Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 32995 del 20/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 20/12/2018, (ud. 28/11/2018, dep. 20/12/2018), n.32995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.28421/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

Z.G., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico

D’Arrigo, elettivamente domiciliato in Roma alla via M. Prestinari

n.13, presso l’avv. Paola Ramadori;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 134/67/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 18/6/2012 e notificata il

6/12/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 novembre

2018 dal Consigliere Dott. Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi contro Z.G. per la cassazione della sentenza n. 134/67/12 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata il 18/6/2012 e notificata il 6/12/2012, che, in controversia relativa all’impugnativa dell’avviso di accertamento per maggiori Irpef, Irap ed Iva, oltre addizionali e contributi, per l’anno di imposta 2005, ha parzialmente accolto l’appello del contribuente, annullando l’avviso di accertamento, ad eccezione dei contributi previdenziali;

2. con la sentenza impugnata, per quanto di interesse, la C.T.R. della Lombardia riteneva che “l’esistenza delle fonti di prova” fosse solo “enunciata, ma non acquisita agli atti del processo tributario, atteso che il processo verbale di constatazione” non recava in allegato, nè riproduceva riassuntivamente, alcuno degli elementi comprovanti sia la natura di società cartiera della Edil Cri, emittente delle fatture, sia l’inesistenza delle operazioni economiche sottostanti alle fatture emesse nei confronti di Z.G.;

secondo la C.T.R., inoltre, la medesima carenza di prova si riscontrava nella motivazione dell’avviso di accertamento;

3. a seguito del ricorso, il contribuente resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 28 novembre 2018, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., art. 2697 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3;

secondo la ricorrente, il giudice di appello avrebbe erroneamenete ritenuto che fosse necessaria la produzione della documentazione supportante l’ipotesi investigativa, richiamata nel PVC posto a base dell’avviso di accertamento;

invero, nel processo verbale di constatazione, i verbalizzanti, nella qualità di pubblici ufficiali, davano atto di aver eseguito complesse indagini a seguito delle quali era emersa l’esistenza di numerose società operanti nel settore edile, finalizzate all’emissione di fatture false per operazioni inesistenti;

gli accertatori evidenziavano, altresì, che le società ruotavano intorno alla figura di M.A., che di fatto gestiva una pluralità di imprese cartiere, precisando di aver raggiunto tali conclusioni all’esito di un’attività istruttoria fondata su questionari, controlli a campione, intercettazioni telefoniche e sequestro di documenti;

ritiene, quindi, la ricorrente che non vi sarebbe stato alcun obbligo dell’Amministrazione di allegare il materiale istruttorio, essendo sufficiente l’attestazione dei verbalizzanti di aver compiuto determinate attività, attesa la natura di atto pubblico del verbale, che fa piena prova dei fatti che il P.U. attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti ovvero constatati personalmente;

secondo l’Agenzia sarebbe stato onere del contribuente, con particolare riferimento all’Iva, dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni, una volta che l’Amministrazione aveva dimostrato la falsità di alcune fatture;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè il giudice di appello, pur avendo dato atto delle risultanze del PVC, che ha fede privilegiata, ha concluso nel senso che l’Agenzia non aveva fornito gli elementi di prova necessari a fondare l’atto impositivo;

1.2. il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo;

1.3. invero, con riferimento all’onere della prova, è stato affermato (Cass. n. 951 del 2009; conformi Cass. n. 20857 del 2007; 24532 del 2007; 21536 del 2007; 26919 de 2007; n. 15395 del 2008)che “in tema di accertamento induttivo dei redditi d’impresa, consentito dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d) sulla base del controllo delle scritture e delle registrazioni contabili, l’atto di rettifica, qualora l’ufficio abbia sufficientemente motivato, sia specificando gli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio, sia dimostrando la loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da presunzione di legittimità circa l’operato degli accertatori, nel senso che null’altro l’ufficio è tenuto a provare, se non quanto emerge dal procedimento deduttivo fondato sulle risultanze esposte, mentre grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate, (…) senza che sia sufficiente invocare l’apparente regolarità delle annotazioni contabili, perchè proprio una tale condotta è di regola alla base di documenti emessi per operazioni inesistenti o di valore di gran lunga eccedente quello effettivo”;

nel caso di specie l’Ufficio ha, come si ricava dalla parte espositiva dell’impugnata sentenza, specificato il motivo (inesistenza delle operazioni alle quali si riferivano le fatture emesse da una società “cartiera”, Edil Cri, che non era in grado di effettuare le prestazioni descritte; riconducibilità delle fatture a M.A., titolare della Pragma Service s.a.s., che provvedeva a creare fatture fittizie di acquisto e vendita) dell’inattendibilità dei dati relativi ad alcune fatture emesse nei confronti del contribuente dalla Edil CRI;

gravava pertanto sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni contestate, anche ai fini dell’Iva;

1.4. in conclusione, la sentenza impugnata, che non si è attenuta ai principi sopra esposti, deve essere cassata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2018

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