Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33018 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. un., 20/12/2018, (ud. 04/12/2018, dep. 20/12/2018), n.33018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di sez. –

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20845-2018 proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

PROCURA GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO MUCCIARELLI;

– resistente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 82/2018 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA, depositata l’11/06/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2018 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Francesco Mucciarelli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte suprema di Cassazione ricorre per la cassazione della sentenza con cui la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha assolto il dott. G.G., all’epoca dei fatti sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siena, dall’incolpazione dell’illecito disciplinare previsto dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1 e art. 2, lett. g), (e, pertanto, di “grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”), per avere omesso le cautele dovute per impedire che una perquisizione domiciliare, da lui disposta e delegata al nucleo di polizia giudiziaria di quel capoluogo, si estendesse ad un immobile nella disponibilità di un parlamentare Europeo.

2. Al dott. G. era stato contestato di avere, nell’esercizio di quelle funzioni e quale assegnatario del procedimento penale n. 275/14, RGNR – mod. 21, a carico di B.A. ed altri, per il reato di cui agli artt. 110 e 640-bis c.p., mancato ai doveri di diligenza e correttezza ed in grave violazione degli artt. 10 e 68 Cost., 10 Protocollo sui privilegi e le immunità delle Comunità Europee dell’8 aprile 1965, artt. 327,370,57,58 e 59 c.p.p., con inescusabile negligenza, omettendo di svolgere la dovuta vigilanza sugli ufficiali ed agenti del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Siena, delegati per le relative indagini, onde salvaguardare le immunità riservate al padre dell’indagato B.A., on. B.L., all’epoca dei fatti membro del Parlamento Europeo: in particolare, gli era stato ascritto di avere mancato di impedire, malgrado l’informazione da parte del Comandante del Nucleo di Polizia Tributaria procedente, la perquisizione di un immobile (in (OMISSIS)) concesso in usufrutto al parlamentare, la cui disponibilità era stata indicata nel corso della perquisizione di altri luoghi dall’indagato stesso.

3. La Sezione disciplinare del C.S.M., sul punto, ha ritenuto dirimente l’accertamento della non consapevolezza dell’incolpato, non soltanto all’atto dell’emissione del decreto di perquisizione (che faceva riferimento ad un allegato, nel quale l’immobile romano non figurava per precisa scelta investigativa della P.G. richiedente, siccome ritenuto irrilevante a fini d’indagine), ma pure nel corso dell’esecuzione delle relative operazioni (disposte in più città italiane ed estese anche ad immobili non esplicitamente menzionati nel decreto), della disponibilità esclusiva dell’appartamento romano da parte del parlamentare Europeo: rilevando così “un deficit informativo della Polizia Giudiziaria operante nei confronti del pubblico ministero procedente sia nella fase antecedente alla emissione del decreto di perquisizione che in quella successiva della esecuzione delle operazioni” e concludendo che, “pur riconoscendo che deontologia professionale e quadro dei valori costituzionali di riferimento impongono a ciascun magistrato, non solo di rispettare la forma imposta dal codice di rito, ma di prestare anche particolare attenzione alle condizioni soggettive delle persone con le quali entra in contatto”, le negligenze della polizia giudiziaria non potevano ascriversi al pubblico ministero procedente ed incolpato neppure sotto il profilo di un omesso controllo sull’attività di quella, per le particolari modalità di svolgimento delle operazioni stesse di perquisizione.

4. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha impugnato tale sentenza della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, pronunciata il 24/10/2017 e pubblicata in data 11/06/2018 col n. 82, depositando presso la segreteria di quell’ufficio il 18/07/2018 ricorso – datato 27/06/2018 – articolato su di un unitario motivo; e, per la pubblica udienza del 04/12/2018 l’incolpato produce memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unitario motivo di ricorso del Procuratore Generale prospetta limitatamente all’assoluzione dal capo A) dell’originaria incolpazione – quale vizio della sentenza disciplinare qui impugnata “violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, lett. g), con riferimento alla violazione degli artt. 10 e 68 Cost., 10 Protocollo sui privilegi e le immunità delle Comunità Europee dell’8 aprile 1965, artt. 327,370,57,58,59 c.p.p., nonchè vizio di mancanza della motivazione, o di manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) “.

