Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3302 del 19/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3302 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA
sul ricorso 18405-2011 proposto da:
D’AIDONE GIOVANNI c.f.DDNGNN68D03C351Q, CRESPI MARCO
c.f. CRSMRC64H11A794Y, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio
dell’avvocato GOFFREDO GOBBI, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato YVONNE MESSI, giusta
2015

delega in atti;
– ricorrenti –

4874

contro
•••

ASSOCIAZIONE
1.

01079440168,

VOLONTARIA

ZANICA

LOCATELLI MARCO,

SOCCORSO

c.f.

MONZIO COMPAGNONI

Data pubblicazione: 19/02/2016

FRANCESCO, VESCOVI MANUEL, FRIGENI ROBERTO, TOGNI
RICCARDO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 302/2010 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 07/07/2010 R.G.N. 611/2008;

udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato GOFFREDO GOBBI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RG 18405/2011

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Brescia , in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo , ha
rigettato la domanda , per quel che qui rileva, di D’Aidone Giovanni e Crespi Marco ,dipendenti
dell’Associazione Volontari Zanica Soccorso ( gestore del servizio regionale 118) , operatori di
equipaggi del 118 addetti al soccorso , volta ad ottenere la retribuzione per il lavoro
straordinario dall’assunzione al luglio 2002, la maggiorazione per lavoro ordinario notturno e/ o

maggiori somme dovute per 13/14° e TFR in conseguenza della percezione delle somme di cui
prima .
La Corte ha rilevato che la prestazione resa dai ricorrenti

era riconducibile al lavoro

discontinuo essendo pacifico che potevano allontanarsi dal presidio per piccole commissioni
personali e riposare in una stanza vicina, il che ,in linea di massima, rendeva non
configurabile il lavoro straordinario.
La Corte ha, poi , rilevato che in fatto era risultato dai registri presenze tenuti dalla società,
che la prestazione resa era del tutto diversa da quanto affermato dai ricorrenti di 24 ore di
attività e 24 di riposo; che i lavoratori erano del tutto liberi nella distribuzione della prestazione
per cui si scambiavano i turni o nello stesso turno si potevano avvicendare più lavoratori in
quanto tutto era rimesso agli accordi interni tra gli stessi e la predisposizione dei turni era
autogestita ; che i testi avevano confermato che l’orario 24 ore di lavoro e 24 di riposo era
stato osservato solo per un certo periodo di tempo essendosi passato poi a 48 ore di riposo( o
anche 72) ogni 24 di lavoro ; che in assenza di qualsiasi documento attendibile che rilevasse
le presenze non era possibile ricostruire neppure quali operatori fossero effettivamente in
servizio per ciascun giorno .
La Corte d’appello ha quindi affermato che la prestazione , così descritta, non superava i
criteri di ragionevolezza; che il CTU aveva riferito che i prospetti in atti non consentivano di
stabilire né gli interventi notturni e neppure i giorni di lavoro effettivamente prestato con
conseguente impossibilità di applicare anche quanto disposto dall’ad 52 del CCNL , comma 4,
del CCNL UNEBA e che , comunque, le ore effettive svolte ricavabili dagli interventi di pronto
soccorso erano tali da non potersi ritenere superato alcun limite di orario né di ragionevolezza .
Avverso la sentenza ricorrono i due ricorrenti formulando tre motivi ulteriormente illustrati
con memoria ex art 378 cpc..
L’Associazione è rimasta intimata.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione del RD n 692/1923 e del RD n
2657/1923 ; degli artt 36 Cost e 6 Direttiva CE n 93/1004; degli artt 49 e 51 del CCNL UNEBA
del 2000; nonché vizio di motivazione .
Censurano la sentenza nella parte in cui ritiene il loro lavoro discontinuo . Rilevano che il CCNL
UNEBA all’art 52 prevedeva la possibilità di dormire per il lavoratore , con orario di 38 or9
,

1

festivo, l’indennità per mancata riduzione d’orario di 7 giorni ex art 49 CCNL UNEBA; le

.

