Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3299 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 11/02/2020), n.3299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30374-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 0636391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.P., G.L., quali eredi del Sig.

S.G., elettivamente domiciliati in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO

PACE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1992/13/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 20/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che: il contribuente, ex dirigente ENEL e ora deceduto, ricorreva alla CTP di Firenze contro il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate alla sua richiesta di rimborso di una ritenuta d’imposta pari alla differenza tra quella pagata e quella effettiva da praticare (12,50%) su una parte della liquidazione relativa alla previdenza integrativa aziendale (PIA-FONDENEL);

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso del contribuente e la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate;

su ricorso degli eredi del contribuente, la Corte di Cassazione, con ordinanza del 27 luglio 2016, n. 15568, ha cassato con rinvio rifacendosi al principio affermato da Cass., SU, n. 13462 del 2011;

riassunta la causa su iniziativa degli eredi del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale, sulla base di tali principi, respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate e, dopo aver richiamato il principio della Cassazione n. 15568 del 2016, determinava il credito restitutorio dovuto al contribuente nella misura stabilita con il criterio di cui in motivazione che l’Erario è tenuto a rimborsare oltre interessi come per legge;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi mentre il contribuente si costituiva con controricorso; entrambe le parti depositavano memoria in prossimità dell’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 e dell’art. 384 c.p.c., per la meccanica, acritica e incompleta applicazione del principio di diritto enunciato nella sentenza di rinvio, per avere la CTR del tutto omesso la doverosa verifica dell’investimento sul mercato da parte dell’ENEL dei fondi affluiti nel fondo PIA;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e della consequenziale violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, e dell’art. 384 c.p.c., in quanto la CTR non ha considerato che nella fattispecie non vi era stato alcun investimento sul mercato da parte dell’ENEL dei fondi affluiti nel fondo PIA.

Il primo motivo è fondato in quanto, secondo la sentenza della Cassazione n. 15568 del 2016 alla quale la CTR avrebbe dovuto attenersi, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 cit., art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (Sez. U, Sentenza n. 13642 del 22/06/2011, Rv.618426). Sulla base di tale principio la ritenuta fiscale più favorevole del 12,5%, prevista dall’art. & della L. 26.9.1985, è applicabile ai soli iscritti al fondo previdenziale in data antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, è valevole per gli importi maturati sino e non oltre il 31.12.2000, riguarda esclusivamente le somme provenienti dalla liquidazione del cosiddetto rendimento, ossia “del rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato; sicchè possono essere tassate in modo analogo al TFR esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre sulle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie PIA) si applica la tassazione nella misura del 12,50%”). Sotto tale profilo, la sentenza impugnata è viziata per insufficiente motivazione, poichè non ha adeguatamente argomentato in ordine alla sussistenza o insussistenza di rendimenti di polizza Pia, ai quali si applica la ritenuta del 12,5%, non avendo indicato in maniera sufficientemente esauriente le ragioni per cui dalla disposta CTU (utilizzata dal giudice di primo grado per inferire l’esistenza di una quota di rendimento tassabile al 12,5%) debba invece escludersi la sussistenza di un rendimento da capitale tassabile nella misura del 12,5%, nei termini precisati dalla citata sentenza delle S.U. n. 13462 del 2011. Tali principi sono stati peraltro successivamente ribaditi da questa Corte, la quale ha affermato che in tema di fondi previdenziali integrativi per i dirigenti Enel, le prestazioni erogate in forma di capitale a coloro che risultino iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (nel testo vigente “ratione temporis”); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, alle somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non necessariamente finanziario (Cass. 15 giugno 2018, n. 15853; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27610; Cass. 6 luglio 2018, n. 17929): nella specie la CTR non ha seguito il suddetto principio laddove non ha provveduto a distinguere, all’interno del Fondo, tra somme derivanti o meno dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato (Cass. 4 novembre 2019, n. 28309), dal momento che l’aliquota più favorevole spetta non al fondo pensione in quanto tale ma solo a quella parte di esso che è realmente frutto di investimento sul mercato;

ritenuto dunque che i giudici del rinvio avrebbero dovuto effettivamente quantificare l’eventuale credito del contribuente adottando i criteri indicati da Cass. n. 15568 del 2016, in esito ad un’attenta e concreta verifica circa l’impiego dei capitali in parola nel mercato, non potendosi invece la CTR limitare da un lato in motivazione a richiamare il criterio della Cassazione e dall’altro nel dispositivo ad affermare di determinare il credito restitutorio dovuto al contribuente nella misura stabilita con il criterio di cui in motivazione che l’Erario è tenuto a rimborsare oltre interessi come per legge, in questa maniera sostanzialmente delegando all’Erario la suddetta quantificazione del credito;

ritenuto pertanto fondato il primo motivo di impugnazione, assorbito il secondo, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2020

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