2. Al riguardo, nel ricorso si evidenzia, prima di ogni altra, la circostanza che il diritto di usufrutto a favore del parlamentare Europeo fosse a conoscenza della polizia giudiziaria già prima dell’emissione del decreto di perquisizione del 21/03/2014 e della sua esecuzione e, comunque, fosse stata acquisita anche nel corso della contemporanea perquisizione domiciliare in Potenza del 25/03/2014; e si sottolinea che l’ipotesi accusatoria non fosse fondata sull’esclusività della disponibilità dell’immobile da parte del Parlamentare Europeo, sicchè l’acquisita conoscenza del diritto di usufrutto avrebbe imposto di accertare se quest’ultimo avesse avuto la disponibilità del bene, sia pure non piena ed esclusiva.

3. E’, in particolare, rimarcato che la consapevolezza del rapporto di filiazione tra l’indagato ed il Parlamentare Europeo, in uno all’ampiezza del decreto di perquisizione, esteso – benchè di tanto non si desse atto in sentenza – a tutti i luoghi di cui l’indagato avesse avuto la materiale disponibilità, avrebbe dovuto indurre il Pubblico Ministero ad adottare ogni cautela – con specifiche e puntuali direttive – ai militari delegati, onde salvaguardare le immunità del parlamentare, che, indipendentemente dalle relazioni giuridiche emergenti dalle visure catastali (del resto già note proprio ai militari), avrebbe bene potuto avere la stabile disponibilità di qualche immobile riconducibile anche al figlio; ma si esalta pure (p. 7 del ricorso, con riferimento alla deposizione del teste M. sul suo colloquio con il suo superiore col. A.) la circostanza che, dalle testimonianze rese, il dott. G. avrebbe espressamente autorizzato o disposto l’estensione della perquisizione anche nel bene immobile nella disponibilità del Parlamentare.

4. Si sottolinea, ancora, l’illegittimità di una delega così ampia ed in bianco alla Polizia giudiziaria, nemmeno in linea di principio essendo esentato da responsabilità il delegante per l’omissione di direttive specifiche volte ad evitare le “derive poliziesche” che si sono nella specie verificate, avendo egli mancato di seguire momento per momento le operazioni, rese delicate dal conosciuto coinvolgimento del Parlamentare Europeo. E si ricava da tali “errori di prospettiva nella ricostruzione dei fatti” l’erroneità della ricognizione astratta delle norme di legge denunciate e della concreta sussunzione in quelle della condotta disciplinarmente rilevante ascritta al dott. G., con conseguente carenza di motivazione sulla violazione delle norme sulle immunità parlamentari dell’on. B.L. ampiamente esaminate e ricostruite – dinanzi al carattere pacifico della disponibilità, da parte sua, dell’abitazione invece perquisita.

5. Ancora, si rilevano gravità ed inescusabilità nella negligenza del dott. G., dovendo la sua scelta interpretativa qualificarsi non conforme ai “protocolli magistratuali”, implausibile dinanzi all’esigibilità di un contrario comportamento, ma soprattutto tale da violare le garanzie fondamentali della giurisdizione e, per di più, da suscitare le formali proteste del Presidente del Parlamento Europeo, in un quadro complessivo di arretramento “verso lo Stato di polizia” e con il risultato che nessuno risponda di una palese violazione dell’immunità parlamentare.

