Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3299 del 12/02/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3299 Anno 2013
Presidente: UCCELLA FULVIO
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA
sul ricorso 26425-2010 proposto da:
SARROCH GRANULATI S.R.L. 00266810928, in persona del
legale rappresentante Sig. SERGIO PISCEDDA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POSTUMIA l,
presso lo studio dell’avvocato GIANCASPRO NICOLA, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2012

FABIO CIULLI giusta delega in atti;
– ricorrente –

2127
contro

BAIRE

GIANLUCA

BRAGLC67P24B675Y,

BAIRE

MARIO

BRAMRA61R03B675B, BAIRE VITTORINA BRAVTR55A55B675N,

Data pubblicazione: 12/02/2013

BAIRE MATTEO BRAMTT75E25B675B, CABONI ALBINA ved.
BAIRE BCBNLB35C7013675H, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA CARONCINI 27, presso lo studio
dell’avvocato GUISO PIETRO ANDREA, rappresentati e
difesi dall’avvocato BIGUI0 PIETRO giusta delega in

controricorrenti

avverso la sentenza n. 393/2010 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 28/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2012 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato PIETRO BIGGIO;
udito il P.M. In persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

atti;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.

Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 28 luglio

2010, la Corte d’Appello di Cagliari ha rigettato l’appello
proposto dalla Sarroch Granulati s.r.l. nei confronti di
Gianluca, Mario, Vittorina, Matteo Baire e Albina Caboni ved.

ditta, avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 236/08.
Il Tribunale era stato adito a seguito di una prima opposizione
ex art. 645 cod. proc. civ. proposta dalla Sarroch Granulati
s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo n. 2067/91, col quale, su
istanza della ditta Baire Enrico, era stato ingiunto il
pagamento della somma di lire 271.615.957, oltre accessori, a
titolo di corrispettivo per le prestazioni di cui alla fattura
n. 11/93 e del corrispondente conteggio proveniente dalla
debitrice e sottoscritto dal suo legale rappresentante in data
30 settembre 1993.
L’opponente aveva dedotto che tali ultimi conteggi erano stati
annullati e rica1colati con successivo “buono” del 13 ottobre
1993, firmato dai legali rappresentanti della Sarroch Granulati
s.r.l. e da Piano Giancarlo, che agiva, nell’occasione, per
conto e nell’interesse della ditta Baire. L’opponente aveva
perciò dedotto l’inesistenza del credito azionato ed aveva, a
sua volta, proposto domanda riconvenzionale per i danni subiti
a causa di una fornitura, da parte della ditta opposta, di
materiali terrosi che avevano danneggiato l’impianto di
frantumazione.

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Baire, quali eredi di Enrico Baire, titolare dell’omonima

Nel

giudizio

si

dell’omonima ditta,

era

costituito Enrico

Baire,

titolare

ed aveva resistito all’opposizione

J

decreto ingiuntivo, deducendo che il buono del 13 ottobre 1993
si riferiva ad altre obbligazioni e che la frase «annullato vedi buono del 13 ottobre 1993», che figurava su quello del 30

commesso da quest’ultima.
1.1.- Con distinto atto di citazione la stessa Sarroch
Granulati s.r.l. aveva proposto una seconda opposizione ex art.
645 cod. proc. civ. avverso altro decreto ingiuntivo, avente il
n. 2275/94, col quale, ad istanza della stessa ditta Baire
Enrico, era stato ingiunto il pagamento dell’ulteriore somma di
lire 195.461.978, oltre accessori, dovuta quale corrispettivo
della fattura n. 21/94 e del corrispondente conteggio in data
13 ottobre 1993, proveniente dalla debitrice e sottoscritto dal
suo legale rappresentante.
L’opponente aveva dedotto che quest’ultimo conteggio aveva
sostituito quello del 30 settembre 1993, posto a fondamento del
decreto ingiuntivo già oggetto della precedente opposizione,
per cui il credito riportato nel decreto ingiuntivo n. 2275/94
costituiva una mera duplicazione di quello già riportato nel
decreto ingiuntivo n. 2067/94.
Anche nel secondo giudizio si era costituita la ditta Baire
Enrico, riproponendo le difese già svolte nel primo.
1.2.- Concessa la provvisoria esecuzione del secondo decreto
ingiuntivo opposto e disposta la riunione dei giudizi, la ditta

