Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33013 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. un., 20/12/2018, (ud. 23/10/2018, dep. 20/12/2018), n.33013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19449-2017 proposto da:

ASFALTRONTO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SAN BERNARDO 101, presso

lo STUDIO LEGALE CANCRINI & PARTNERS, rappresentata e difesa

dagli avvocati MASSIMILIANO COLANGELO, ARTURO CANCRINI e FRANCESCO

VAGNUCCI;

– ricorrente –

contro

CO.STRA.M. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE SANTO 69, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO LETIZIA, rappresentata e difesa dagli

avvocati ANGELO RAFFAELE PELILLO e SANDRO PELILLO;

– controricorrente –

e contro

PROVINCIA DI ASCOLI PICENO, AUTORITA’ NAZIONALE ANTICORRUZIONE, SWM

COSTRUZIONI 2 S.P.A., FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3405/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

l’11/07/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere MARIA ACIERNO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso principale proposto dalla s.r.l. Costram ed ha respinto quello incidentale proposto dal raggruppamento temporaneo d’imprese Asfltronto – R. nell’ambito di un giudizio inerente la revoca dell’aggiudicazione dell’appalto relativo ai lavori di realizzazione della strada intervalliva del (OMISSIS).

Risulta necessario, ai fini della comprensione del ricorso oggetto d’esame, ripercorrere i fatti di causa che hanno originato la controversia.

In data 13 maggio 2013, il raggruppamento temporaneo d’impresa capeggiato da Asfaltronto aveva presentato domanda di partecipazione alla gara d’appalto di cui sopra; nelle more della gara, il 30 agosto 2013, la capogruppo mandataria aveva presentato domanda di concordato preventivo con continuità, ex art. 186 bis L.Fall., al Tribunale di Teramo. In data 20 dicembre 2013, l’appalto era stato aggiudicato all’a.t.i. Asfaltronto – R. Costruzioni ma tale aggiudicazione veniva impugnata davanti al Tribunale amministrativo Regionale delle Marche dalla terza classificata, la s.r.l. Costram.

In data 3 febbraio 2014, il Tribunale di Teramo ammetteva al concordato in continuità la Asfaltronto, la quale il successivo 21 febbraio provvedeva agli adempimenti di cui all’art. 186 bis, comma 5, lett. b) L.Fall., trasmettendo alla Provincia il contratto di avvalimento stipulato con la Ditta Cobit s.a.s., quale dichiarazione di impegno richiesta dalla norma per consentire alle imprese ammesse al concordato con continuità di poter partecipare alle procedure ad evidenza pubblica.

Successivamente, in data 10 aprile 2014 il Tribunale di Teramo revocava l’ammissione al concordato, dichiarando il fallimento della Asfaltronto.

Con sentenza 482/2014 il Tar Marche accoglieva il ricorso della s.r.l. Costram, nei limiti dell’obbligo della stazione appaltante di verificare la possibilità di sostituire la capogruppo mandataria dell’a.t.i., dichiarata fallita, con altra impresa in possesso dei requisiti di ordine generale e tecnico – finanziari richiesti per l’esecuzione dell’appalto. La sentenza veniva comunque appellata dalla s.r.l. Costram.

In data 10 ottobre 2014 la Corte di Appello de l’Aquila revocava la sentenza dichiarativa di fallimento e, in data 22 dicembre 2014, veniva pubblicata la sentenza n. 6303 del Consiglio di Stato, con cui, sul presupposto dell’intervenuto annullamento della sentenza dichiarativa di fallimento, il ricorso proposto dalla s.r.l. Costram veniva respinto.

Con una nota del 29 settembre 2015, la Provincia aveva chiesto un parere all’Autorità nazionale anti corruzione in merito alla revoca dell’aggiudicazione della s.r.l. Asfaltronto e da tale parere era emerso che vi era stata soluzione di continuità nel possesso, da parte della s.r.l. Asfaltronto, dei requisiti di partecipazione alla gara e che a tale circostanza non aveva ovviato il ricorso all’avvalimento postumo.

La Provincia, recependo il citato parere, aveva revocato, in autotutela, l’aggiudicazione dell’appalto nei confronti dell’a.t.i. e lo aveva aggiudicato alla s.r.l. Costram, con la determinazione dirigenziale 577/2016.

