Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33002 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2018, (ud. 29/11/2018, dep. 20/12/2018), n.33002

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27247-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

SIAM S.r.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato FRANCESCO NAPOLITANO, che la rappresenta e difende

assieme all’Avvocato ALESSANDRA MILITERNO giusta procura speciale

estesa a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza, n. 145/3/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA depositata il 19.04.2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29.11.2018 dal Consigliere Dott.ssa DELL’ORFANO ANTONELLA;

Fatto

RILEVATO

CHE

l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania aveva respinto l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n. 147/09/2011, che aveva accolto il ricorso della Siam S.r.L. avverso avviso di accertamento IRES per l’annualità 2006;

l’Ufficio finanziario ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

con il primo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione dell’art. 112 c.p.c., vizio di ultrapetizione”;

con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione della L. n. 724 del 1994, art. 30, nonchè degli artt. 2247,2248 e 2697 c.c.”;

con il terzo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, “insufficiente ed illogica motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”;

la società contribuente si è costituita con controricorso, deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE

1.1. il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata la nullità della sentenza impugnata “nella parte in cui rileva la sussistenza di un… vizio di motivazione dell’avviso di accertamento…(che)… non…(era)… stato dedotto dalla contribuente con il ricorso alla C.T.P.”, è inammissibile;

1.2. tale doglianza non può, infatti, essere apprezzata da questa Corte, a causa della mancanza di autosufficienza del ricorso, non essendo stato trascritto, il ricorso introduttivo della contribuente, avendo l’Agenzia trascritto il ricorso proposto da diverso soggetto;

2.1. con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che non sussistessero i “presupposti per la verifica del test di operatività” a carico della contribuente, dovendo ritenersi una mera improprietà lessicale della ricorrente l’aver lamentato che la CTR avesse “escluso l’applicazione al caso di specie della disciplina prevista dalla L. n. 724 del 1994, art. 30”;

2.2. il Collegio osserva che, in materia di società di comodo, i parametri previsti dalla L. n. 724 del 1994, art. 30, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, convertito nella L. n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto (cfr. Cass. n. 21358/2015);

2.3. a tal fine, un’operazione di mero incremento del patrimonio (nella specie, percezione di canoni derivanti da affitto di azienda relativo all’attività alberghiera, oggetto dell’impresa sociale, e da contratti di locazione del lastrico solare del suddetto albergo) è di per sè irrilevante, in quanto il test di operatività e la presunzione di inoperatività agiscono sul diverso piano del reddito, nei termini della comparazione tra i ricavi effettivi a conto economico e i ricavi figurativi proiettati dagli assets; un’operazione isolatamente patrimoniale non esprime redditività societaria e quindi non smentisce la natura fittizia dell’ente, potendo anzi darne la più chiara dimostrazione (cfr. Cass. n. 6195/2017);

2.4. la Commissione di secondo grado non ha fatto corretta applicazione di tali principi dando atto della sussistenza di situazioni oggettive di carattere straordinario che avevano reso impossibile il conseguimento di ricavi, avendo ritenuto la CTR sufficiente la sola dichiarazione resa nel 2006 dalla contribuente circa le vicissitudini intervenute nella compagine sociale che avevano indotto i soci ad affidare a terzi la gestione dell’albergo (esercente attività di locazione di alberghi) ed avendo altresì affermato che “i fitti che la SIAM introita dal citato contratto e da quelli stipulati con la Telecom e con Vodafone costituiscono ricavi che contabilmente contribuiscono alla determinazione del reddito d’impresa… sottoposti regolarmente a tassazione”;

2.4. la CTR non ha quindi rilevato come la società contribuente non avesse, in realtà, affatto dato la prova contraria che le incombeva, poichè non potevasi applicare la previsione di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis, essendo a tal fine irrilevanti le scelte volontarie del contribuente, quali quella della società ricorrente, quanto piuttosto necessarie “oggettive situazioni” esimenti, che non possono ritenersi ricorrere nel caso di specie secondo quanto dianzi riportato nella sentenza impugnata, trattandosi in ogni caso di operazioni non produttive di reddito, bensì di meri incrementi patrimoniali;

3.1. sulla base dell’accoglimento del secondo motivo consegue l’assorbimento del terzo motivo con cui si svolgono sostanzialmente le medesime censure sotto il profilo motivazionale;

4. per tutto quanto sopra esposto, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, respinto il primo ed assorbito il terzo e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, che si atterrà ai principi ora enunciati e regolerà le spese processuali, anche di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo ed assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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