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settembre 1993 in possesso dell’opponente, era un falso

opposta aveva proposto querela di falso avverso il documento
prodotto dall’opponente, nella parte in cui risultava apposta
la dicitura <>. Dopo aver enumerato tali elementi, la ricorrente
aggiunge e precisa che la contestazione del potere
rappresentativo del geom. Piano sarebbe stata sollevata <>, mentre, in
precedenza, la linea difensiva dell’opposta sarebbe stata
diversa.
La ricorrente, riconoscendo che la vicenda processuale in
considerazione si è svolta nel sistema processuale antecedente
l’entrata in vigore della riforma di cui alla legge n. 353 del
1990, richiama la giurisprudenza formatasi sul principio di non
contestazione sia prima che dopo l’entrata in vigore di tale
riforma ed afferma che il Tribunale e la Corte d’Appello
avrebbero dovuto rigettare la richiesta di prova articolata
dalla stessa opponente Sarroch Granulati s.r.l. sulla mancanza
di potere rappresentativo in capo al Piano, non perché
inammissibile, ma perché avrebbe avuto ad oggetto un fatto
incontestato, ammesso e pacifico, in guanto tale non
bisognevole di prova e sottratto all’onere di allegazione.
1.1.- Il motivo non è meritevole di accoglimento.
Va condiviso il richiamo che la stessa ricorrente ha fatto alla
giurisprudenza di legittimità formatasi prima della riforma del
1990 sul principio di non contestazione. Va pertanto ribadito
il principio per il quale per i giudizi instaurati con rito

la

ordinario anteriormente all’entrata in vigore della legge 26
novembre 1990, n. 353, che ha modificato il primo comma
dell’art. 167 cod. proc. civ. imponendo al convenuto di
prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento
della domanda, perché i fatti addotti da una parte possano

prova specifica – non basta che essi non siano contestati dalla
controparte,

ma

è

necessario

che

questa

li

ammetta

espressamente, ovvero assuma una condotta processuale che
presupponga la loro sussistenza (così, tra le tante, Cass. n.
10815/04, nonché, già Cass. n. 5613/95, n. 7189/97, n. 1213/99,
n. 2959/02; ed, ancora, di recente, Cass. n. 20211/12).
Orbene, nel caso di specie, è da escludere che l’opposta avesse
esplicitamente ammesso i poteri rappresentativi del Piano, ma é
da escludere anche che avesse assunto una condotta processuale
che ne presupponesse l’esistenza o che fosse incompatibile con
la successiva negazione. Piuttosto, si era limitata a seguire
una linea difensiva indifferente rispetto alla sussistenza o
meno di detti poteri rappresentativi, poiché ne prescindeva, in
guanto volta a contestare l’opponibilità nei suoi confronti di
tutta intera la frase aggiunta al conteggio del 13 ottobre
1993,

a prescindere dal fatto che fosse o meno stato

sottoscritto dal Piano e/o dal fatto che questi avesse agito

come legale rappresentante della ditta.
1.2.-

A quanto sopra, va aggiunto che, nel vigore del testo

originario dell’art. 184 cod. proc. civ., che prevedeva che

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essere considerati incontroversi – e non richiedano quindi una

”Durante l’ulteriore corso del giudizio davanti al giudice
istruttore,

e

finché questi non abbia rimesso la causa al

collegio, le parti … possono modificare le domande, eccezioni

e

conclusioni precedentemente formulate, produrre nuovi documenti
e chiedere nuovi mezzi di prova e proporre nuove eccezioni che
erano

del tutto ammissibili, fino all’udienza di precisazione delle
conclusioni, sia le nuove eccezioni (cfr. Cass. n. 17629/07,
tra le altre) sia, a maggior ragione, le contestazioni di fatti
precedentemente non contestati. Si è infatti affermato che la
non contestazione è, in sé, tendenzialmente irreversibile, ma
siffatta irreversibilità consegue al nuovo testo dell’art. 167
cod proc. civ, (cfr. Cass. n. 3951/12), mentre non può essere
ritenuta in base al testo di tale ultimo articolo e del
menzionato art. 184 cod. proc. civ. in vigore prima delle
modifiche apportate dalla legge n. 353 del 1990.
Pertanto, non fu tardiva la contestazione operata all’udienza
del giudizio di primo grado del 3 giugno 2002, né tale
contestazione fu equivoca o altrimenti equivocabile, per come
dimostrato dal fatto che la nntrnparrP;, lungi dall’eccepire la
tardività o l’inammissibilità della contestazione, dedusse
appositi capitoli di prova testimoniale al fine di resistere
alla contestazione ed insistette nella richiesta di ammissione
della prova testimoniale anche con l’unico articolato motivo
d’appello.

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non siano precluse da specifiche disposizioni di legge”,

1.3.- Tale scelta processuale della parte opponente rileva,
ulteriormente, sotto due profili.
In primo luogo, come accettazione del contraddittorio sulla
contestazione,

anche

ove

fosse

considerata

tardiva.

In

proposito, è sufficiente ribadire il principio per cui con

per il quale trovano applicazione le disposizioni degli artt.
183, 184 e 345 cod. proc. civ. nel testo vigente anteriormente
alla “novella” di cui alla legge n. 353 del 1990 (art. 9 D.L.
n. 432 del 1995, conv. nella legge n. 531 del 1995) -, il
divieto di introdurre una domanda nuova nel corso del giudizio
di primo grado risulta posto a tutela della parte destinataria
della domanda; pertanto la violazione di tale divieto – che
rilevabile dal giudice anche d’ufficio, non essendo riservata
alle parti l’eccezione di novità della domanda

non

sanzionabile in presenza di un atteggiamento non oppositori°
della parte medesima, consistente nell’accettazione esplicita
del contraddittorio o in un comportamento concludente che ne
implichi l’accettazione

(cfr., già Cass. S.U. n.