6. Dal canto suo, l’intimato, con la prodotta memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. (da ritenersi rituale estrinsecazione del suo diritto di difesa nel peculiare giudizio di legittimità in materia di procedimento disciplinare dei magistrati, secondo quanto anche di recente ribadito da queste Sezioni Unite: Cass. Sez.U. 12/06/2017, n. 14550, che richiama, tra le altre, Cass. Sez. U. ordd. N. 20844/07 e 16873/07): rimarca il giudicato interno sull’assoluzione dagli altri capi di incolpazione, inquadrando la propria condotta nella più scrupolosa osservanza delle norme pure in tema di guarentigie parlamentari sull’inviolabilità del domicilio e la segretezza delle comunicazioni; ricostruisce gli avvenimenti sottolineando l’ascrivibilità all’iniziativa della polizia giudiziaria delegata, in base alle informazioni acquisite in sede di esecuzione delle perquisizioni direttamente dall’indagato e soprattutto senza informativa specifica al p.m. delegante; contesta l’immediata riconducibilità alla nozione di domicilio, protetto dalle guarentigie, della disponibilità in base ad usufrutto; nega la conoscibilità stessa della situazione di potenziale pregiudizio per il domicilio del parlamentare; così escluso l’elemento materiale dell’addebito, tuttavia si diffonde ad evidenziare la carenza di colpa, in base alla non conoscibilità del rischio nella situazione concreta, maturata nel corso di un’indagine nei confronti del figlio, non convivente, di un Europarlamentare e quanto ad operazioni che soltanto la polizia giudiziaria avrebbe potuto conoscere come potenzialmente lesive delle prerogative di quest’ultimo; e contesta infine, ad un tempo, l’accusa di appiattimento sull’operato della polizia giudiziaria o di omessa adozione di opportune cautele e l’argomento dell’intollerabilità dell’impunità di quella violazione, concludendo per la conferma della sentenza della sezione disciplinare, vinte le spese.

7. Il ricorso del Pubblico Ministero non può essere accolto.

8. Con ricostruzione in fatto, in quanto tale non censurabile nella presente sede di legittimità a maggior ragione, la qui gravata sentenza esclude, da un lato, che il decreto di perquisizione ab origine comprendesse anche l’immobile nella disponibilità dell’Europarlamentare (visto che la stessa P.G. richiedente il sequestro non aveva indicato espressamente quell’immobile tra quelli nominativamente elencati in cui eseguire la perquisizione) e, dall’altro, che vi sia stata la pure doverosa completa informativa dell’incolpato da parte degli ufficiali ed agenti di P.G. (riferendo lo stesso teste M. di un colloquio con il suo superiore A. sul generico assenso da parte del G., ma nessuno dei testi escussi, ivi compresi gli stessi A. e M., avendo mai ammesso non solo un chiaro od esplicito preventivo assenso del G. all’estensione, ma soprattutto previa sua completa informazione sulla disponibilità dell’immobile da parte dell’Europarlamentare) in ordine all’intervenuta indicazione, da parte dell’indagato B.A., della disponibilità del noto immobile, sia pure concesso in usufrutto al padre parlamentare B.L., prima di eseguirvi la perquisizione, idonea a consentire al G. di esercitare la sua istituzionale sorveglianza sul compimento degli atti di indagine delegati alla Polizia giudiziaria.

9. Quanto al primo punto, infatti, la stessa P.G. richiedente il sequestro non aveva indicato espressamente quell’immobile tra quelli nominativamente elencati in cui eseguire la perquisizione; e, quanto al secondo, è vero che lo stesso teste M. aveva riferito di un colloquio con il suo superiore A. sul generico assenso da parte del G., ma è indubbio che nessuno dei testi escussi, ivi compresi gli stessi A. e M., abbiano mai ammesso non solo un chiaro od esplicito preventivo assenso del G. all’estensione, ma soprattutto una previa sua completa informazione, da parte loro, sulla disponibilità dell’immobile da parte dell’Europarlamentare.

10. In tale contesto, si sottrae alle censure del Pubblico Ministero la gravata sentenza in punto di esclusione di violazioni di regole di condotta specifiche o generiche da parte dell’incolpato: infatti, l’ampio tenore letterale del decreto di perquisizione corrisponde pur sempre e quanto meno di norma ad un’opportuna cautela per ridurre il rischio di intralci pretestuosi al compimento dell’atto di indagine; ma, in via dirimente, neppure può rimproverarsi al G. l’omessa adozione di cautele specifiche in relazione all’espletamento dell’attività delegata per l’eventualità od evenienza che potesse coinvolgere parenti o affini dell’indagato, i quali fossero titolari di specifici privilegi o immunità.

