Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3301 del 13/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3301 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 16396-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 (detta Agenzia o
Ufficio o Amministrazione) in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
FALEGNAMERIA ARTIGIANA DE ANDREIS ERMANNO E
CATTANEO GIANNINO SNC IN LIQUIDAZIONE;
– intimata avverso la sentenza n. 110/28/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di MILANO del 28.5.2010, depositata il 31/05/2010;

Data pubblicazione: 13/02/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE

BOGNANNI.

Ric. 2011 n. 16396 sez. MT – ud. 29-01-2014
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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione SESTA (Tributaria)
R.G. ric. n. 16396/11

Ricorrente: agenzia entrate
Intimata: società Falegnameria Artigiana De Andreis Ermanno e
Cattaneo Giannino snc. in liquidazione

Ordinanza
Svolgimento del processo

l. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza della commissione
tributaria regionale della Lombardia n. 110/28/10, depositata il
31 maggio 2010, con la quale essa rigettava l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, sicché
l’opposizione della società Falegnameria Artigiana De Andreis Ermanno e Cattaneo Giannino snc. in liquidazione, relativa
all’avviso di diniego di condono, per le imposte dovute per gli
anni 1997-2001, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che la contribuente aveva presentato la dichiarazione integrativa per accedere a tale beneficio, indicando
erroneamente il codice 8066, attinente al condono tombale, e non
invece il n. 8065 nel relativo Mod. F 24, e ciò per errore di carattere formale, come peraltro riconosciuto dall’impiegato addetto
allo sportello dell’ente, il quale aveva provveduto alla relativa
correzione, e pertanto la successiva dichiarazione integrativa,
attinente al condono semplice, doveva ritenersi regola . La Falegnameria Artigiana non ha svolto alcuna difesa.
Motivi della decisione

2. Col motivo addotto a sostegno del ricorso la rico rente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che la contribuente aveva inizialmente
optato per il condono tombale per tutte le annualità di imposta e
i vari imponibili, indicando esattamente il codice. Invece solo in
un secondo tempo optava per quello semplice, sicchè non poteva
trattarsi di mero errore formale, ma di una scelta diversa, per la

Oggetto: impugnazione avviso diniego condono,

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quale la precedente dichiarazione, che costituiva una precisa manifestazione di volontà, e non di scienza, non poteva più essere
ritrattata. Né la modifica del codice da parte dell’impiegato allo
sportello, e non invece da chi, quale dirigente, poteva efficacemente rappresentare l’amministrazione, ancorché si trattasse di

l’applicazione del secondo tipo di condono, sicchè es p plplesso non poteva essere riconosciuto.
Il motivo è fondato, posto che, com’è noto, in tema di co ono
fiscale e con riferimento alla definizione agevolata dei rapporti
tributari pendenti prevista dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413,
e da quelle successive, l’irrevocabilità della dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art. 57 della predetta legge, va intesa esclusivamente nel senso che essa non è modificabile da parte
dell’Ufficio né contestabile da parte del contribuente, e non anche nel senso che essa comporti la novazione del rapporto tributario originario, il quale invece permane, impedendo l’estinzione
del relativo giudizio (ove il rapporto sia già “sub iudice”) finché il debito d’imposta non sia saldato (Cfr. anche Cass. Sentenze
n. 27223 del 20/12/2006, n.18761 del 2006). Del resto in tale materia di condono fiscale, le dichiarazioni integrative non hanno,
diversamente dalle ordinarie dichiarazioni fiscali, natura di mera
dichiarazione di scienza e di giudizio, come tali modificabili, né
costituiscono un momento dell’iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, ma integrano un atto volontario, frutto di scelta e di autodeterminazione del contribuente,
i cui effetti non sono però rimessi alla volontà del singolo, ma
previsti dalla legge come conseguenza dell’osservanza delle specifiche norme che reggono ciascuna scelta. Ne consegue che, occorrendo verificare quale dichiarazione integrativa il contribuente
abbia effettivamente posto in essere, tenuto conto che le differenze formali e strutturali di ciascuna impedisce qualsiasi conversione dell’una nell’altra, qualora la dichiarazione integrativa
prevista dall’art. 49 della legge n. 413 del 1991, il cosiddetto
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atto obbligato nella specie, costituiva valido presupposto per

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condono tombale, sia stata ritenuta dal giudice di merito “errata”
e “non valida”, per avere omesso il contribuente uno specifico adempimento nella compilazione del modello, essa non è idonea a
produrre i più limitati effetti della dichiarazione integrativa
cosiddetta semplice prevista dal successivo art. 50, come nella

del 2002). Né poteva trattarsi di errore, atteso che quello materiale che, ai sensi dell’ art. 57 della legge 30 dicembre 1991, n.
413, consente la modifica da parte dell’Ufficio, o la contestazione da parte del contribuente, della definizione intervenuta sulla
base della dichiarazione integrativa, consiste nella discordanza,
immediatamente rilevabile dal testo dell’atto, tra l’intendimento
dell’autore e la sua materiale esteriorizzazione, il che ovviamente non si configurava nel caso in esame, trattandosi invece di opzioni diverse (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 14656 del 12/07/2S05,
n. 8874 del 2002).
Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in
modo giuridicamente corretto.
3. Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, senza rinvio, posto che la causa
può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori
accertamenti di fatto, ex art. 384, comma 2 cpc., e rigetto del
ricorso in opposizione della contribuente avverso il provvedimento
di diniego di rimborso.
4. Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti
motivi per compensarle, avuto riguardo alla natura della controversia e della questione giuridica trattata.
P.Q.M.
La Corte

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo
nel merito, rigetta quello introduttivo, e compensa le spese
dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2014.

specie (V. pure Cass. Sentenze n. 11188 del 11/06/2004, n. 11232

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