4712/96,

nonché, tra le altre, Cass n. 3013/97, n. 3635/98, n. 3159/01,
fino a Cass. n. 14625/10). A maggior ragione l’accettazione del
contraddittorio,

manifestata col comportamento univoco e

significativo di cui sopra, preclude ogni ulteriore indagine

sulla tempestività della contestazione da parte dell’opposta
dei

poteri rappresentativi dei propri interessi da parte del

geom. Piano.

12

riguardo a procedimento pendente alla data del 30 aprile 1995 –

1.4.- Sotto il secondo profilo, si evince dalla sentenza
impugnata che con l’atto introduttivo del giudizio di gravame,
l’appellante non sollevò affatto la questione della non
contestazione dei poteri rappresentativi in capo al Piano da
parte dell’opposta e/o della tardività della relativa

considerare anche questo aspetLo della vicenda processuale, il
primo motivo di ricorso va reputato inammissibile, perché pone
per la prima volta in sede di legittimità una questione rimasta
estranea al contraddittorio della fase di merito.
In conclusione, il primo motivo di ricorso non può che essere
rigettato.
2.- Col secondo motivo di ricorso si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 187 cod. proc. civ. e
2697 cod. civ. in relazione alla prova dell’avvenuto pagamento
delle somme ingiunte col decreto n. 2275/1994.
La ricorrente deduce che la Corte d’Appello, anziché dichiarare
inammissibile la richiesta di prova testimoniale sul capo
indicato con la lettera ” (volta a dimostrare l’avvenuto
pagamento da parte della Sarroch Granulati s.r.1., nelle more
del processo di primo grado, della somma ingiunta col decreto
ingiuntivo n. 2275/1994, dichiarato provvisoriamente
esecutivo), avrebbe dovuLo rigettare la richiesta poiché
relativa ad un fatto che sarebbe stato ammesso e riconosciuto
espressamente dalla controparte.
2.1.- Il motivo è inammissibile.

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contestazione avanzata in primo grado, sicché, a voler

Va rilevata La carenza di interesse della ricorrente a
lamentare il vizio della sentenza impugnata per non aver
ammesso quella stessa prova testimoniale, della quale, col
motivo di ricorso in esame, la ricorrente medesima assume la
superfluità.

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio.
Vengono riproposte, sotto il profilo del vizio di motivazione,
le medesime censure alla sentenza di primo grado svolte,
rispettivamente, col primo motivo, quanto alla prova dei poteri
rappresentativi in capo al geom. Piano e, col secondo motivo,
quanto alla prova dell’avvenuto pagamento delle somme portate
dal decreto ingiuntivo n. 2275/1994 dopo la concessione della
provvisoria esecuzione.
3.1.- Della contestazione della ditta Baire dei poteri
rappresentativi in capo al Piano e della sua rilevanza ai fini
della decisione si è già detto trattando del primo motivo,
sicché, considerato quanto sopra, è da escludere che la Corte
d’Appello dovesse motivare -come sostiene la ricorrente- su
elementi che, sempre a detta della ricorrente, avrebbero
dimostrato la non contestazione; e ciò, appunto, in ragione del
fatto che, invece, come detto, la contestazione vi fu.
3.2.- Parimenti si è detto dell’irrilevanza dell’eventuale
ammissione di controparte circa l’avvenuto pagamento delle
somme

portate

dal

ingiuntivo

decreto

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provvisoriamente

3.- Col terzo motivo di ricorso si denuncia l’omessa

esecutivo, poiché questa avrebbe potuto indurre tutt’al più,
ove considerata dal giudice di merito, a rigettare quella
stessa prova testimoniale che, tuttavia, la Corte d’Appello ha
dichiarato inammissibile, sicché non è dato desumere, nemmeno
dal motivo in esame, quale sia l’interesse della ricorrente ad

sembra fare la ricorrente con l’ultimo inciso del ricorso, che,
se si fosse considerato tale pagamento, la decisione della
Corte d’Appello sulle due opposizioni sarebbe stata diversa,
poiché la Corte ha deciso nel senso della sussistenza di
entrambi i crediti portati dai due distinti decreti ingiuntivi
e non si vede come, una volta ammesso il pagamento di uno dei
due crediti, non spontaneamente, ma a seguito del provvedimento
di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, avrebbe
potuto decidere nel senso dell’accoglimento dell’una o
dell’altra ovvero addirittura di entrambe le opposizioni.
Pertanto, il terzo motivo è inammissibile poiché le lamentate
omissioni non sono sussumibili nel vizio di motivazione su
fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art.
360 n. 5 cod. proc. civ.
4.

In conclusione, il ricorso va rigettato; le spese del

giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano
come da dispositivo.
Per «questi motivi
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al
pagamento, in favore dei resistenti, in solido tra loro, delle

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impugnare la relativa statuizione. Né può sostenersi, come

spese del giudizio di cassazione, che liquida complessivamente
in E 8.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre accessori
come per legge.

Così deciso in Roma, in data 17 dicembre 2012.

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