Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33006 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2018, (ud. 29/11/2018, dep. 20/12/2018), n.33006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.26538/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

F.E., rappresentato e difeso dall’avv. Nunzio Lanteri,

elettivamente domiciliato in Roma alla via della Camilluccia al

n.535, presso lo studio legale Santoro;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 190/37/12 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il 19 luglio 2012 e notificata il 14

settembre 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 novembre

2018 dal Consigliere Dott. Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro F.E. per la cassazione della sentenza n. 190/37/12 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 19 luglio 2012 e notificata il 14 settembre 2012, che, in controversia relativa all’impugnativa dell’avviso di accertamento, con cui l’Amministrazione rettificava il reddito da capitale per l’anno di imposta 1991, nonchè dell’atto di contestazione delle sanzioni conseguenti, in sede di rinvio ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza della C.T.P. di Roma, che aveva accolto il ricorso del contribuente;

2. con la sentenza impugnata, la C.T.R. del Lazio ha rilevato “il passaggio in giudicato della controversia, non avendo l’Ufficio portato all’esame della Corte di Cassazione la questione assorbente, relativa all’illegittima utilizzazione della documentazione posta a base dell’accertamento”;

secondo la C.T.R. “i motivi di ricorso in Cassazione non risultano decisivi per la risoluzione del giudizio, che è stato definito alla luce della pregiudizialità e non utilizzabilità della documentazione” posta a base dell’accertamento stesso;

infine la C.T.R. “per completezza” segnalava che la sentenza n. 354/31/2001, relativa agli anni di imposta 1990 e 1992, era stata confermata con la sentenza n. 576/01/2011, depositata il 19 settembre 2011;

3. a seguito del ricorso, il contribuente resiste con controricorso, deducendo il passaggio in giudicato della sentenza n. 576/01/2011, relativa alle annualità 1990 e 1992, e chiedendo l’estensione degli effetti della decisione alla fattispecie in esame;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 29 novembre 2018, ai sensi degli art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n.168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 360c.p.c., dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 100 c.p.c., nonchè al principio dell’effetto devolutivo dell’appello, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1;

secondo la ricorrente, con la sentenza impugnata il giudice di rinvio avrebbe ritenuto che si sia formato il giudicato interno sulla questione pregiudiziale dell’inutilizzabilità degli atti di indagine posti a fondamento dell’avviso di accertamento, ritenuta fondata dal giudice di prime cure ed assorbita dal giudice di appello, perchè l’Agenzia delle Entrate, nel ricorrere in Cassazione, non avrebbe formulato apposito motivo di impugnazione sul punto;

1.2. il motivo è fondato;

1.3. come è stato detto, “in materia di procedimento civile, in ordine alle censure sollevate nel giudizio di merito e non riproposte in sede di legittimità all’esito della declaratoria di relativo assorbimento emessa dal giudice dell’impugnazione di merito, non si forma giudicato implicito, non potendo le questioni dichiarate “assorbite” essere proposte nel giudizio di cassazione neanche mediante ricorso condizionato, in difetto di una anche implicita statuizione sfavorevole in ordine alle medesime. Ne consegue che, poichè la forza preclusiva della sentenza di cassazione ha per oggetto soltanto le questioni che costituiscono il presupposto necessario e logicamente inderogabile della pronunzia cassata, ben possono le suddette questioni essere riproposte e decise nell’eventuale giudizio di rinvio” (Sez. 1, Sentenza n. 26264 del 02/12/2005; conf. Sez. 1, Sentenza n. 11798 del 27/05/2011; Sez. 3, Sentenza n. 9303 del 08/06/2012);

quando si verifica la riapertura del giudizio di merito, com’è avvenuto nel caso di specie, a seguito di rinvio degli atti al precedente giudice, la cognizione di tale organo si estende al riesame della controversia, alla luce del principio enunciato nella pronuncia di rinvio, in ciascuno dei profili e delle tematiche, ove vengano riproposte, in cui erano state originariamente articolate le tesi dell’una e dell’altra parte, ivi comprese quelle che sono rimaste irrisolte, perchè “assorbite”;

inoltre, l’onere di riproporre le questioni assorbite – che la C.T.R. doveva esaminare e non ha fatto – in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, spettava non tanto all’Ufficio (che per altro non ha sollevato eccezioni in senso stretto), quanto al contribuente, parte vittoriosa (Cass., n.26830 del 2014; Cass. n.1161 del 2003);

nel caso di specie, la C.T.P. di Roma aveva accolto il ricorso del contribuente sul presupposto dell’inutilizzabilità, ai fini tributari, degli accertamenti compiuti in sede penale;

tale decisione era stata oggetto di specifico motivo di appello dell’Amministrazione, che aveva contestato sotto plurimi profili l’illegittimità della decisione assunta dalla C.T.P.;

la C.T.R. del Lazio, investita dell’appello, aveva confermato la sentenza impugnata, accogliendo l’eccezione del contribuente, ritenuta assorbente, relativa al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, nonchè ritenendo assorbite tutte le restanti questioni;

avverso tale decisione, l’Agenzia aveva proposto ricorso in Cassazione, avverso l’unica ratio decidendi della sentenza impugnata, attinente al vizio di motivazione degli avvisi di accertamento, nè avrebbe potuto fare altrimenti;

la decisione assunta in sede di rinvio dalla C.T.R. del Lazio è, quindi, errata, e non tiene conto del fatto che la declaratoria di assorbimento di una questione non dà luogo ad una decisione sul merito, ma solo sul rito;

pertanto, non può formarsi alcun giudicato sulla questione assorbita (Sez. 1, Sentenza n. 11798 del 27/05/2011);

1.4. all’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue l’assorbimento del secondo e del terzo motivo, avanzati solo in via subordinata al mancato accoglimento del primo;

in conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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