Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33017 del 14/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 14/12/2019, (ud. 10/09/2019, dep. 14/12/2019), n.33017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 93/18 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici domicilia in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

contro

DALCOMP DI D.F. & C. S.A.S., in persona del legale

rappresentante p.t., D.F. e M.D.,

rappresentati e difesi, per procura speciale rilasciata a margine

del controricorso, dall’Avv. Giuliano Tabet presso il cui studio in

Roma, Via di Villa Emiliani n. 11, sono elettivamente domiciliati.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2855/5/17, della Commissione tributaria

regionale della Puglia, depositata il 28 settembre 2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 settembre 2019 dal Consigliere Dott. Grasso Gianluca.

Fatto

RITENUTO

che:

– la Dalcomp di D.F. & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante p.t., unitamente ai due soci D.F. e M.D. ha impugnato con distinti ricorsi gli avvisi n. (OMISSIS), per l’anno di imposta 2007, n. (OMISSIS) per l’anno di imposta 2008 e n. (OMISSIS) per l’anno di imposta 2009, con cui l’Agenzia aveva loro contestato l’indebita detrazione dell’Iva esposta nelle fatture “soggettivamente inesistenti” emesse da soggetti interposti. Tali atti erano stati emessi a seguito del processo verbale di constatazione del 10 luglio 2009 con il quale era stato rilevato che la società aveva utilizzato fatture per operazioni inesistenti emesse dalle società TKS s.r.l. e DA&CO s.r.l.;

– la Commissione tributaria provinciale di Bari, con distinte pronunce, ha respinto i ricorsi;

– la Commissione tributaria regionale della Puglia, riuniti gli atti di appello, disposta una consulenza tecnica d’ufficio, ha accolto il gravarne, ritenendo che le presunzioni semplici su cui l’amministrazione finanziaria aveva basato l’esistenza di una frode carosello, nonchè la consapevolezza che la società fosse parte attiva di tale comportamento, non avessero i requisiti di gravità, precisione e concordanza, evidenziando inoltre sussistente la buona fede della Dalcomp s.a.s. sulla scorta delle risultanze documentali;

– l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi;

– i contribuenti resistono con controricorso;

– in prossimità dell’adunanza camerale, i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Parte ricorrente evidenzia che la Commissione tributaria regionale, pur avendo riconosciuto la nebulosità dei rapporti tra le società coinvolte, nonchè la non corretta gestione amministrativa e contabile di alcune di esse, hanno ritenuto di non disporre di alcun valido elemento per contrastare le conclusioni a cui è pervenuto il consulente tecnico, limitandosi a recepire, acriticamente, la relazione peritale, laddove ben numerosi erano gli elementi indiziari richiamati in entrambe le controdeduzioni dell’Agenzia e compendiati nel pvc del 10 luglio 2009 redatto da funzionari della Direzione regionale delle entrate della Puglia – Ufficio antifrode allegato alle controdeduzioni depositate in primo grado, dei quali la Commissione non ha tenuto conto sia pure al solo scopo di disattenderli;

– il motivo è inammissibile;

– la doglianza, infatti, riporta l’insieme degli elementi indiziari che sarebbero stati dedotti nel corso del giudizio, richiamando complessivamente quanto prospettato negli atti difensivi, senza tuttavia indicare le specifiche circostanze, la cui valutazione sarebbe stata omessa in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario nel cui ambito non è inquadrabile la censura concernente deficienze argomentative della decisione in punto di recepimento delle conclusioni della CTU, esigendo, piuttosto, l’indicazione delle circostanze secondo le quali quel recepimento, sulla base delle modalità con cui si è svolto, si sia tradotto nell’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti (Cass. 26 luglio 2017, n. 18391; Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053);

