge e potere regolamentare della Cassa, di favore per l’omogeneizzazione dei sistemi pensionistici, sotto il profilo della generalizzazione della compatibilità tra pensione di anzianità e prosecuzione dell’attività lavorativa ed in qualche misura anche doverosa, sulla base di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la pronunzia del 7 novembre 2002, n. 437. Invero, con tale decisione si è dichiarata l’illegittimità costituzionale della normativa sulla Cassa dei Ragionieri che prevedeva l’incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi professionali o elenchi di lavoratori autonomi diversi dall’albo dei ragionieri e periti commerciali e si era fondata la decisione sulla lesione del diritto al lavoro (art. 4 Cost.) che ne derivava, sicchè, stante l’evidente comunanza di presupposti, era in re ipsa desumere l’illegittimità anche del divieto di compatibilità tra la pensione di anzianità e la prosecuzione dell’attività di ragioniere secondo una dinamica che, poi, pur se in riferimento alle analoghe previsioni di altra cassa professionale, ha trovato conferma nella pronunzia della Corte Costituzionale del 7 aprile 2006, n. 137.

3.c. Ciò posto, si osserva che la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, nel testo che qui interessa, prevedeva l’introduzione ex lege di un arco temporale (pari a quindici anni) per i calcoli necessari ad assicurare gli equilibri di bilancio già più genericamente richiesti dalla L. n. 509 del 1994, art. 2, comma 2 “In esito alle risultanze” e in attuazione di quanto disposto dall’art. 2, comma 2, cit.; aggiunge il secondo periodo della norma: “sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione dei trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”.

E’ chiara, dunque, la riconduzione dei poteri rideterminativi sopra detti (“ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”) all’ambito di quanto necessario (v. l’inciso “in esito alle risultanze”, evidentemente da riferire alle emergenze dell’orizzonte attuariale che veniva imposto dalla stessa norma) per adeguare i trattamenti pensionistici pregressi alle rigorose esigenze di previsione finanziaria cui si indirizzavano le gestioni privatizzate ed il principio di cui sopra è stato declinato dagli arresti delle Sezioni Unite già sopra citati, nel senso che, rispetto alla vicenda di evoluzione delle pensioni per ragioni di garanzia di quell’equilibrio finanziario – da un calcolo retributivo ad un calcolo contributivo, dovevano conservarsi, per le quote di pensione imputabili al periodo di attività anteriore alle modifiche del sistema, le redditualità che erano rilevanti secondo le pregresse discipline proprie del calcolo retributivo.

3.d. Va, in definitiva, confermato l’orientamento già espresso con le sentenza del 21 agosto 2018 n. 20877 e n. 23597 del 2018, secondo cui, sinteticamente, l’applicazione del cd. coefficiente di neutralizzazione sull’anzianità maturata dopo la delibera della Cassa del 7 giugno 2003 non viola il principio del “pro rata” garantito dalla L. n. 335 del 1995, art. 3,comma 12, in quanto non comporta prelievi forzosi, massimali o eliminazioni di diritti quesiti del pensionato, costituendo, invece, una misura di graduazione della prestazione con scopo dissuasivo e con finalità di garantire il mantenimento di equilibri finanziari, la cui applicazione è rimessa alla scelta dell’assicurato di optare per la pensione di anzianità, giovandosi, peraltro, della possibilità di mantenere l’iscrizione nell’albo e di proseguire l’attività professionale.

4. In definitiva, rigettati i primi due motivi ed accolto il terzo, l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, la quale, fermo ogni altro criterio di calcolo già applicato dalla sentenza impugnata nel calcolare la pensione, si atterrà ai principio per cui “la previsione, di cui alle delibere della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali del 7 giugno 2003 e 20 dicembre 2003 e del Regolamento in vigore dai 1 gennaio 2004, di un coefficiente di abbattimento (c.d. coefficiente di neutralizzazione), progressivamente calante in ragione del crescere dell’età, per la quota retributiva delle pensioni di anzianità erogate dalla medesima Cassa di Previdenza, non è soggetta al principio del pro rata quale sancito dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, (nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763) ed è legittima, risultando tale coefficiente introdotto con modalità non irragionevoli nell’ambito della modifica del sistema di accesso alla predetta pensione, reso contestualmente compatibile con la prosecuzione, nonostante il pensionamento, della medesima professione”.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi due motivi, accoglie il terzo, cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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