11. Non ha nè senso nè giuridico fondamento, infatti, esigere che in ogni indagine si raccomandi o si prescriva alla P.G. delegata di rispettare scrupolosamente la normativa in riferimento all’astratta ipotesi di un eventuale coinvolgimento di quella fatta, sol che si abbia notizia o si debba altrimenti avere consapevolezza della sussistenza di un tale rapporto di parentela od affinità – o simile – col titolare di un privilegio od immunità non implicato nell’indagine: una tale raccomandazione o prescrizione – la cui mancata adozione imputa il P.G. all’incolpato – si ridurrebbe ad un pleonasmo, da un lato non potendo desumersi un’autorizzazione – che sarebbe poi di per sè non solo illegittima, ma anche illecita – per implicito a violare le leggi dalla mancata espressa raccomandazione di rispettarle, dall’altro risultando implicito che ogni disposizione del magistrato presupponga il rispetto rigoroso, da parte dei destinatari dell’ordine, di ogni norma di legge che con l’esecuzione di esso possa interferire.

12. Nè può rispondere il p.m. delegante delle condotte poste in essere autonomamente dalla polizia giudiziaria delegata, ove queste non possano ascriverglisi nemmeno a titolo di omissione di sorveglianza durante l’espletamento delle operazioni, come è accaduto – in base alla ricostruzione in fatto da parte della sezione disciplinare, qui incensurabile perchè scevra da evidenti vizi logici o giuridici, come mancata esplicita e chiara comunicazione all’incolpato della disponibilità dell’altro immobile da parte dell’Europarlamentare nella specie per essere rimasto escluso, al di là della sensazione personale degli agenti ed ufficiali di polizia giudiziaria sull’avallo da parte del G., non solo che alcuna autorizzazione, ma che neppure alcuna consapevolezza vi fosse dell’intervenuta estensione delle operazioni ad immobili oggetto di prerogative dell’Europarlamentare.

13. E resta pertanto inesigibile, a meno di un’inammissibile vanificazione dell’utilità e della funzionalità della delega alla polizia giudiziaria, una condotta di diretta e personale partecipazione o di costante vigilanza all’attività delegata o di adozione di raccomandazioni preventive o generali di rispetto delle leggi a favore di eventuali altri soggetti che potessero risultare coinvolti in seguito allo sviluppo delle operazioni, nella specie non essendovi ragioni di particolare cautela in tal senso.

14. In particolare, non aveva motivo, in ragione delle circostanze del caso e secondo un non implausibile giudizio di prognosi postuma riferito al momento dell’emanazione del provvedimento e della sua concreta esecuzione a distanza, di prefigurarsi il p.m. delegante, in base alla mera consapevolezza del rapporto di parentela dell’indagato con un Europarlamentare non altrimenti coinvolto nell’indagine e non avendo ricevuto altre più puntuali informative, nè che l’indagato potesse avere concesso in usufrutto al padre Europarlamentare immobili di sorta, nè che la Polizia giudiziaria, tanto appreso ed omesso di comunicargli in modo completo ed adeguato, avesse proceduto a perquisirli fruendo malamente dell’ampio tenore del decreto di perquisizione e commettendo di sua iniziativa una violazione delle prerogative a quell’Europarlamentare spettanti.

15. In conclusione, per non essere ascrivibile ad una ignoranza o ad una negligenza inescusabile dell’incolpato, di tale violazione non può rispondere quegli, che correttamente risulta essere stato assolto anche dalla relativa incolpazione.

16. Il ricorso va pertanto rigettato, peraltro non essendovi luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, per avere proposto l’impugnazione il pubblico ministero, contro il quale non può pronunciarsi condanna ai sensi dell’art. 91 c.p.c. (per tutte: Cass. Sez. U. 03/08/2009, n. 17903).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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