RG 18405/2011

settimanali, che si trovava a prestare servizio dalle 22 alle 6 e pertanto tale possibilità non
costituiva affatto indice di lavoro discontinuo.
Osservano che l’art 49 del CCNL fissava l’orario settimanale in 38 ore e l’art 51 prevedeva il
regime del lavoro straordinario immediatamente dopo l’orario normale praticato ;che la Corte
pretendeva, ai fini del riconoscimento del compenso di cui all’art 52 , la diabolica prova delle
ore in cui erano stati impegnati materialmente negli interventi di soccorso, durante le 48 ore
settimanali oltre l’orario ordinario , risolvendosi tale richiesta nell’elusione di diritti

Deducono che, qualora non si facesse applicazione del limite orario di 38 ore settimanali
stabilito dalla contrattazione collettiva, ciò, nonostante sussisterebbe il diritto dei lavoratori a
percepire la retribuzione tabellare per le ore oltre il limite di 48 settimanali in base alla
direttiva CE del 1993 .
Con il secondo motivo denunciano vizio di motivazione . Censurano la sentenza nella
parte in cui aveva escluso che fosse stata raggiunta la prova dell’orario osservato o fino a
quando si era protratto il turno di 24 ore lavorate e 24 di riposo e quando si era introdotto
quello di almeno 48 ore di riposo non essendovi neppure documenti attendibili che rilevassero
le presenze per stabilire quali operatori fossero in servizio per ciascun giorno . Esaminano le
prove testimoniali e ritengono che dalle stesse risultava, invece, provato l’orario di lavoro .
Con il terzo motivo denunciano violazione degli art 49 e 52 del CCNL UNEBA 2000,
nonché vizio di motivazione .Censurano la sentenza per avere la Corte rigettato la domanda di
riconoscimento delle maggiorazioni ex art 52 e dell’indennità per mancata riduzione dell’orario
ex art 49 del CCNL Censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto , ai fini
dell’accoglimento della domanda ex art 52, della mancanza dell’ esatta prova del numero e
della durata degli interventi di soccorso prestati in periodo notturno e festivo : secondo i
ricorrenti l’art 52 riconosceva la maggiorazione a prescindere dall’effettivo impiego del
lavoratore nelle operazioni di soccorso e che la ipotizzata tesi di una media degli interventi era
infondata
I motivi , congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.
Le censure dei ricorrenti non sono idonee ad invalidare la decisione impugnata che risulta
congruamente motivata, priva di difetti logici o contraddizioni, oltre che immune da errori di
diritto, circa l’affermata sussistenza di una prestazione lavorativa inquadrabile nell’ambito del
lavoro discontinuo e, comunque, la mancanza di prova di una prestazione che superasse
l’orario normale di lavoro , sia pure depurata delle pause di inattività , o criteri di
ragionevolezza .
I ricorrenti, pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni di legge ,
mirano sostanzialmente a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa
Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di
merito.

2

costituzionali e nella previsione di un rapporto aleatorio retribuito soltanto eventualmente-

RG 18405/2011

La Corte d’Appello ha valutato correttamente le caratteristiche del lavoro svolto dai ricorrenti
con giudizio immune da vizi che investendo una questione di merito /sfuggono al sindacato
della Cassazione. I ricorrenti si limitano a proporre una

