Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33021 del 14/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 14/12/2019), n.33021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23629/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)) in persona del direttore pro

tempore rappresentata e difesa ex lege dall’avvocatura generale

dello Stato (C.F. (OMISSIS) PEC ags.rm.mailcert.avvocaturastato.it)

con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi

n. 12;

– ricorrente –

contro

CARPROMETAL s.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro

tempore rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. prof.

Giuseppe Maria Cipolla (C.F. CLMLRT67P03G009C PEC

giuseppemariacipolla.ordineavvocatiroma.orq) con domicilio eletto

presso il procuratore ridetto in Roma viale Giuseppe Mazzini n. 134;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 1308/46/14 depositata l’11/03/2014 non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

19/09/2019 dal consigliere Dott. Succio Roberto.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha

respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la pronuncia di prime cure;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate con ricorso affidato a tre motivi; la società contribuente resiste con controricorso e ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

– vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso svolte dalla difesa del contribuente;

– quanto alla prima, che si incentra sul non aver il ricorrente colpito la ratio decidendi della sentenza gravata, la stessa è priva di fondamento;

– la CTR non ha fondato il suo decidere sul mancato esame (che gli pertoccherebbe in modo esclusivo) della denuncia, quanto all’operatività del c.d. “raddoppio” da parte del giudice di merito, ma sull’errore di diritto commesso dalla CTR nell’aver (pag. 10 del ricorso per cassazione) “statuito che il raddoppio dei termini in questione opera soltanto in caso di “deposito della denunzia penale, presso la competente Procura della Repubblica” il che palesemente non è”;

– analogamente infondata è la seconda eccezione di inammissibilità di parte controricorrente con la quale si contesta l’autosufficienza del ricorso avversario per aver omesso l’Agenzia delle Entrate di indicare la sede di produzione degli atti e dei documenti richiamati nel gravame;

– il canone dell’autosufficienza, invero, come già chiarito tempo fa da questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10330 del 01/07/2003; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 16459 del 20/08/2004) è declinato in modo peculiare nel caso in cui si censuri la sentenza gravata per errore di diritto; in tal caso di ritiene inammissibile il ricorso per cassazione che non consenta l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere e delle ragioni per cui si chieda la cassazione della sentenza di merito, nè permetta la valutazione della fondatezza di tali ragioni “ex actis”, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee al ricorso e, quindi, ad elementi ed atti attinenti al pregresso giudizio di merito;

– nel presente caso, invero, alla lettura della sentenza della CTR, oltre che da quanto trascritto in ricorso, si evince chiaramente quanto richiesto per l’individuazione della quaestio iuris sottoposta a questo Giudice;

– può pertanto esaminarsi il contenuto del ricorso;

– con il primo motivo di ricorso l’Erario denuncia la nullità della sentenza gravata per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 50,51,53,58 e dei principi generali in tema di natura devolutiva dell’appello nel giudizio tributario, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR; il motivo risulta strettamente connesso con quello che lo segue, incentrato sulla violazione delle medesime disposizioni processuali tributarie ed articolato come autonoma violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e pertanto i mezzi in oggetto possono esaminarsi congiuntamente;

gli stessi, alla luce della decisione sul terzo motivo, risultano come si dirà assorbiti in quanto irrilevanti al fine del decidere;

– il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, commi 2 bis e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 e del D.L. n. 23 del 2006, art. 37, comma 26 tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR ritenuto intempestiva l’azione di accertamento non risultando sufficiente, ai fini del c.d. “raddoppio dei termini” la sussistenza degli indizi di reato, ma essendo necessaria la produzione in primo grado di copia della comunicazione di notizia di reato inoltrata al PM all’esito della verifica;

– il motivo è fondato;

– come questa Corte ha già statuito (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22337 del 13/09/2018) in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsti del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per l’IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 per l’IVA consegue, nell’assetto anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, alla ricorrenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo;

– e in dettaglio, si è anche specificato, quanto alle indicazioni del Giudice delle Leggi, come (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11171 del 30/05/2016) in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011;

– ne deriva che la mancata produzione in primo grado della denuncia de qua risulta irrilevante ai fini che interessano, fermo restando il potere del giudice (di primo e secondo grado) di valutare in base di fatti di causa posti al suo cospetto la sussistenza o meno degli indizi di reato, anche ai fini di valutare, se sussistente, l’uso strumentale di tal potere/dovere di denuncia ex art. 331 c.p.p. da parte dei verificatori, e di trarne le dovute conseguenze, non risultando certo impedito al giudicante dichiarar anche autonomamente insussistenti detti presupposti;

– altrettanto chiaramente, quanto alle imposte per le quali detto “raddoppio” opera, si è stabilita l’inapplicabilità di tal istituto all’IRAP, dal momento che le disposizioni che la istituiscono e ne sanzionano il corretto versamento non sono presidiate da sanzioni penali (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10483 del 03/05/2018);

– pertanto, il terzo motivo di ricorso merita accoglimento; i restanti motivi di doglianza sono assorbiti;

– la sentenza va quindi cassata con rinvio al secondo giudice.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che provvederò anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 14 dicembre 2019

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