Il r.t.i. Asfaltronto – R. Costruzioni ha impugnato il suddetto provvedimento davanti al Tar Marche. La Costram ha proposto ricorso incidentale deducendo l’illegittimità della determinazione dirigenziale 577/2016 per il fatto che la Provincia, pur avendo revocato l’aggiudicazione in favore della r.t.i. Asfaltronto – R. Costruzioni, ha omesso l’esame della sussistenza della condizione impeditiva di cui all’art. 186, comma 6, L.Fall., consistente nel fatto che, per partecipare alla procedura ad evidenza pubblica, l’impresa ammessa al concordato con continuità non potesse rivestire il ruolo di capogruppo mandataria dell’a.t.i. Secondo la ricorrente incidentale, in sede di autotutela l’amministrazione era tenuta a rivalutare la legittimazione della s.r.l. Asfaltronto a partecipare alla gara dal momento che nel procedimento originario la domanda di partecipazione alla gara era precedente alla data di ammissione al concordato.

Il Tar Marche ha accolto il ricorso principale – determinando così la riviviscenza dell’originaria aggiudicazione della s.r.l. Asfaltronto sulla base dell’ammissibilità del c.d. avvalimento postumo, e respinto il ricorso incidentale in forza delle seguenti considerazioni: che la valida partecipazione alla gara della s.r.l. Asfaltronto doveva ritenersi coperta dal giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato 6303/2014 e che vi era la competenza esclusiva del giudice fallimentare in relazione all’ammissione alla gara dell’impresa in concordato con continuità, con conseguente preclusione per la stazione appaltante ed anche per il giudice amministrativo dell’applicazione autonoma dell’art. 186 bis L.Fall..

Avverso questa pronuncia, aveva proposto appello la s.r.l. Costram. Si era costituita in giudizio per resistere all’appello il r.t.i. Asfaltronto – R. Costruzioni, proponendo, con appello incidentale, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del ne bis in idem.

Si erano costituiti in giudizio per resistere all’appello anche la provincia di Ascoli Piceno, la quale aveva proposto eccezione di improcedibilità dal momento che, medio tempore, aveva proceduto a dare esecuzione alla sentenza appellata, confermando l’aggiudicazione definitiva, nonchè concludendo il contratto a favore del r.t.i. Asfaltronto, e l’ANAC.

Il Consiglio di Stato, preliminarmente, ha statuito che gli atti di esecuzione della sentenza impugnata non determinano l’improcedibilità dell’appello in quanto, nel caso di accoglimento del gravame, essi dovrebbero ritenersi travolti in forza dell’effetto espansivo esterno del giudicato.

Il Consiglio di Stato ha, altresì, dichiarato infondata l’eccezione di inammissibilità proposta dalla s.r.l. Asfaltronto in quanto la questione inerente la violazione dell’art. 186 bis, comma 6, L.Fall. non risulta affrontata dal giudicato formatosi in virtù della sentenza 6303/2014 dal momento che in quella pronuncia si dà atto del fatto che la procedura di concordato non era ancora iniziata al momento in cui essa venne resa. Pertanto, la sentenza non poteva coprire una questione relativa all’eventuale sussistenza di una preclusione legata ad una circostanza, l’apertura del concordato, sopravvenuta rispetto alla formazione del relativo giudicato.

In ogni caso, l’oggetto della sentenza 6303/2014 del Consiglio di Stato e quello del presente giudizio non coincidono: nel primo la questione controversa riguardava una fase anteriore all’aggiudicazione, ovvero la legittimità della partecipazione alla gara del r.t.i. capeggiato da Asfaltronto e l’eventuale incidenza delle sopravvenute vicende inerenti alle procedure concordatarie; nel secondo la questione controversa riguarda la sussistenza, o meglio la

persistenza, in capo all’aggiudicataria (successivamente all’aggiudicazione) dei medesimi requisiti soggettivi minimi necessari per addivenire alla stipula del contratto. Pertanto, l’accertamento della sussistenza delle condizioni soggettive minime ha riguardato due fasi logicamente e cronologicamente distinte della procedura ad evidenza pubblica.

Nel merito, il Consiglio di Stato ha ritenuto fondata la questione relativa alla violazione dell’art. 186 bis, comma 6, L.Fall. in quanto la norma non consente che l’impresa che rivesta la qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo possa concorrere nelle gare d’appalto e, di conseguenza, possa, se aggiudicataria, procedere alla conclusione del contratto con l’amministrazione. Nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, l’ammissione al concordato avvenga dopo l’aggiudicazione, l’Amministrazione, in sede di verifica sui requisiti dell’aggiudicatario, non può non tenere conto della preclusione verificatasi per effetto dell’ammissione al concordato.

Non può altresì ritenersi che la questione derivante dal comma 6 dell’art. 186 bis L.Fall. sia di competenza esclusiva del giudice della procedura concorsuale.