– con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, art. 19, commi 1 e art. 54, e art. 2697 c.c. Parte ricorrente contesta l’errore interpretativo commesso dalla Commissione tributaria regionale che non avrebbe preso cognizione della pluralità degli elementi indiziari forniti dall’autorità finanziaria, tesi a dimostrare la natura di cartiera della fornitrice e/o delle fornitrici, appiattendosi su quanto elaborato dal perito d’ufficio. Quest’ultimo ha ritenuto la non fittizietà delle interposte società mentre era stato appurato che alcune società coinvolte (MEDIATEK s.r.l. e TKS s.r.l.), a seguito degli verifiche operate e dai controlli incrociati, erano risultate prive di ogni organizzazione d’impresa che potesse giustificare la gestione del volume d’affari dichiarato nell’anno oggetto della verifica (Euro 6.914.937,00 per la prima ed Euro 1.095.384,00 per la seconda, nel 2006) sviluppato in un box di circa 40 mq, in assenza di alcun deposito e in difetto di presentazione delle dichiarazioni annuali Iva e di versamento delle relative imposte, nonostante il notevole volume d’affari. Il consulente tecnico di ufficio avrebbe ignorato tali dati, opportunamente evidenziati nel pvc e, per effetto di tale inspiegabile omissione, ha, poi, giustificato il comportamento della DA&CO s.r.l. e, di conseguenza, l’estraneità al meccanismo della frode della interponente Dalcomp s.a.s.;

– il motivo è fondato;

– secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema d’Iva, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga a operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base a elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27554; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 18 maggio 2018, n. 12258; Cass. 15 maggio 2018, n. 11873; Cass. 9 settembre 2016, n. 17818; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25778);

– l’onere dell’Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario va ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obiettivi e specifici, che spetta all’Amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in una evasione all’Iva e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza e alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare e afferenti alla sua sfera di azione (Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);

– ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia, nè assumendo rilievo la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);

– nel caso di specie, la pronuncia impugnata si è limitata, nella sua parte motiva, a riprodurre, in un ampio virgolettato, le conclusioni offerte del consulente tecnico d’ufficio, senza prendere in alcun conto gli elementi indiziari forniti dall’ufficio che evidenziavano l’esistenza di un articolato meccanismo fraudolento, riconducibile all’ipotesi della frode carosello e sostanziato in operazioni soggettivamente inesistenti poste in essere dalla società “cartiere” (la MEDIATEK s.r.l. e la TKS s.r.l., a seguito degli verifiche operate e dai controlli incrociati, erano risultate prive di ogni organizzazione d’impresa che potesse giustificare la gestione del volume d’affari dichiarato nell’anno oggetto della verifica, sviluppato in un box di circa 40 mq, in assenza di alcun deposito e in difetto di presentazione delle dichiarazioni annuali Iva e di versamento delle relative imposte, nonostante il notevole volume d’affari; l’apparente regolarità formale delle operazioni poste in essere dalla DA&CO s.r.l., quale società filtro, in relazione alle vendite verso la Dalcomp s.a.s., tenuto conto del carattere fittizio dell’Iva relativa agli acquisti da parte della MEDIATEK s.r.l. e della TKS s.r.l.; l’identità del medesimo socio di maggioranza sia della DA&CO s.r.l. sia della Dalcomp s.a.s.; presenza di rapporti commerciali posti in essere unicamente per via telefonica tra le due società; identità del domicilio della sede legale e lo svolgimento delle attività nell’ambito dello stesso capannone), finendo per invertire l’onere della prova richiesto in materia dalla giurisprudenza di questa Corte;

– al fine di assolvere l’onere della prova gravante sull’amministrazione, non è inoltre necessaria la prova del diretto coinvolgimento o della partecipazione all’evasione ma è sufficiente, e necessario, che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole (Cass. 20 aprile 2018, n. 9851);

– avendo l’Amministrazione finanziaria fornito idonei elementi probatori della natura di “cartiera” delle società collocate a monte della cessione e del ruolo svolto dalla DA&CO s.r.l. nei rapporti con la Dalcomp s.a.s. per l’acquisto della merce oggetto delle fatture contestate – sulla base delle specifiche circostanze dedotte e riportate in ricorso – e del fatto che il cessionario, in base alle circostanze emerse dalle operazioni contestate, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in una evasione all’Iva, sarebbe spettato alla società contribuente, che con tali società aveva intrattenuto rapporti commerciali, fornire la prova di aver svolto tali trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci acquistate fossero effettivamente rifornite dalla società cedente;

– la pronuncia impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione regionale della Puglia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione regionale della Puglia in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 10 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 14 dicembre 2019

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