formulando in definitiva una richiesta di duplicazione del giudizio di merito ,senza evidenziare
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata o lacune così gravi da risultare
detta motivazione sostanzialmente incomprensibile o equivoca. Costituisce principio
consolidato che “Il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di
riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà
di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di
scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o
all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne
consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel
ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o
insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili
d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente
adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base
della decisione. ” ( Cass n.2357/2004; n 7846 /2006; n 20455/2006; n 271972011) .
I motivi si incentrano essenzialmente sull’affermazione della Corte di merito secondo cui era
stata raggiunta la prova che la prestazione doveva essere inquadrata nel lavoro discontinuo caratteristica che secondo i ricorrenti non potrebbe, invece, essere ravvisata nella fattispecie nonché con riferimento agli accertamenti della Corte che l’avevano indotta ad affermare che
mancavano precise indicazioni circa l’orario di lavoro prestato dai ricorrenti.
La Corte d’appello ha dato rilievo, in primo luogo, alla circostanza che i lavoratori potevano
allontanarsi dal presidio per piccole commissioni o riposare in un’apposita stanza sia di giorno
che di notte .
Ha sottolineato la peculiarità della situazione di fatto in quanto emergeva una totale libertà
nella distribuzione della prestazione ” per cui i turni potevano essere scambiati tra i lavoratori
senza avvertire l’associazione o nell’ambito dello stesso turno potevano avvicendarsi due
lavoratori in quanto tutto era rimesso agli accordi interni tra gli operatori “; che in assenza di
qualsiasi documento attendibile che rilevasse le presenze non era possibile ricostruire quali
operatori fossero effettivamente in servizio .
La valutazione della Corte appare conforme a quanto affermato da questa Corte secondo cui “il
criterio distintivo tra riposo intermedio, non computabile ai fini della determinazione della
durata del lavoro , e semplice temporanea inattività, computabile, invece, a tali fini, e che
trova applicazione anche nel lavoro discontinuo , consiste nella diversa condizione in ci,.

3

diversa valutazione dei fatti

RG 18405/2011
trova il lavoratore , il quale, nel primo caso, può disporre liberamente di se stesso per un certo
periodo di tempo anche se è costretto a rimanere nella sede del lavoro o a subire una qualche
limitazione, mentre, nel secondo, pur restando inoperoso, è obbligato a tenere costantemente
disponibile la propria forza di lavoro per ogni richiesta o necessità. (cfr Cass n 5023/2009).
La Corte d’appello ha rilevato, altresì, con riferimento all’art 52 del CCNL – secondo il quale
la presenza del lavoratore nelle ore notturne non comportava di regola presenza attiva
lavorativa ma la disponibilità ad intervenire a chiamata, al lavoratore era data la possibilità
di dormire , la presenza era retribuita con L. 40.000 per notte in aggiunta alla normale
retribuzione e in caso di intervento le ore di servizio sarebbero state retribuite come
straordinario notturno – che i prospetti in atti non consentivano di stabilire né il numero degli
interventi notturni e neppure i giorni di lavoro effettivamente prestato non essendo d’aiuto
neppure il registro presenze ove i dipendenti erano tutti indicati con orario di lavoro di 40 ore
settimanali senza precisa indicazione della disposizione giornaliera di detto orario con
conseguente impossibilità anche accogliere la domanda di pagamento del compenso di cui
all’art 52 del CCNL. La Corte d’appello ha, anzi, ulteriormente osservato che ” tenuto conto
della media di 3 o 4 interventi al giorno , e anche valorizzando tutto il tempo necessario per
giungere sul posto , prelevare il paziente e condurlo presso l’ospedale più vicino , le ore
effettive ricavabili dagli interventi di soccorso sono in numero tale da potersi ritenere , per tutti
i lavoratori, non superato alcun limite di orario né limiti di ragionevolezza “.
Il richiamo operato dai ricorrenti agli articoli del CCNL che fissano l’orario di lavoro in 38 ore e
prevedono il compenso per lavoro straordinario una volta superato detto orario non valgono ad
accogliere la domanda dei ricorrenti atteso che la Corte d’appello , oltre ad avere qualificato la
prestazione come lavoro discontinuo che, in linea di massima , non consentiva la
configurabilità del lavoro straordinario , ha anche escluso che si fosse raggiunta la prova
dell’orario complessivamente osservato dai ricorrenti -egli stessi giorni in cui erano presenti al
lavoro in assenza di documentazione idonea o di elementi certi offerti dalla prova
testimoniale.
Per le ragioni che precedono , sottolineato ancora una volta che le censure si risolvono in una
richiesta di riesame nel merito, il ricorso deve essere rigettato .
Nulla per spese essendo l’Associazione rimasta intimata .
PQM
Rigetta il ricorso, nulla per spese.
Roma 15/12/2015

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