La norma in questione (art. 186 bis, comma 6, L.Fall.) circoscrive la deroga alla regola, che si ricava dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a) – attualmente previsto al D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 80, comma 5, lett. b) – secondo la quale i soggetti in stato di concordato preventivo non possono stipulare contratti con la p.a. Tale regola non si applica nel caso dell’art. 186 bis L.Fall. ma torna ad operare nell’ipotesi del comma 6, cioè quando ad essere ammesso al concordato sia l’impresa mandataria di un r.t.i..

Viene in rilievo, dunque, un requisito soggettivo di ordine generale, la cui sussistenza fino al momento della conclusione del contratto rientra negli obblighi di verifica spettanti all’amministrazione e, indirettamente, al giudice amministrativo.

Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso disponendo l’annullamento della sentenza del T.a.r..

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. Asfaltronto formulando un unico motivo. Ha resistito con controricorso la s.r.l. Costram. Entrambe le parti hanno deposita memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nell’unico motivo di ricorso viene dedotta la violazione dei limiti esterni alla giurisdizione (art. 111 Cost. e D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 110) in quanto nella sentenza impugnata viene affermato che la Provincia di Ascoli Piceno avrebbe dovuto far valere, in senso ostativo alla possibilità di concludere il contratto con l’aggiudicataria originaria, la preclusione di cui al comma 6 dell’art. 186 bis L.Fall.. Essa, pertanto, avrebbe esercitato illegittimamente il proprio potere di autotutela, da ritenersi vincolato all’osservanza della norma sopracitata. Tale rilievo, secondo la parte ricorrente, contrasta con il principio secondo il quale il potere di autotutela costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, in quanto tale non coercibile all’esterno.

In particolare viene rilevato che l’Amministrazione, all’esito delle proprie valutazioni di natura tipicamente discrezionale, era giunta alla conclusione di non adottare il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione di Asfaltronto non per aver rilevato l’illegittimità dell’aggiudicazione ma in virtù di valutazioni che attengono alla sfera dei poteri e delle attribuzioni riservate in via esclusiva alla p.a., non coercibili ab externo nè scrutinabili dal giudice amministrativo. Peraltro, poichè il vizio dedotto in via incidentale dalla Costram non inficiava l’aggiudicazione ab origine, trattandosi di un vizio sopravvenuto ad essa, in quanto derivante dall’ammissione al concordato preventivo, la successiva revoca, quale provvedimento di secondo grado, doveva ritenersi comunque caratterizzato da una fortissima connotazione discrezionale.

In ragione di ciò, secondo il ricorrente, la pronuncia impugnata costituirebbe uno sconfinamento del potere giurisdizionale nella sfera amministrativa riservata alla p.a. in quanto il Consiglio di Stato avrebbe disposto sull’an e il quomodo dell’autotutela decisoria, stabilendo che la Provincia avrebbe dovuto revocare l’aggiudicazione al r.t.i. Asfaltronto – R. Costruzioni, e disciplinando nel dettaglio gli effetti del provvedimento sull’aggiudicazione e sul contratto medio tempore stipulato, ritenendoli automaticamente travolti.

In tale contesto risulterebbe chiaro il superamento, da parte del Consiglio di Stato, sia del motivo di ricorso proposto da Costram, riguardante il vizio di motivazione della determinazione di revoca, sia, soprattutto, dei limiti esterni alla propria giurisdizione.

In applicazione dei suddetti principi, il ricorrente ritiene che per mezzo della sentenza impugnata il Consiglio di Stato ha riconosciuto la sussistenza di un vizio sopravvenuto dall’aggiudicazione e ha disposto in maniera autoesecutiva gli effetti che avrebbero dovuto e potuto essere prodotti solo all’esito della riedizione del potere di revoca da parte della Provincia di Ascoli Piceno all’esito di una nuova valutazione comparativa autonoma e attuale degli interessi privati e pubblici coinvolti.

Il motivo di ricorso è inammissibile, e le censure in cui si articola, sono accomunate dal medesimo errore prospettico.

In primo luogo deve essere evidenziato che la natura autoritativa e discrezionale del provvedimento amministrativo assunto in autotutela non ne esclude la generale sindacabilità giurisdizionale sia in relazione al vaglio di legittimità sia in relazione alla lesione di diritti soggettivi, con coinvolgimento, a seconda delle situazioni soggettive dedotte in giudizio e dell’area all’interno della quale il provvedimento è stato assunto, della giurisdizione amministrativa od ordinaria. Il principio illustrato è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte e, con riferimento proprio alla materia degli appalti pubblici è stato affermato anche nell’ambito della giurisdizione esclusiva (S.U.9861 del 2015 e più di recente 14859 del 2017) con riferimento al provvedimento amministrativo assunto in autotutela. In particolare è stato evidenziato che l’annullamento in autotutela di un atto amministrativo prodromico alla stipulazione del contratto ha natura autoritativa e discrezionale, sicchè il relativo vaglio di legittimità spetta al giudice amministrativo, la cui giurisdizione esclusiva si estende – con necessità di trattazione unitaria – alla conseguente domanda per la dichiarazione di inefficacia o nullità del contratto. Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, invece, quando la domanda attenga alla fase esecutiva del rapporto contrattuale (nella specie, risoluzione per inadempimento) o quando la P.A., dietro lo schermo dell’annullamento in autotutela, intervenga direttamente sul contratto per vizi suoi propri, anzichè sulle determinazioni prodromiche in sè considerate (Cass. S.U. 9861 del 2015 e 14859 del 2017). Il medesimo principio è stato affermato in tema di lesione dell’affidamento da atto amministrativo annullato in autotutela. (Cass. S.U. 8057 del 2016 e 13454 del 2017).

Da tali premesse consegue che la sfera riservata al potere discrezionale non sindacabile del provvedimento assunto in autotutela, al pari di ogni altro provvedimento amministrativo, riguarda esclusivamente le ragioni di convenienza ed opportunità delle scelte in concreto adottate e non la selezione dei parametri normativi alla cui applicazione la p.a. sia tenuta.

Pertanto, quando il provvedimento assunto in autotutela, si ponga in contrasto con le norme legislative peraltro nella specie vincolanti in quanto impositive delle condizioni soggettive minime per la partecipazione ad una gara ad evidenza pubblica, l’intervento del giudice amministrativo volto a verificarne il rispetto ed a ripristinare la legittimità dell’intervento autoritativo della pubblica amministrazione non determina un’ingerenza nella sfera della discrezionalità amministrativa.

Nel caso di specie, la mancata valutazione della causa di esclusione dalla gara ad evidenza pubblica, stabilita dall’art. 186 bis, comma 6, legge fallimentare, non rientra nella sfera di discrezionalità riservata alla p.a. ma ha ad oggetto l’accertamento della sussistenza di requisiti inderogabilmente previsti dalla legge.

In ragione di ciò, ogni qualvolta il sindacato giurisdizionale abbia ad oggetto anche la sostituzione di un paradigma normativo non corretto con quello applicabile, avente natura vincolata e il cui criterio di interpretazione sia anelastico, non si determina un indebito sconfinamento del potere giurisdizionale in quello amministrativo in quanto l’intera attività della p.a., tra cui rientra l’esercizio del potere di revoca in autotutela, è improntata al principio di legalità, ricavabile dall’art. 97 Cost. e l’autorità giudiziaria ha il dovere di esercitare il proprio sindacato allorquando la violazione di norme imperative determini l’illegittimità del provvedimento.

Nel caso di specie, il D.Lgs. n. 50 del 2016, art. 80 (Codice dei contratti pubblici) richiede, per l’accesso alle procedure ad evidenza pubblica, la necessaria sussistenza di una serie di requisiti i quali, secondo una consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, (Ad. Plen. sent. 8/2015), devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto, nonchè per tutto il periodo di esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità. Alla luce di questa premessa sistematica, si deve procedere ad una lettura coordinata del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a) (citato in motivazione dal Consiglio di Stato), e dell’art. 186 bis, comma 6 L.Fall. dalla quale emerge che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale (cfr. D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a); art. 186 bis, comma 5, L.Fall.); tuttavia la regola, secondo la quale i soggetti in concordato in continuità possono partecipare a procedure di assegnazione, non si applica nel caso in cui l’impresa in concordato sia la mandataria in raggruppamento temporaneo di imprese. In tale ipotesi, opera l’esclusione dalle procedure concorsuali per carenza dei requisiti soggettivi richiesti dalla norma.

L’applicazione di tali norme, di stretta interpretazione legislativa, esclude addirittura il potere discrezionale in capo alla p.a., fondandosi sul divieto imposto ex lege, dettato in virtù D.Lgs. n. 163 del 2006, citato art. 38 e art. 186 bis, comma 6, L.Fall..

Ne consegue che la giurisdizione del giudice amministrativo è stata esercitata del tutto all’interno della sfera ad esso attribuita.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 10000 per compensi, Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.

Sussistono le condizioni per l’applicazione del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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